San Clemente Romano, papa |
Abbiamo appena ascoltato nella I lettura:
“«Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele».
Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza”. (Ap 10)
A questa pagina fa eco un brano profetico di Ezechiele:
“Mi disse: «Figlio dell'uomo, alzati, ti voglio parlare». A queste parole, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava.
Mi disse: «Figlio dell'uomo, io ti mando ai figli d'Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito. Tu dirai loro: «Dice il Signore Dio». Ascoltino o non ascoltino - dal momento che sono una genìa di ribelli -, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro. (…)
Figlio dell'uomo, ascolta ciò che ti dico e non essere ribelle come questa genìa di ribelli: apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai, ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto da una parte e dall'altra e conteneva lamenti, pianti e guai. Mi disse: «Figlio dell'uomo, mangia ciò che ti sta davanti, mangia questo rotolo, poi va' e parla alla casa d'Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell'uomo, nutri il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai: fu per la mia bocca dolce come il miele”. (Ez 2-3)
Alla luce di questa pagina possiamo capire che la parola di Dio di questa giornata ci vuole ricordare che essere di Cristo è dolcezza, ma è anche fatica.
Il libretto divorato è immagine del rapporto di relazione tra Dio e l’uomo: è dolce e gioioso. Immaginiamoci un incontro a tu per tu con Gesù: non sarebbe causa di una gioia immensa? Certo… ma dopo questo primo momento ci sarà chiesto di fare nostro quell’incontro, di assimilarlo, per poterlo testimoniare adeguatamente: ci viene chiesta una macerazione interiore, che può contrastare con la nostra stessa vita e con la nostra idea di Dio.
Ecco allora il gusto amaro nelle viscere.
Adorare è un momento dolce e gioioso che ci fa vivere una dimensione di intimità con Cristo.
Ma questa esperienza di preghiera deve anche scavare in noi per conformare la nostra vita a lui affinché tutta la nostra vita comunichi la presenza del divino.
È questa la testimonianza richiesta al profeta.
Ognuno di noi è chiamato alla profezia nel suo tempo e nel suo ambiente per essere segno di Colui che è il Primo, l’Ultimo e il V ivente.
La Chiesa oggi ci propone due testimoni: l’abate Colombano, segno profetico che è all’origine a quella “peregrinatio pro Domino”, che costituì uno dei fattori dell'evangelizzazione e del rinnovamento culturale dell'Europa; è il papa martire Clemente “che resse la Chiesa di Roma per terzo dopo san Pietro Apostolo e scrisse ai Corinzi una celebre Lettera per rinsaldare la pace e la concordia tra loro”.
La loro faticosa testimonianza, ma gioiosa e piena, sia di sostegno alla nostra. Amen.
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