Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo
La I lettura, del profeta Daniele, ci offre un’immagine che immediatamente di fa pensare a Gesù: “uno simile a un figlio d’uomo”.
Costui ha un potere donato gli dal “vegliardo” (il Padre). Il potere che ottiene è “un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto”.
La regalità di Cristo, come la sua venuta tra gli uomini – l’Incarnazione -, è opere di un potere che viene dall’alto, non è data dall’uomo.
In realtà l’uomo è chiamato a riconoscere questa regalità.
Ma oggi Cristo regna?
La II lettura, l’Apocalisse, ci propone quasi un testo liturgico in cui colpisce cadenzare nella parola AMEN, così sia, così avviene ed è avvenuto.
Il potere regale di Cristo è dato dal suo amare l’umanità, “ci ama” dice Giovanni, e questo suo amarci gli è costato la vita: “ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue”, afferma l’Apostolo.
Con quest’opera egli ha costituito il suo Regno: “noi - un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre”, afferma ancora l’Apostolo.
Allora lì dove c’è un cuore che corrisponde all’amore di Cristo, lì c’è il Regno di Dio.
Quindi, oggi Cristo regna?
Sì, se regna nel nostro cuore!
Ma la II lettura, continua, e ci propone il desiderio d’amore dl Padre: Cristo non vuole regnare solo su chi l’accoglie, ma su tutti “anche quelli che lo trafissero”, afferma ancora l’Apostolo.
Egli attende come Agnello mite e paziente la conversione di tutti:
“tutte le tribù della terra si batteranno il petto”
Quando ritornerà glorioso troverà un popolo desideroso di vederlo: “ogni occhio lo vedrà”.
Siamo in attesa di questa pienezza!
Infine. Il Regno di Dio, in Cristo Gesù, non è un regno secondo lo schema di questo mondo.
Se lo fosse, dice Gesù, “i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato …; ma il mio regno non è di quaggiù”.
Pensiamo a tutte le volte che Gesù fugge perché voglio farlo re secondo lo schema di questo mondo!
Tutto questo ci fa pensare che esiste una dimensione “alta” della vita, quella secondo il Regno di Dio, che non è di quaggiù.
Come accoglierla?
Come viverla?
Come permettere a Cristo di regnare?
Lo dice lo stesso V angelo: “Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.
Questa solennità fu introdotta da papa Pio XI (Achille Ratti, il papa di Desio), con l’enciclica “Quas primas” dell’11 dicembre 1925, a coronamento del Giubileo che si celebrava in quell’anno.
È poco noto e, forse, un po’ dimenticato, che non appena elevato al soglio pontificio, nel 1922, papa Pio XI condannò in primo luogo esplicitamente il liberalismo “cattolico” nella sua enciclica “Ubi arcano Dei”. Egli comprese, però, che una disapprovazione in un’enciclica non sarebbe valsa a molto, visto che il popolo cristiano non leggeva i messaggi papali – visto che erano anche in latino!. Qual saggio pontefice pensò allora che il miglior modo di istruirlo fosse quello di utilizzare la liturgia. Di qui l’origine della “Quas primas”, nella quale egli dimostrava che la regalità di Cristo implicava (ed implica) necessariamente il dovere per i cattolici di fare quanto in loro potere per tendere verso l’ideale dello Stato cattolico: “Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità sociale di Cristo] coll’azione e coll’opera loro, sarebbe dovere dei cattolici”. Dichiarava, quindi, di istituire la festa di Cristo Re, spiegando la sua intenzione di opporre così “un rimedio efficacissimo a quella peste, che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”. Tale festività coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico, con ciò vuole farci capire che Cristo Redentore è Signore della storia e del tempo, a cui tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Egli è l’Alfa e l’Omega, come canta l’Apocalisse. Gesù stesso, dinanzi a Pilato, ha affermato categoricamente la sua regalità. Alla domanda di Pilato: “Allora tu sei re?”, il Redentore rispose: “Tu lo dici, io sono re”. Pio XI insegnava che Cristo è veramente Re. Egli solo, infatti, Dio e uomo – scriveva il successore Pio XII, nell’enciclica “Ad caeli Reginam” dell’11 ottobre 1954 – “in senso pieno, proprio e assoluto, … è re”.
Tutti i discepoli di Gesù sono chiamati a condividere la sua regalità, se “ascoltano la sua voce” (Gv 18,37). È veramente re colui che la verità ha reso libero (Gv 8,32).
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