Confessore del IV secolo San Satiro, fratello di Sant'Ambrogio. Fratello amato e devoto, servizievole e utile. Sentiamo che cosa dice di lui Sant'Ambrogio, nell'elogio funebre del fratello:
«Che cosa farò ora che ho perduto tutta la dolcezza, tutto il conforto, tutta la bellezza della mia esistenza! Tu solo eri il mio conforto nell'intimità, e fuori di questa il mio orgoglio. Eri tu a decidere quando dovevo deliberare; eri tu che partecipavi ai miei affanni, allontanavi le mie inquietudini, scacciavi le mie pene. Tu eri l'avvocato delle mie azioni, il difensore delle mie intenzioni. E grazie a te che potevano placarsi le mie inquietudini private e le mie preoccupazioni pubbliche... Potrei forse non pensare a te, o pensarti senza piangere?».
C'era infatti molto affetto tra i figli del Prefetto del pretorio della Gallia: Marcellina, sorella primogenita, e i fratelli Satiro e Ambrogio. Un affetto che si traduceva in una comunanza di intenti e di opere, in un reciproco e tacito aiutarsi l'uno con l'altro, secondo le necessità e i tempi. Dei tre fratelli Satiro fu forse il più brillante d'ingegno. Quando la famiglia si stabilì a Roma, dopo la morte del padre, il ricco pagano Simmaco prese Satiro sotto la propria protezione, trattandolo come un figlio - un figlio di cui poteva andar fiero. Avviato alla carriera di giurista e di amministratore, Satiro infatti brillò nei tribunali, si distinse nelle cariche pubbliche, fu governatore di una provincia, e, cosa piuttosto rara seppe farsi amare dalla popolazione da lui governata con giustizia e generosità. Frugale, schivo, virtuoso, non si sposò mai, per dedicarsi con piena libertà al suo lavoro e anche per non separarsi, creandosi una famiglia propria, dal affetto della sorella e del fratello. Padrone di molti beni, visse come un povero, in ammirevole semplicità. Anima naturalmente cristiana, visse a lungo come catecumeno, in attesa cioè del Battesimo. Del resto anche il fratello minore non era ancora battezzato quando, a voce di popolo fu eletto V escovo di Milano, verso il 374. Da allora, il fratello V escovo affidò al maggiore la cura dei beni temporali della diocesi: né avrebbe potuto trovare amministratore più saggio, fedele e disinteressato. Proprio per recuperare certi beni, indebitamente sottratti da un certo Prospero alla Chiesa milanese, Satiro intraprese un faticoso viaggio in Africa, che per poco non gli fu fatale. La nave sulla quale viaggiava fece infatti naufragio, e Satiro si salvò a nuoto, portando, appese al suo collo di catecumeno, le specie eucaristiche che alcuni cristiani avevano a bordo. Pare che in quell'occasione facesse voto a San Lorenzo di prendere il Battesimo se si fosse salvato. Infatti, giunto in Africa, Satiro ricevette il sacramento che lo faceva compiutamente cristiano. Poi, portata a termine la sua missione, rientrò altrettanto avventurosamente a Roma salutò Simmaco, e procedette per Milano, nonostante che la città fosse minacciata dai barbari. Dolcissimo fu l'incontro con il fratello Ambrogio e con la sorella Marcellina. Dolcissimo, ma breve. Poco dopo, infatti, forse nel 379, egli morì nelle loro braccia, lasciando tutti i suoi beni al fratello V escovo, il quale li passò ai poveri.
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