sabato 30 giugno 2012

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)






Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c’è veleno di morte,
né il regno dei morti è sulla terra.
La giustizia infatti è immortale.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,
lo ha fatto immagine della propria natura.
Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.
(Sapienza)

Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa.
Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».
(2 Corinzi)



 la guarigione della figlia di Giàiro


Questa domenica la liturgia ci propone due concretizzazioni della nostra fede, due temi importanti che ci coinvolgono nel quotidiano: la felicità e la carità.

L’infelicità insegna la I lettura (Sapienza) non è un dono di Dio. Essa è entrato nella storia dell’umanità con la MORTE. Dio infatti è il Dio della vita ed vuole che ogni creatura viva. La morte e l’infelicità sono entrate nel mondo per l’invidia del diavolo.

La lettura poi ci pone un ammonimento: “ne fanno esperienza coloro che le appartengono”.
Iddio ci liberi da questa esperienza perché apparteniamo al suo popolo e non alla stirpe del demonio.

Ma come è possibile? Imitando la natura alla cui immagine siano stati plasmati.

Al di là della morte fisica, la nostra vita può fare molte esperienze di morte. Certo l’infelicità più grande non è la morte fisica, ma come dice il Poverello di Assisi è “la morte secunda”, cioè la morte eterna.

Scrive il Santo d’Assisi:
“beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male”.
Felici quegli uomini che la morte troverà operanti nella santa volontà di Dio, perché la morte eterna non farà loro male.

Ma come Signore possiamo rimanere nella tua volontà in questa valle di lacrime?
Ecco il secondo tema: la carità.

La carità è in primo luogo spogliarsi del vecchio Adamo per rivestirsi del nuovo Adamo: Gesù Cristo.
Dice infatti l’Apostolo Paolo: Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.

Diventiamo ricchi di umanità dell’umanità di Cristo.

La carità che afferma San Paolo è una carità che ripristina le giuste misure, che rigenera la “cosa buona” che Dio aveva creato fin dall’origine. Ecco il significato di uguaglianza affermato nella II lettura. Infatti la disuguaglianza è frutto dell’invidia bramosa che il diavolo ha seminato nel mondo… pensate al peccato dei progenitori!

La carità è quindi la misura per rimanere nella volontà di Dio. Carità quindi non è solo dare, ma come afferma l’Apostolo nella II secondo lettura è anche ricevere in giusta misura. La carità è reciprocità, la carità è giustizia, la carità è equità, la carità è … nuova umanità.

La carità è via per la felicità, la felicità trova la sua sorgente nella carità.

Ed eccoci al Vangelo: la felicità di Giàiro, della “donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni” nasce dalla carità.

La carità però non è un’opera buona, la carità è Cristo stesso. Lui è l’opera buona attesa da secoli, Lui l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, Lui colui da accogliere per essere felici e buoni: cioè uomini secondo il suo Cuore.

Ed ecco perché all’inizio della Chiesa il libro degli Atti ci racconta:

Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, àlzati e cammina!».

Chi possiede Cristo è felice, dona felicità e crea “uguaglianza”.




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