Il Santino più famoso di San Berillo fu stampato nel 2002, in occasione del XXV anniversario "passato all'ombra di così immensa schiera di testimoni".
All'epoca era l'unico santino del "protovescovo" di Catania, sono però passati ben 14 anni da allora, e qualcosa è stato stampato.
La vita di San Berillo è tratta da un bell'articolo scritto su cattedralecatania.it. Certo smonta un po' la storicità del Santo, ma è fatto molto bene.
Buona lettura!
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L’Annuario diocesano 2010,
nell’affermare che il cristianesimo a Catania si è diffuso rapidamente e che
sotto le persecuzioni di Decio e di Diocleziano, nel sec. III, ha versato il
suo sangue, per la fede, la vergine Agata e agli inizi del sec. IV ne ha
seguito l’esempio il diacono Euplo, precisa che “recenti studi critici
dichiarano priva di ogni valido fondamento la tradizione locale che dice primo
vescovo di Catania S. Berillo di Antiochia (di Siria), ordinato da S. Pietro e
venuto in questa città etnea nel 42”, mentre la diocesi è storicamente
documentata a cominciare dal sec. V. L’edizione del 2000, in occasione del
Grande Giubileo, riportava che, nonostante per la sede episcopale catanese,
come per le altre dell’isola, non si hanno notizie certe se non tra gli inizi
del 4° secolo e le soglie del 6°, la tradizione, tuttavia, consolidatasi in
seguito alla conquista bizantina, ha ritenuto come primo vescovo Berillo
inviato dall’apostolo Pietro ad evangelizzare Catania, nel 42.
Si deve tener presente quanto afferma lo
storico della Chiesa mons. Gaetano Zito, preside dello Studio Teologico
interdiocesano di Catania, autore dell’opera “Storia delle Chiese di Sicilia”
(LEV, 2009). “La fondazione delle diocesi e l’istituzione della gerarchia
ecclesiastica in Sicilia”, scrive a pag. 29, “per secoli sono state datate alla
prima metà del primo secolo dell’era cristiana e attribuite a una precisa
decisione dell’apostolo Pietro che avrebbe ‘ordinato’ alcuni suoi discepoli per
inviarli appositamente ad evangelizzare l’isola: Berillo a Catania, Marciano a
Siracusa, Pancrazio a Taormina”. “A favore di tale attribuzione”, prosegue il
professore, “può supporsi che abbia influito l’affermazione di papa Innocenzo I
(401-417)…: anche in Sicilia nessuno ha fondato Chiese se non coloro che
l’apostolo Pietro o i suoi successori hanno costituito vescovi. Da tempo ormai
la storiografia ha ampiamente dimostrato inconsistente tale ipotesi ed ha
acquisito la certezza che, allo stato delle fonti, la struttura ecclesiastica
della Sicilia, con vescovi e sedi episcopali ad oggi storicamente certi, va
data ad un periodo successivo all’età apostolica”. “La tradizione retrodata
fino al 42 … poggia su un apparato documentario risalente al VII-IX secolo, nel
periodo cioè della piena bizantinizzazione dell’isola. Tale tradizione ha
supporti assai dubbi e appartiene ad un preciso genere letterario, elaborato
per attribuirsi l’apostolicità della sede episcopale nel confronto con le
Chiese bizantine, per determinare la supremazia della propria sede sulle altre
dell’isola e per sostenere che la loro fondazione precedeva anche quella della
comunità cristiana di Roma”.
“Né è possibile ricavare dati
certi dalla scarna notizia di Luca sulla sosta dell’apostolo Paolo a Siracusa
(Atti 28,12) nel suo viaggio verso Roma, nel 59”, aggiunge lo storico, “Nei tre
giorni di sosta vi avrà certamente predicato Gesù Cristo. L’episodio, però, non
è prova della diffusione del cristianesimo. Non riconsegna la certezza di una
locale comunità cristiana, sia all’arrivo di Paolo che dopo la sua partenza, al
contrario di quanto il testo degli Atti degli apostoli annota per Pozzuoli,
dove ‘trovammo alcuni fratelli’ (28,12). Indicazione che sarebbe stata annotata
anche per Siracusa se la predicazione di Marciano, per incarico di Pietro, vi
fosse effettivamente accaduta prima, come ritiene la tradizione”. Lo studioso,
a proposito della diocesi di Catania, a pag. 357, conferma quanto già
affermato: “La tradizione ha identificato il primo vescovo con un certo
Berillo, del quale si afferma che nel 42 sia stato ordinato vescovo ad
Antiochia da Pietro e da questi appositamente inviato ad evangelizzare Catania.
Di lui si fa menzione come protovescovo catanese nella vita di Leone il
Taumaturgo dell’VIII secolo, nella Vita di Pancrazio di Taormina, in due testi
liturgici del IX secolo (Canoni attribuiti a Teofane Siciliano e a Giuseppe
Innografo) che lo esaltavano come primo vescovo petrino. E’ ormai acquisito che
la datazione di Berillo non è sostenibile: sia per la cronologia più accreditata
della vita di S. Pietro, sia per le difficoltà interne alla comunità apostolica
in merito all’apertura ai pagani. La tradizione su Berillo, di conseguenza, è
priva di certezza e si presenta come una ricostruzione agiografica redatta
nella Catania di fine sec. VIII e inizio sec. IX, quando ormai la città era
pienamente soggetta al patriarcato di Costantinopoli e mirava accreditare,
presso le Chiese d’Oriente, la fondazione apostolica della sua Chiesa per
ottenere l’elevazione a sede arcivescovile e metropolitana. Tuttavia, alla luce
di quanto accaduto per Marciano di Siracusa, storicamente attestato ma non come
vescovo ordinato anche lui da Pietro ad Antiochia bensì in un tempo successivo
a quello sancito dalla tradizione, e cioè almeno tra il sec. III e il sec. IV,
potrebbe non escludersi del tutto la storicità di Berillo, collocandolo però
nello stesso periodo di Marciano”.
Giuseppe Murabito, postulatore
generale dei Missionari oblati di Maria Immacolata, alla voce “Berillo” della
Bibliotheca Sanctorum risalente agli inizi degli anni Sessanta del Novecento,
scrive che “secondo il Martirologio Romano, che lo commemora il 21 marzo, e i
sinassari greci, Berillo, originario di Antiochia, sarebbe stato ordinato
vescovo da S. Pietro e mandato a governare la Chiesa di Catania”. “Ma”,
continua l’agiografo, “queste notizie hanno come fonte la ‘Vita e martirio di
s. Pancrazio vescovo di Taormina’, composta tra il sec. VIII e il IX (dopo il
776, prima dell’826), che il Lanzoni definisce un ‘romanzo agiografico’
prolisso e bizzarro; ma prima di esso non si ha alcuna menzione di Berillo”.
“E’ significativo”, aggiunge, “che s. Gregorio, in tante lettere scritte ai
vescovi siciliani, non abbia mai fatto cenno all’origine apostolica … Mentre,
pertanto, è da escludersi che Berillo sia vissuto nell’età apostolica, egli
potrebbe essere stato vescovo, forse anche il primo, di Catania, alla fine del
III secolo o al principio del IV”. Anche le ultime edizioni dell’Annuario
Pontificio collocano la fondazione della diocesi Catanensis al sec. I., come
Palermo, mentre Siracusa al II e Messina al V. La rubrica del 4 maggio relativa
alle Messe proprie delle diocesi di Sicilia (1981), confermata dalla Liturgia
delle Ore del Proprio delle Chiese di Sicilia (2004), a proposito della memoria
obbligatoria a Catania di S. Berillo, così recita: “Catania onora in s. Berillo
il suo primo vescovo. Ciò trova conferma in un panegirico del sec. VIII in
onore di s. Leone vescovo di Catania, nel quale l’anonimo autore esalta quel
santo come persona degna di sedere sulla cattedra del vescovo Berillo”.
La prof. Maria Stelladoro,
perfezionata in Studi Patristici e Tardo Antichi presso l’Università
Lateranense, nel saggio “Studi sull’Oriente Cristiano” (Accademia
Angelica-Costantiniana di Lettere Arti e Scienze, 5/1, Roma 2001) è del parere
dell’origine apostolica pietrina del cristianesimo ellenofono della Sicilia
orientale prima ancora che paolina e ritiene attendibili la leggenda di
Berillo, che accompagnò S. Pietro “nel suo viaggio in Occidente assieme ad
altri vescovi inviati poi ad evangelizzare la Sicilia e l’Italia”, e i legami
delle chiese dell’Italia meridionale con Costantinopoli anziché con Roma, come
suffragherebbe l’ipotesi di una rotta per mare che da Antiochia avrebbe
condotto Pietro a Roma attraverso la Sicilia.
Nel segnalare che in Cattedrale si trovano diverse memorie
iconografiche di s. Berillo, sia nel presbiterio maggiore, che in un altare
laterale e nelle due facciate della basilica, oltre che in altre chiese della
città (in quella monastica S. Giuliano ai Crociferi e nella parrocchiale
eponima), si accenna alla secolare tradizione del culto di s. Berillo, il cui
nome originario si riteneva fosse Cirillo o Nerillo. Il martirologio
dell’imperatore Basilio II (948-988) ne compendia la vita il 21 marzo, in cui
ancora è ricordato dai calendari liturgici greco-bizantini, cattolici e
ortodossi. La vita di S. Berillo, ricordano i sacerdoti Giuseppe Consoli e
Gaetano Amadio in “Santi ed eroi della carità in Catania” (1950), si trova anche
nell’inno composto dal santo siracusano Giuseppe Innografo nella prima metà del
sec. IX, dove si riferisce che il protoepiscopo avrebbe tramutato una sorgente
di acqua amara in dolce e potabile. S. Berillo sarebbe morto, forse anche
martire, a tarda età e non si sa dove fu seppellito, anche se le sue reliquie
sarebbero state venerate degnamente. La cappella di S. Berillo che alla fine
del Cinquecento esisteva alle spalle del tempio primaziale S. Agata la Vetere
presso l’oratorio S. Pietro –oggi santuario di S. Agata al carcere- distrutta
dal terremoto del 1693, venne ricostruita nel 1795, fuori le mura di levante.
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