lunedì 20 giugno 2016

San Berillo di Catania





Il Santino più famoso di San Berillo fu stampato nel 2002, in occasione del XXV anniversario "passato all'ombra di così immensa schiera di testimoni".
All'epoca era l'unico santino del "protovescovo" di Catania, sono però passati ben 14 anni da allora, e qualcosa è stato stampato.
La vita di San Berillo è tratta da un bell'articolo scritto su cattedralecatania.it. Certo smonta un po' la storicità del Santo, ma è fatto molto bene.
Buona lettura!
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L’Annuario diocesano 2010, nell’affermare che il cristianesimo a Catania si è diffuso rapidamente e che sotto le persecuzioni di Decio e di Diocleziano, nel sec. III, ha versato il suo sangue, per la fede, la vergine Agata e agli inizi del sec. IV ne ha seguito l’esempio il diacono Euplo, precisa che “recenti studi critici dichiarano priva di ogni valido fondamento la tradizione locale che dice primo vescovo di Catania S. Berillo di Antiochia (di Siria), ordinato da S. Pietro e venuto in questa città etnea nel 42”, mentre la diocesi è storicamente documentata a cominciare dal sec. V. L’edizione del 2000, in occasione del Grande Giubileo, riportava che, nonostante per la sede episcopale catanese, come per le altre dell’isola, non si hanno notizie certe se non tra gli inizi del 4° secolo e le soglie del 6°, la tradizione, tuttavia, consolidatasi in seguito alla conquista bizantina, ha ritenuto come primo vescovo Berillo inviato dall’apostolo Pietro ad evangelizzare Catania, nel 42.

 Si deve tener presente quanto afferma lo storico della Chiesa mons. Gaetano Zito, preside dello Studio Teologico interdiocesano di Catania, autore dell’opera “Storia delle Chiese di Sicilia” (LEV, 2009). “La fondazione delle diocesi e l’istituzione della gerarchia ecclesiastica in Sicilia”, scrive a pag. 29, “per secoli sono state datate alla prima metà del primo secolo dell’era cristiana e attribuite a una precisa decisione dell’apostolo Pietro che avrebbe ‘ordinato’ alcuni suoi discepoli per inviarli appositamente ad evangelizzare l’isola: Berillo a Catania, Marciano a Siracusa, Pancrazio a Taormina”. “A favore di tale attribuzione”, prosegue il professore, “può supporsi che abbia influito l’affermazione di papa Innocenzo I (401-417)…: anche in Sicilia nessuno ha fondato Chiese se non coloro che l’apostolo Pietro o i suoi successori hanno costituito vescovi. Da tempo ormai la storiografia ha ampiamente dimostrato inconsistente tale ipotesi ed ha acquisito la certezza che, allo stato delle fonti, la struttura ecclesiastica della Sicilia, con vescovi e sedi episcopali ad oggi storicamente certi, va data ad un periodo successivo all’età apostolica”. “La tradizione retrodata fino al 42 … poggia su un apparato documentario risalente al VII-IX secolo, nel periodo cioè della piena bizantinizzazione dell’isola. Tale tradizione ha supporti assai dubbi e appartiene ad un preciso genere letterario, elaborato per attribuirsi l’apostolicità della sede episcopale nel confronto con le Chiese bizantine, per determinare la supremazia della propria sede sulle altre dell’isola e per sostenere che la loro fondazione precedeva anche quella della comunità cristiana di Roma”.

“Né è possibile ricavare dati certi dalla scarna notizia di Luca sulla sosta dell’apostolo Paolo a Siracusa (Atti 28,12) nel suo viaggio verso Roma, nel 59”, aggiunge lo storico, “Nei tre giorni di sosta vi avrà certamente predicato Gesù Cristo. L’episodio, però, non è prova della diffusione del cristianesimo. Non riconsegna la certezza di una locale comunità cristiana, sia all’arrivo di Paolo che dopo la sua partenza, al contrario di quanto il testo degli Atti degli apostoli annota per Pozzuoli, dove ‘trovammo alcuni fratelli’ (28,12). Indicazione che sarebbe stata annotata anche per Siracusa se la predicazione di Marciano, per incarico di Pietro, vi fosse effettivamente accaduta prima, come ritiene la tradizione”. Lo studioso, a proposito della diocesi di Catania, a pag. 357, conferma quanto già affermato: “La tradizione ha identificato il primo vescovo con un certo Berillo, del quale si afferma che nel 42 sia stato ordinato vescovo ad Antiochia da Pietro e da questi appositamente inviato ad evangelizzare Catania. Di lui si fa menzione come protovescovo catanese nella vita di Leone il Taumaturgo dell’VIII secolo, nella Vita di Pancrazio di Taormina, in due testi liturgici del IX secolo (Canoni attribuiti a Teofane Siciliano e a Giuseppe Innografo) che lo esaltavano come primo vescovo petrino. E’ ormai acquisito che la datazione di Berillo non è sostenibile: sia per la cronologia più accreditata della vita di S. Pietro, sia per le difficoltà interne alla comunità apostolica in merito all’apertura ai pagani. La tradizione su Berillo, di conseguenza, è priva di certezza e si presenta come una ricostruzione agiografica redatta nella Catania di fine sec. VIII e inizio sec. IX, quando ormai la città era pienamente soggetta al patriarcato di Costantinopoli e mirava accreditare, presso le Chiese d’Oriente, la fondazione apostolica della sua Chiesa per ottenere l’elevazione a sede arcivescovile e metropolitana. Tuttavia, alla luce di quanto accaduto per Marciano di Siracusa, storicamente attestato ma non come vescovo ordinato anche lui da Pietro ad Antiochia bensì in un tempo successivo a quello sancito dalla tradizione, e cioè almeno tra il sec. III e il sec. IV, potrebbe non escludersi del tutto la storicità di Berillo, collocandolo però nello stesso periodo di Marciano”.

Giuseppe Murabito, postulatore generale dei Missionari oblati di Maria Immacolata, alla voce “Berillo” della Bibliotheca Sanctorum risalente agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, scrive che “secondo il Martirologio Romano, che lo commemora il 21 marzo, e i sinassari greci, Berillo, originario di Antiochia, sarebbe stato ordinato vescovo da S. Pietro e mandato a governare la Chiesa di Catania”. “Ma”, continua l’agiografo, “queste notizie hanno come fonte la ‘Vita e martirio di s. Pancrazio vescovo di Taormina’, composta tra il sec. VIII e il IX (dopo il 776, prima dell’826), che il Lanzoni definisce un ‘romanzo agiografico’ prolisso e bizzarro; ma prima di esso non si ha alcuna menzione di Berillo”. “E’ significativo”, aggiunge, “che s. Gregorio, in tante lettere scritte ai vescovi siciliani, non abbia mai fatto cenno all’origine apostolica … Mentre, pertanto, è da escludersi che Berillo sia vissuto nell’età apostolica, egli potrebbe essere stato vescovo, forse anche il primo, di Catania, alla fine del III secolo o al principio del IV”. Anche le ultime edizioni dell’Annuario Pontificio collocano la fondazione della diocesi Catanensis al sec. I., come Palermo, mentre Siracusa al II e Messina al V. La rubrica del 4 maggio relativa alle Messe proprie delle diocesi di Sicilia (1981), confermata dalla Liturgia delle Ore del Proprio delle Chiese di Sicilia (2004), a proposito della memoria obbligatoria a Catania di S. Berillo, così recita: “Catania onora in s. Berillo il suo primo vescovo. Ciò trova conferma in un panegirico del sec. VIII in onore di s. Leone vescovo di Catania, nel quale l’anonimo autore esalta quel santo come persona degna di sedere sulla cattedra del vescovo Berillo”.

La prof. Maria Stelladoro, perfezionata in Studi Patristici e Tardo Antichi presso l’Università Lateranense, nel saggio “Studi sull’Oriente Cristiano” (Accademia Angelica-Costantiniana di Lettere Arti e Scienze, 5/1, Roma 2001) è del parere dell’origine apostolica pietrina del cristianesimo ellenofono della Sicilia orientale prima ancora che paolina e ritiene attendibili la leggenda di Berillo, che accompagnò S. Pietro “nel suo viaggio in Occidente assieme ad altri vescovi inviati poi ad evangelizzare la Sicilia e l’Italia”, e i legami delle chiese dell’Italia meridionale con Costantinopoli anziché con Roma, come suffragherebbe l’ipotesi di una rotta per mare che da Antiochia avrebbe condotto Pietro a Roma attraverso la Sicilia.

Nel segnalare che in Cattedrale si trovano diverse memorie iconografiche di s. Berillo, sia nel presbiterio maggiore, che in un altare laterale e nelle due facciate della basilica, oltre che in altre chiese della città (in quella monastica S. Giuliano ai Crociferi e nella parrocchiale eponima), si accenna alla secolare tradizione del culto di s. Berillo, il cui nome originario si riteneva fosse Cirillo o Nerillo. Il martirologio dell’imperatore Basilio II (948-988) ne compendia la vita il 21 marzo, in cui ancora è ricordato dai calendari liturgici greco-bizantini, cattolici e ortodossi. La vita di S. Berillo, ricordano i sacerdoti Giuseppe Consoli e Gaetano Amadio in “Santi ed eroi della carità in Catania” (1950), si trova anche nell’inno composto dal santo siracusano Giuseppe Innografo nella prima metà del sec. IX, dove si riferisce che il protoepiscopo avrebbe tramutato una sorgente di acqua amara in dolce e potabile. S. Berillo sarebbe morto, forse anche martire, a tarda età e non si sa dove fu seppellito, anche se le sue reliquie sarebbero state venerate degnamente. La cappella di S. Berillo che alla fine del Cinquecento esisteva alle spalle del tempio primaziale S. Agata la Vetere presso l’oratorio S. Pietro –oggi santuario di S. Agata al carcere- distrutta dal terremoto del 1693, venne ricostruita nel 1795, fuori le mura di levante.

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