“Un uomo,
non un santo,
ma un uomo che avevo un sogno:
liberi in
Dio!”
“Ed ora, Fratelli e Figli, Noi non possiamo esimerci
dal menzionare anche qui il triste ricordo che pesa sulla coscienza del mondo
della vile e atroce uccisione di Martin Luther King. Uniremo questo ricordo a
quello del tragico racconto della Passione di Cristo, che adesso abbiamo
ascoltato.
Noi abbiamo ricevuto in Udienza, anni fa, questo
predicatore cristiano della promozione umana e civile della sua gente negra in
terra americana. Sapevamo dell’ardore della sua propaganda; ed anche Noi osammo
allora raccomandargli che essa fosse senza violenza ed intesa a stabilire
fratellanza e cooperazione fra le due stirpi, la bianca e la negra. Ed egli Ci
assicurò che appunto il suo metodo di propaganda non faceva uso di mezzi
violenti, e che il suo intento era quello di favorire relazioni pacifiche ed
amichevoli tra i figli delle due razze. Tanto più forte è perciò il Nostro
rammarico per la sua tragica morte, e tanto più viva è la Nostra deplorazione
per questo delitto. Siamo sicuri che voi, con tutta la comunità cattolica di
Roma e del mondo, condividete questi sentimenti. Come pure certamente saranno
da tutti condivisi i voti che questo sangue spiritualmente prezioso Ci ispira:
possa l’esecrando delitto assumere valore di sacrificio; non odio, non
vendetta, non nuovo abisso fra cittadini d’una stessa grande e nobile terra si
faccia più profondo, ma un nuovo comune proposito di perdono, di pace, di
riconciliazione nell’eguaglianza di liberi e giusti diritti s’imponga alle
ingiuste discriminazioni e alle lotte presenti. Il Nostro dolore si fa più
grande e pauroso per le reazioni violente e disordinate, che il triste fatto ha
provocate; ma la Nostra speranza cresce altresì vedendo che da ogni parte
responsabile e dal cuore del popolo sano cresce il desiderio e l’impegno di
trarre dall’iniqua morte di Martin Luther King un effettivo superamento delle
lotte razziali e di stabilire leggi e metodi di convivenza più conformi alla
civiltà moderna e alla fratellanza cristiana. Piangendo, sperando, Noi
pregheremo affinché così sia”.
(SAN PAOLO VI,
7 aprile 1968)
* * *
“La fraternità è il frutto della Pasqua
di Cristo che, con la sua morte e risurrezione, ha sconfitto il peccato che
separava l’uomo da Dio, l’uomo da sé stesso, l’uomo dai suoi fratelli. Ma noi
sappiamo che il peccato sempre separa, sempre fa inimicizie. Gesù ha abbattuto
il muro di divisione tra gli uomini e ha ristabilito la pace, cominciando a
tessere la rete di una nuova fraternità. È tanto importante in questo nostro
tempo riscoprire la fraternità, così come era vissuta nelle prime comunità
cristiane. Riscoprire come dare spazio a Gesù che mai separa, sempre unisce.
Non ci può essere una vera comunione e un impegno per il bene comune e la
giustizia sociale senza la fraternità e la condivisione. Senza condivisione
fraterna non si può realizzare una comunità ecclesiale o civile: esiste
solo un insieme di individui mossi o raggruppati dai propri interessi. Ma la
fraternità è una grazia che fa Gesù.
La Pasqua di Cristo ha fatto esplodere nel
mondo un’altra cosa: la novità del dialogo e della relazione, novità che
per i cristiani è diventata una responsabilità. Infatti Gesù ha detto: «Da
questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli
altri» (Gv 13,35). Ecco perché non possiamo rinchiuderci nel nostro
privato, nel nostro gruppo, ma siamo chiamati a occuparci del bene comune, a
prenderci cura dei fratelli, specialmente quelli più deboli ed emarginati. Solo
la fraternità può garantire una pace duratura, può sconfiggere le povertà, può
spegnere le tensioni e le guerre, può estirpare la corruzione e la criminalità.
L’angelo che ci dice: “É risorto”, ci aiuti a vivere la fraternità e la novità
del dialogo e della relazione e la preoccupazione per il bene comune. La Vergine
Maria, che in questo tempo pasquale invochiamo con il titolo di Regina del
Cielo, ci sostenga con la sua preghiera, affinché la fraternità e la
comunione che sperimentiamo in questi giorni di Pasqua, possano diventare
nostro stile di vita e anima delle nostre relazioni”.
(PAPA FRANCESCO, 2 aprile 2018)
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