Teresa de Cepeda y Ahumada, "mater spiritualium", patrona degli scrittori cattolici (1965) e Dottore della Chiesa (1970): prima donna, insieme a S. Caterina da Siena, ad ottenere tale titolo; nata ad Avila il 28 marzo 1515; morta ad Alba de Tormes (Salamanca) il 4 ottobre 1582 (il giorno dopo, per la riforma gregoriana del calendario fu il 15 ottobre); beatificazione nel 1614, canonizzazione nel 1622.
Entrò nel Carmelo dell'Incarnazione d'Avila il 2 novembre 1535, fuggendo di casa. Da quella data ci mise 39 anni, per vivere quella che lei chiama la sua “conversione”.
Tra il 1554 e il 1555 avvenne il significativo episodio che avrebbe condotto la religiosa al ribaltamento della propria vita: “I miei occhi caddero sopra una immagine che era stata posta lì, in attesa della solennità che doveva farsi in monastero. Raffigurava Nostro Signore coperto di piaghe. Appena la guardai mi sentii tutta commossa, perché rappresentava al vivo quanto Egli aveva sofferto per noi: fu così grande il dolore che provai al pensiero dell'ingratitudine con la quale rispondevo al suo amore, che mi parve il cuore mi si spezzasse. Mi gettai ai suoi piedi tutta in lacrime, e lo supplicai a darmi forza per non offenderlo più”(Vita 9,1).
Quali sono i tratti che dobbiamo guardare di Santa Teresa?
La preghiera come atto amoroso tra la creatura e il Creatore: “significa frequentare con amicizia, poiché frequentiamo a tu per tu Colui che sappiamo che ci ama” (Vita 8, 5) .
Il riferimento al Vangelo e in particolare all’Umanità di Gesù, che lei definisce la Santa Umanità di Cristo: per Teresa, infatti, la vita cristiana è relazione personale con Gesù, che culmina nell'unione con Lui per grazia, per amore e per imitazione.
L’importanza di avere un buon Padre Spirituale (ebbe santi guide: S. Alfonso Borgia, gesuita; San Pietro d’Alcantara, francescano) e leggere dei buoni libri che alimentano la sua fede.
Infine il senso di appartenenza alla Chiesa, lei che tanto aveva patito a causa della riforma che aveva intrapreso all’interno dell’Ordine Carmelitano, ma per lei fu una gioia poter dire sul letto di morte: "muoio figlia della Chiesa".
Il Vangelo così affermava:
«Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
Alla luce della vita di S. Teresa possiamo così meditare:
- attenzione alla cura dell’esteriorità, il Signore vuol il cuore
- il Signore ha fatto buona ogni cosa
- la Carità come stile di vita è segno di un cuore buono.
Concludo con le parole di Benedetto XVI:
“L’esempio di questa Santa, profondamente contemplativa ed efficacemente operosa, spinga anche noi a dedicare ogni giorno il giusto tempo alla preghiera, a questa apertura verso Dio, a questo cammino per cercare Dio, per vederlo, per trovare la sua amicizia e così la vera vita; perché realmente molti di noi dovrebbero dire: “non vivo, non vivo realmente, perché non vivo l'essenza della mia vita”. Per questo il tempo della preghiera non è tempo perso, è tempo nel quale si apre la strada della vita, si apre la strada per imparare da Dio un amore ardente a Lui, alla sua Chiesa, e una carità concreta per i nostri fratelli”. Amen.
Nessun commento:
Posta un commento