domenica 21 marzo 2021

Questo è il punto di partenza ... (Gay e Fede)



 


Questo è il punto di partenza .... però leggete sul web tutto il discorso, così non si parla per nulla!

Secondo passaggio:

“Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”. (FONTE

Terzo passaggio:

"poiché le benedizioni sulle persone sono in relazione con i sacramenti, la benedizione delle unioni omosessuali non può essere considerata lecita, in quanto costituirebbe in certo qual modo una imitazione o un rimando di analogia con la benedizione nuziale". (FONTE)

Quindi rispetto, ma il matrimonio gay non è sacramento!

In conclusione: i cattolici sono liberi di riconoscere i diritti dei gay e di riconoscere che il matrimonio gay non è sacramento, so no diversamente c'è un problema di libertà!





venerdì 19 marzo 2021

IN PREGHIERA CON SAN GIUSEPPE

 

Festa di San Giuseppe di Nazareth 2021

IN PREGHIERA CON SAN GIUSEPPE

 

C. Nel nome del Padre…

L. In questo momento di preghiera con San Giuseppe, patrono dei papà e della Chiesa, percorreremo la Bibbia alla ricerca di tanti modi in cui Dio si fa riconoscere come un padre.












martedì 16 marzo 2021

Sant'Alessandro di Brescia ... una leggenda?

 



È una leggenda locale, certamente nata sulla diatriba del culto di Sant’Alessandro, che ha fatto nascere un omonimo, che guarda un po' si celebra lo stesso giorno del patrono di Bergamo.

Il Martirologio non riporta la notizia, sia prima che dopo il Concilio Vaticano II. Questa dimostra che la notizia non è storicamente plausibile e senza riscontri ampi, se non qualche versione leggendaria locale.




Però l’opera de il Moro (1791) custodita nella chiesa bresciana di Sant’Alessandro ha alcuni elementi iconografici che definiscono un altro Santo.

Il Santo rappresentato dal Moro però non sarebbe il Sant’Alessandro di Bergamo, ma un omonimo bresciano, vissuto al tempo di Nerone. Per questo il martire viene rappresentato con mani e piedi forati, cosa che non si riscontra nella Passio di Alessandro della Legione Tebea, non è nemmeno raffigurato in armatura e non ci sono riferimenti alla legione romana alla quale apparteneva. L’unica cosa che li accomunerebbe è la decapitazione che entrambi subirono.

Non ci sono comunque notizie chiare su un Sant’Alessandro di origini bresciane, né che i padri Serviti abbiano richiesto al Moro la rappresentazione della storia di un Alessandro diverso da colui il quale era stato venerato fino a quel momento.

(FONTE)

Novena a San Giuseppe (7)

 


domenica 14 marzo 2021

U come Urio da Padova


Si racconta che Sant’Urio era un prete custode della basilica dei santi Dodici Apostoli a Costantinopoli, che, aiutato da Grusillo, avrebbe sottratto di nascosto i corpi di San Luca e quello di San Mattia senza testa, per impedire la profanazione di tali reliquie.

Infatti, con il governo di Costantino V (741-775) tali reliquie prima di essere disperse e o distrutte furono nascoste da Urio, che s’imbarcò con il prezioso tesoro, alla volta dell’Occidente per approdare in veneto. Sant’Urio depose i corpi santi e un’immagine della Madonna nella basilica si Santa Giustina di Padova.

Il nome di Urio compare per la prima volta in un’epigrafe, composta da Albertino Mussato per il fratello Gualpertino nominato abate di Santa Giustina da Bonifacio VIII. Tale abate aveva costruito una cappella inaugurata alla presenza di numerosi vescovi dove venne riposto il corpo di san Luca.

Le ulteriori testimonianze su Sant’Urio si trovano in alcuni sermoni e in alcune cronache sulla traslazione del corpo di San Luca e in alcune scene degli affreschi del 1436 nella cappella di San Luca.

Sant’Urio venne sepolto a Santa Giustina dove aveva trascorso il resto della sua vita.

Il suo corpo sepolto insieme ad altri corpi di santi, dopo la sua primitiva tomba del 1502, venne traslato nella nuova basilica e deposto nell’arca del XV secolo nella quale erano stati deposti i resti di San Mattia. Tale traslazione avvenne il giorno 14 marzo 1562.

Nel 1682 venne collocata sulla sua tomba un’iscrizione latina che ne celebrava la sua santità.

Sant’Urio dai padovani fu sempre ritenuto santo per la sua opera di pietà compiuta dei confronti dei due corpi degli Apostoli.

Non risulta il suo iscritto nel Martirologio e nella Basilica di Santa Giustina il santo viene ricordato nel giorno della sua traslazione il 14 marzo. (FONTE)

Novena a San Giuseppe (5)

 



sabato 13 marzo 2021

San Calcedonio martire romano, prega per noi!

 


San Calcedonio è un corpo santo o martire delle catacombe di nome proprio, del quale non si sa nulla tranne il nome e che il suo culto ebbe inizio dalla traslazione delle reliquie ad opera della Compagnia di Gesù nella loro casa di esercizi in Malta.


Le reliquie giunsero nel convento della Madonna di Manresa a Malta come dono di S. S. Benedetto XIV nel 1753 e del provenivano dal Catacombe di Pretestato, rinvenuti assieme ad un'ampolla che recava la scritta Calcedonius in pace.

La diffusione del culto avvenne ad opera dei gesuiti della provincia siciliana dell'Ordine, sotto la spinta di alcuni miracoli che venivano attribuiti al martire.



Chiesa del Gesù di Casa Professa
Palermo

Nel 1754 una parte delle reliquie furono trasferite nella cappella di San Calcedonio nella chiesa di San Francesco Saverio in Palermo, dove ancora sono custodite. Sempre a Palermo, nella Chiesa del Gesù di Casa Professa ci sono segni del culto del Martire.




Il culto è anche presente a Roma nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria; in Puglia ad opera dei Baroni di Binetto e Melendugno; a Vico del Gargano, nella chiesa di San Marco, con un simulacro ligneo di Giuseppe Verzella; e a Messina e Catania dove a San Calcedonio sono stati dedicati degli altari. San Calcedonio è invocato per ottenere nel parto un felice esito.


Anche a Waldsassen in Baviera, presso l'abbazia cistercense, è custodito un secondo corpo santo o martire delle catacombe di nome Calcedonio.

Novena a San Giuseppe (4)

 

giovedì 4 marzo 2021

Martire bresciano?

 



È una leggenda locale, certamente nata sulla diatriba del culto di Sant’Alessandro, che ha fatto nascere un omonimo, che guarda un po' si celebra lo stesso giorno del patrono di Bergamo.

Il Martirologio non riporta la notizia, sia prima che dopo il Concilio Vaticano II. Questa dimostra che la notizia non è storicamente plausibile e senza riscontri ampi, se non qualche versione leggendaria locale.

Però l’opera de il Moro (1791) custodita nella chiesa bresciana di Sant’Alessandro ha alcuni elementi iconografici che definiscono un altro Santo.

Il Santo rappresentato dal Moro però non sarebbe il Sant’Alessandro di Bergamo, ma un omonimo bresciano, vissuto al tempo di Nerone. Per questo il martire viene rappresentato con mani e piedi forati, cosa che non si riscontra nella Passio di Alessandro della Legione Tebea, non è nemmeno raffigurato in armatura e non ci sono riferimenti alla legione romana alla quale apparteneva. L’unica cosa che li accomunerebbe è la decapitazione che entrambi subirono.

Non ci sono comunque notizie chiare su un Sant’Alessandro di origini bresciane, né che i padri Serviti abbiano richiesto al Moro la rappresentazione della storia di un Alessandro diverso da colui il quale era stato venerato fino a quel momento.

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Ecco l’invito alla santità! Accogliamolo con gioia, e sosteniamoci gli uni gli altri, perché il cammino verso la santità non si percorre da soli, ognuno per conto proprio, ma si percorre insieme, in quell’unico corpo che è la Chiesa, amata e resa santa dal Signore Gesù Cristo. Andiamo avanti con coraggio, in questa strada della santità. (Papa Francesco)

mercoledì 3 marzo 2021

Un amico di quando ero ragazzo...

 


Un amico di quando ero ragazzo, perché?

Non so! 

Solo ricordo che ero molto legato al beato Innocenzo.

«Gesù è da tutti offeso nel mondo: tocca a me non lasciarlo solo nell’afflizione. L’amore di Dio non consiste in grandi sentimenti, ma in una grande nudità e pazienza per l’amato Dio. Non c’è altro mezzo migliore per custodire lo spirito che patire, fare e tacere. Avrò gran desiderio d’esser soggetto a tutti e in orrore l’esser preferito al minimo» (Fra Innocenzo).

Giovanni Scalvinoni nacque a Niardo (Brescia) il 19 marzo 1844. Rimasto orfano di padre, trascorse l’infanzia a Berzo. Frequentò poi il ginnasio nel collegio di Lovere e da qui passò al seminario di Brescia. Il vescovo Geremia Bonomelli, all’epoca professore in seminario, così testimoniò al processo di beatificazione: «Il chierico Scalvinoni per l’ubbidienza, la modestia, la diligenza, l’umiltà, per un certo candore che traluceva da tutte le sue parole e azioni, conciliava gli animi di tutti i suoi compagni. Il solo vederlo edificava, benché facesse ogni cosa con tutta semplicità». Ordinato sacerdote nel 1867, fu vicario coadiutore a Cevo e vicerettore in seminario. L’innata timidezza, tuttavia, gli faceva desiderare una vita di nascondimento e solitudine. Si fece cappuccino e ricevette il nome di fra Innocenzo. Anche tra i frati ricoprì solo incarichi modesti. Trascorse la maggior parte del tempo al convento-eremo dell’Annunziata, donde veniva chiamato a predicare gli esercizi spirituali nei conventi della Lombardia. Cominciò allora a diffondersi la fama della sua santità. I malati e gli afflitti accorrevano per ricevere la sua benedizione. Nei giorni di festa era al confessionale dal mattino alla sera. Morì nel convento di Bergamo il 3 marzo 1890. Venne beatificato dal suo conterraneo, san Giovanni XXIII.

Francesca Michielin & Fedez – Sanremo 2021

 



Eccoci a Sanremo 2021. Cerco il canale, mi ero dimenticato di questo evento italico. Rai1! Becco la pubblicità. Cambio. Passo il tempo. Torno su Rai1, ancora pubblicità…. Basta! Ricambio canale, passa il tempo. Ritorno su Rai1. Ecco i due mattacchioni, Amadeus e Fiorello: spettacolare! Poi una canzone… orrenda. Giro canale. Il giorno dopo su Ra1 Premium sento Francesca Michielin & Fedez, wow!!!!!

Chiamami per nome

di F.L. Lucia - F. Michielin - J. D’Amico - A. Mahmoud - D. Simonetta - A. Raina
Ed. Universal Music Publishing Ricordi/Music Union/Eclectic Music Group/Sony Music Publishing (Italy) / Giada Mesi / Zdf - Milano

 

Oggi ho una maglia che non mi dona
Corro nel parco della mia zona
Ma vorrei dirti non ho paura

Vivere un sogno porta fortuna
La tua rabbia non vince
Certi inizi non si meritano nemmeno una fine
Ma la tua bocca mi convince
Un bacio alla volta
Come sassi contro le vetrine
Le mie scuse erano mille, mille
E nel cuore sento, spille spille
Prova a toglierle tu baby
Tu baby
Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito arrivando qui da sola
Restando in piedi con un nodo alla gola
Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull’erba siamo mille, mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te baby
Te baby
In ascensore spreco un segno della croce e quindi?
So bene come dare il peggio non darmi consigli
Cerco un veleno che non mi scenda mai
Ho un angelo custode sadico
Trovo una scusa ma che cosa cambierà?
La grande storia banale
Prima prosciughiamo il mare
Poi versiamo lacrime
Per poterlo ricolmare
Le promesse erano mille mille
Ma nel cuore sento spille spille
Prova a toglierle tu baby tu baby
Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito venendo qui da solo
Guidando al buio piango come uno scemo
Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull’erba siamo mille mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te baby
Te baby
Mi sembra di morire quando parli di me in un modo che odio
Aiutami a capire se alla fine di me vedi solo il buono
Sotto questo temporale
Piove sulla cattedrale
Rinunceremo all’oro
Scambiandolo per pane
Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo
Ci ha stupiti finire qui da soli in questo posto
Ma se poi non mi trovi
Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull’erba siamo mille, mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te baby
Te baby
Le promesse sono mille mille
Ma non serve siano mille
Ora che ho solo te baby
Te baby

 

Mi colpisce la frase sull’ascensore e la croce.

Chissà cosa significa!

Cerco sul web. Ecco un libro.

Un giorno come un altro. Storia d'amore, perle e riscatti di Filippo Venturi.





Un giorno come un altro”, storia (ovviamente fantastica) del fantomatico furto del secolo, quello del celeberrimo quadro del Vermeer “La ragazza con l’orecchino di perla”, trafugato durante la mostra intitolata “Il mito della Golden Age”, svoltasi da febbraio a maggio del 2014 nel capoluogo emiliano.

È un romanzo scritto in stile noir che tiene il lettore attaccato alle pagine dall’inizio alla fine perché dalla scena del furto, ne succederanno di tutti i colori, tra ricerche folli e frenetiche che coinvolgeranno funzionari di polizia che faranno a cornate con il mondo pur di ritrovare il quadro, a richieste di riscatto alquanto singolari. È un action ironico che riprende la recente tradizione americana contemporanea, scritto a ritmo sostenuto, ricco di colpi di scena, in cui si finisce a tifare per i cattivi, balordi dal cuore buono che forse, come spesso non accade nella vita, meritano una seconda possibilità. (Filippo Venturi)

In ascensore spreco un segno della croce e quindi?
Questo passaggio della canzone mi fa pensare al romanzo. Chissà!

Nel testo della canzone sembra una provocazione, alla Fedez, con quel "quindi?", nel romanzo un affidarsi. Ma chissà qual è il senso.

martedì 2 marzo 2021

San Lucillo Martire, venerato a Lodi

 


Il nome Lucillo deriva dal cognomen romano, di epoca imperiale, Lucillus, che costituisce un diminutivo del nome Lucius.

Nel Martirologio Romano il nome Lucillo è assente, se pur alcuni voci sul web parlano di Lucillo di Verona, ma il Martyrologium parla di un certo Lucidius Episcopus Veronensis.

 

Nella vita del levita romano Lorenzo si racconta che il santo ridiede la vista ad un certo Lucillo, il cui nome era entrato nell’elenco dei martiri romani per una errata trascrizione del nome Lucilla, figlia di Nemesio e martiri a Roma sotto Valeriano (25 agosto):

Romae praeterea natalis beati Nemesii Diaconi, et filiae Lucillae Virginis; qui, cum de fide Christi flecti nequaquam possent, decollati sunt, jubente Valeriano Imperatore. Ipsorum corpora, a beato Stephano Papa sepulta, deinde a beato Xysto Secundo via Appia, pridie Kalendas Novembris, honestius tumulata, Gregorius Quintus in Diaconiam sanctae Mariae Novae transtulit, una cum sanctis Symphronio, Olympio Tribuno, hujusque uxore Exsuperia et Theodulo filio; qui omnes, Symphronii opera conversi et ab eodem sancto Stephano baptizati, martyrio coronati fuerant. Eadem Sanctorum corpora, Gregorio Decimo tertio Summo Pontifice, ibidem inventa, sub altari ejusdem Ecclesiae honorificentius collocata sunt sexto Idus Decembris.

Nella piccola, ma preziosa opera di Giovanni Sicari, «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» leggiamo:

Sinfronio, Olimpio, Esuperia, Teodolo, Nemesio e Lucilla, santi, martiri di Roma, papa Gregorio V, nel 996, fece trasportare dalla via Latina i loro corpi in S. Maria Nova al Foro Romano. Nel 1580 i resti furono ritrovati, unitamente ad una tavoletta di piombo nella quale era riportato un’anatema ascrivibile a Gregorio V, dal cardinale Antonio Carafa che li ripose sotto l’altare maggiore. Nell’agosto del 1880, in occasione del restauro del deposito di S. Francesca Romana, fu rinvenuta una lapide del 1580 che ricordava la loro sepoltura. I primi cinque martiri erano venerati sulla via Latina come attestano gli Itinerari del VII secolo, mentre nulla si conosce di Lucilla. M.R.: 26 luglio - A Roma, sulla via Latina, i santi Martiri Sinfronio, Olimpio, Teodolo ed Esuperia, i quali (come si legge negli Atti di santo Stefano Papa), arsi col fuoco, conseguirono la palma del martirio. 25 agosto - A Roma inoltre il natale del beato Nemesio Diacono e di sua figlia Lucilla Vergine, i quali, non potendo essere distolti dalla fede di Cristo, per ordine dell'Imperatore Valeriano furono decapitati. I loro corpi, sepolti dal beato Stefano Papa, e poi dal beato Sisto secondo, il 31 ottobre, più decorosamente tumulati sulla via Appia, da Gregorio quinto furono trasportati nella Diaconia di santa Maria Nova, insieme coi santi Sinfronio, Olimpio Tribuno ed Euserpia sua moglie e Teodolo suo figlio, i quali tutti, convertiti da Sinfronio e battezzati dallo stesso santo Stefano, erano stati coronati col martirio. I medesimi corpi di questi Santi, ivi trovati al tempo del Sommo Pontefice Gregorio decimoterzo, furono con maggior decoro collocati sotto l'altare della medesima chiesa l'8 dicembre: l’Invenzione dei santi Martiri Nemesio Diacono, sua figlia Lucilla Vergine, Sinfronio, Olimpio Tribuno, Esuperia sua moglie e Teodolo suo figliolo, dei quali si fa memoria il 25 agosto.

 

Infine troviamo san Lucillo fanciullo martire venerato nella chiesa del Collegio San Francesco a Lodi.

Del Martire ne perla il Martyrologium Mediolanensis Ecclesiæ, Mediolani, apud Impressores Archiepiscopales, MDCLXXXXV, al giorno 14 aprile (Decimo Octavo Calendas Maij): Item Mediolani Sanctorum Lucilli & Maximi Martyrum, quorum Corpora ex Urbe delata, in Ecclesia Sanctæ Catharinæ in Bryada hodie Fidelium venerationi exoponuntur.

Siamo nel 1695, anno dell’edizione del suddetto Martirologio.

Qual è la chiesa di Sanctæ Catharinæ in Bryada? È la casa di Santa Caterina in Brera delle Umiliate soppressa nel 1782?

Sappiamo da retro di un santino, edizioni Bertino, che il corpo fu traslato dalla catacomba romana di Callisto nel 1661.

Altra osservazione che possiamo fare è sul simulacro in ceroplastica: è molto simile ad altri simulacri ricomposti durante l’episcopato milanese del beato Schuster.

Quando San Lucillo arrivo a Lodi non lo sappiamo.

Cocludo con l’orazione del Comune dei Martiri del Messale Romano (II edizione):

 

Dio onnipotente e misericordioso,

che hai dato a san Lucillo

un’invitta costanza

fra i tormenti del martirio,

rendici sereni nelle prove della vita

e salvaci dalle insidie del maligno.

Per il nostro Signore.

lunedì 1 marzo 2021

San Zeno di Verona venerato a Monza

 


La diocesi di Milano ricorda il 12 aprile nel suo proprio diocesano la memoria del vescovo scaligero: Zeno o Zenone.

Questo ricordo è legato al fatto che il S. P. Ambrogio menziona la sua beata memoria nelle sue lettere.

 

Segni del culto di san Zenone sono presenti nella diocesi ambrosiana. Uno dei più curiosi è presso la chiesa di Santa Maria in Strada in Monza. Eretta tra il 1348 e il 1368 su progetto di Ambrogio da Milano lungo la strada che collegava Monza con il capoluogo lombardo, donde la sua denominazione.

Passata nel 1393 agli agostiniani del convento milanese di San Marco, è stata internamente trasformata nel 1756 e restaurata in facciata nel 1870. Nonostante i restauri, la fronte, con finta loggia e ornati in cotto, resta una delle più belle del gotico lombardo, ispirata sia agli esempi del pisano Giovanni di Balduccio, attivo a Milano dal 1335 al 1349, sia alla vicina facciata di Matteo da Campione per il Duomo di Monza.

Un santino, edito dagli Artigianelli di Monza, ne raffigura la tela. La Vergine Maria porge ad una Santa, probabilmente Monica, la sacra cintola e alla scena è presente San Zeno, che è riconoscibile per il pastorale con il pesce.

È la Madonna della Cintola presente in un'elegante statua in pietra della Madonna col Bambino, che dalla facciata e dal 1995 presso il Museo del Duomo.

 

Zeno proveniente dall'Africa, forse dalla Mauritania, dal 362 alla morte fu vescovo di Verona, dove fondò la prima chiesa. Dovette confrontarsi con il paganesimo e l'arianesimo, che confutò nei suoi discorsi. I suoi iscritti ricordano quelli di più affermati scrittori africani e ci danno notizie importanti su di lui e sulla sua attività pastorale. Preoccupazione primaria di Zeno fu quella di confermare e rinforzare clero e popolo nella vita della fede, soprattutto con l'esempio della sua carità, dell'umiltà, della povertà e della generosità verso i bisognosi.

La festa liturgica di san Zeno è il 12 aprile; nella diocesi di Verona, però, la ricorrenza è stata spostata al 21 maggio, a ricordo del giorno della traslazione delle reliquie nella basilica, avvenuta il 21 maggio 807.

Passata nel 1393 agli agostiniani del convento milanese di San Marco, è stata internamente trasformata nel 1756 e restaurata in facciata nel 1870. Nonostante i restauri, la fronte, con finta loggia e ornati in cotto, resta una delle più belle del gotico lombardo, ispirata sia agli esempi del pisano Giovanni di Balduccio, attivo a Milano dal 1335 al 1349, sia alla vicina facciata di Matteo da Campione per il Duomo di Monza.

Un santino, edito dagli Artigianelli di Monza, ne raffigura la tela. La Vergine Maria porge ad una Santa, probabilmente Monica, la sacra cintola e alla scena è presente San Zeno, che è riconoscibile per il pastorale con il pesce.