venerdì 30 ottobre 2020

Un martire "marocchino" ...



Anche se questa immagine, Marcello, è con il lineamenti europei, ed è di carnagione bianca, il glorioso martire era un "centurione ordinario di stanza a Tangeri", e quindi almeno di incarnato più scuro.

Secondo la «passio» di san Marcello il 21 luglio del 298 si celebrava la festa «augusti imperatori» e in quella data il santo, centurione ordinario di stanza a Tangeri, gettò le sue armi alla presenza della truppa riunita e proclamò la sua rinuncia al servizio militare per servire nella milizia di Cristo. Il 28 luglio fu interrogato dal preside Fortunato, il quale considerando la gravità del delitto, decise di rimandarlo al suo superiore gerarchico, Aurelio Agricolano di Tangeri. Il 30 ottobre Marcello fu di nuovo interrogato, questa volta a Tangeri, e condannato a morte. La devozione che, in seguito, aveva fatto di Marcello il patrono principale della città spagnola di León, si sviluppò lontano dai suoi resti mortali che si conservavano a Tangeri, per cui, subito dopo la liberazione di questa città, ad opera del re del Portogallo, León richiese le spoglie del suo martire. Il 29 marzo 1493 i resti di Marcello fecero il loro ingresso in città e vennero collocati nella chiesa a lui dedicata.


Martirologio Romano, 30 ottobre: A Tangeri in Mauritania, nell’odierno Marocco, passione di san Marcello, centurione, che nella festa dell’imperatore, mentre tutti sacrificavano agli dei, gettò la cintura militare, le armi e la vita stessa davanti alle insegne, professando di essere cristiano e di non poter più obbedire adeguatamente al giuramento militare, ma solo a Gesù Cristo, subendo per questo il martirio per decapitazione.


sabato 24 ottobre 2020

Sant'Archileone, prega per noi!

 


Si tratta di un antico asceta vissuto in Sicilia, definito con altri con l'appellativo di Greco, cioè orientale, designato col popolare appellativo di riverenza di "Calogeri" (buoni vecchi). Personaggio certamente storico legato all'esperienza monastica di Calogero di Sicilia, che con Onofrio e Filippo di Agira si adoperarono per evangelizzare l'isola, liberandola dai demòni. 

Archileone con Onofrio fu mandato a Paternò, dove visse i suoi ultimi anni di vita ritirato in una grotta. Archileone, con Calogero, Filippo e Onofrio sono parte del grande movimento monastico italo-greco, che ebbe un ruolo importante nella diffusione del cristianesimo nell’Italia Meridionale. 

Detto questo si comprende che il patrono di Sutera, Onofrio anacoreta, non può essere il socio di Archileone, ma semmai, si può dire che la latinizzazione dei culti nell'Italia meridionale ha portato a questa sovrapposizione di persone.

Sant'Archileone è compatrono di Sutera, in provincia di Caltanissetta, assieme a San Paolino di Nola e Sant’Onofrio, e viene ricordato il 12 giugno. 

Dal 1498 le sue reliquie si trovano all’interno del Santuario diocesano di San Paolino.

Due testi:

*P. Alessio jeromonaco, I Santi italo-greci dell’Italia Meridionale. Epopea spirituale dell'oriente cristiano, Nicola Calabria Editore, Patti (Me) 2004, pp. 149

*A. Amore, "Calogero" in Enciclopedia dei Santi, Vol. 3, coll. 696-699, Editrice Città Nuova, 1962 (Ristampa 1990)

Il testo è anche su wikipedia.



venerdì 23 ottobre 2020

Figlio della terra brianzola ... ex cattolica!

 

Il beato Giovannangelo Porro nacque nel 1451 a Seveso (Milano). Si fece frate dei Servi di Maria nel 1468, dopo la morte del padre. Fu dapprima nel convento di Milano, poi a Firenze dove venne ordinato sacerdote.


Per quasi 20 anni visse in solitudine nell'eremo di Monte Senario, aperto nel 1240 dai Sette santi fondatori. Il priore generale lo rivolle a Milano come esempio di vita in un momento di crisi nell'osservanza del carisma.


Morì nel 1505 e riposa incorrotto nella chiesa milanese dei Servi. Fino al 1966 si celebra la giornata del bambino ammalato in memoria della guarigione del piccolo Carlo Borromeo. È beato dal 1737.



Interceda per noi, o Signore, il beato Giovannangelo, che mirabilmente rifulse nell’impegno di un’autentica vita monastica e per l’insegnamento della tua dottrina, affinché, fisso in te il nostro cuore, perseveriamo nella vita evangelica e nel fervore apostolico. Per il nostro Signore.

(Dal proprio dei Servi di Maria)


giovedì 22 ottobre 2020

Per un'Europa unita nel bene!

 


Giovanni è nato nel 1386 a Capestrano, vicino all'Aquila, da un barone tedesco, ma da madre abruzzese. Studente a Perugia, si laureò e divenne ottimo giurista, tanto che Ladislao di Durazzo lo fece governatore di quella città. Ma caduto prigioniero, decise di farsi francescano, diventando amico di san Bernardino e difendendolo quando, a causa della devozione del Nome di Gesù, venne accusato d'eresia. Anch'egli così prese come emblema il monogramma bernardiniano. 







Il Papa lo inviò suo legato in Austria, in Baviera, in Polonia, dove si allargava sempre di più la piaga degli Ussiti. In Terra Santa promosse l'unione degli Armeni con Roma. Aveva settant'anni, nel 1456, quando si trovò alla battaglia di Belgrado investita dai Turchi. 

Per undici giorni e undici notti non abbandonò mai il campo. Ma tre mesi dopo, il 23 ottobre, Giovanni muore di peste a Ilok, in Croazia. È stato canonizzato da papa Alessandro VII il 16 ottobre 1690. 





Nel 1984 il Papa san Giovanni Paolo II lo ha proclamato patrono dei cappellani militari di tutto il mondo. 

È detto Apostolo dell’Europa unita, ma non come si intendeva, contro i turchi, ma auspichiamo, e invochiamolo, per un’Europa unita per il bene nel continente europeo, per la vera fraternità e per il rispetto di ogni diversità.

mercoledì 21 ottobre 2020

San Gaspare, prega per noi!



21 ottobre: San Gaspare del Bufalo, sacerdote, fedele a Gesù e al Papa durante la tirannia napoleonica.

 

"Il santo nasce nel 1786 in Roma (e senza fare del campanilismo non dispiace il sottolinearlo) in un momento storico particolarmente movimentato, con la Santa Sede alle prese con le conseguenze tumultuose della sanguinosa Rivoluzione francese. Giovanetto, frequenta la Chiesa del Gesù attigua alla sua abitazione di Palazzo Altieri. Lo attrae in modo particolare il santo missionario Francesco Saverio e si sente per un momento portato verso la Compagnia. Ma non era questo il disegno della Provvidenza. La sua vocazione era per il sacerdozio secolare, ma non davvero in una visione statica". (FONTE)

venerdì 16 ottobre 2020

"Guerriero forte", "chi si vanta, si vanti nel Signore": Gerardo Maiella.


 18La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio. 19Sta scritto infatti:

Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l'intelligenza degli intelligenti.

20Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dov'è il sottile ragionatore di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la sapienza del mondo? 21Poiché infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. 22Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, 23noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; 24ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. 25Infatti ciò che è stoltezza di

Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

26Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. 27Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; 28quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, 29perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. 30Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, 31perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore. (1 Cor1)


IL NOME

Deriva dal nome germanico Gerhard, composto dai termini ger (o gaira, "lancia") e hart (o hard, hardu, "duro", "forte"). Il significato è interpretabile come "forte con la lancia"[4], "abile con la lancia"[5] o anche "guerriero forte”.

Latinizzato in forme quali Gherardus (direttamente dal tedesco Gerhard) Gerardus (dal francese Gérard), il nome Gerardo è diffuso maggiormente nell'Italia meridionale, soprattutto in Campania, nelle provincie di Foggia e Potenza e nella Calabria settentrionale. La variante Gherardo, invece, risulta più comune nel centro-nord Italia, mentre l'ipocoristico Gaddo è più tipico della Toscana.


Sebbene foneticamente simile, va precisato che il nome Giraldo non consiste in una variante di Gerardo, per quanto spesso i due nomi siano stati confusi l'uno con l'altro. (Wikipedia)






NEL MARTIROLOGIO E NELLA MEMORIA LOCALE

29 gennaio, beato Gerardo di Kremsmünster, abate

23 aprile, san Gerardo, vescovo di Toul

13 maggio, beato Gherardo di Villamagna, terziario francescano

25 maggio, beato Gerardo Mecatti, terziario francescano

29 maggio, san Gerardo, vescovo di Mâcon

6 giugno, san Gerardo dei Tintori, laico e fondatore dell’Ospedale

13 giugno, beato Gerardo di Chiaravalle, monaco, fratello di san Bernardo

30 luglio, san Gerardo Lutzelkolb, religioso francescano e martire

1 agosto, beato Gerarado (Gerhard) Hirschfelder, sacerdote e martire


a Dachau

11 agosto, san Gerardo pellegrino di Gallinaro, laico

24 settembre, san Gerardo Sagredo, detto "apostolo d'Ungheria", vescovo di Csanàd e martire presso Buda

3 ottobre, san Gerardo di Brogne, abate

13 ottobre, beato Gerardo, fondatore dell'Ordine di Malta

16 ottobre, san Gerardo Maiella, religioso redentorista

16 ottobre, beato Gerardo da Chiaravalle, abate, protomartire cistercense

30 ottobre, san Gerardo La Porta da Piacenza, vescovo di Potenza

15 novembre, beato Gerardo, religioso mercedario

5 dicembre, san Geraldo (Gerardo) di Braga, vescovo


29 dicembre, beato Gerardo Cagnoli, religioso francescano










IL SANTO


Gerardo Maiella. Umanamente parlando non è un granché: di costituzione gracile, di salute cagionevole, di istruzione scarsa. Anche perché ha dovuto iniziare a lavorare presto per mantenere la famiglia, visto che papà muore quando lui è ancora un bambino, senza aver avuto il tempo di insegnargli il suo mestiere di sarto. Finisce così, come apprendista, in casa di un sarto esperto, dove colleziona ingiurie e percosse, ma il ragazzino non si scompone più di tanto, perché sta imparando ad accettare tutto per “amor di Dio”. Quando potrebbe mettersi in proprio, decide invece di andare a fare il domestico nella casa del vescovo di Lacedonia: non è un posto molto ambito, perché il vescovo è prepotente, esigente e autoritario.

Quelli che l’hanno preceduto hanno resistito in quell’incarico al massimo tre settimane, lui vi resta per tre anni, cioè fino alla morte del vescovo, ed è forse l’unico a piangerlo sinceramente, perché è riuscito a scoprire i buoni sentimenti del padrone anche sotto la scorza di uomo burbero e insopportabile.

Tornato al paese, Muro Lucano, apre bottega, ma neanche come sarto è


un granché: prega più volentieri di quanto non sappia tagliare e cucire, è sempre incollato al tabernacolo o assorto in meditazione, più alla ricerca della volontà di Dio che attento alle esigenze dei clienti. La sua diventa la bottega del “sarto fai da te”, che non riesce a mettere un soldo da parte perché, quando si fa pagare, dopo aver comprato quello che serve alla mamma e alle sorelle, il suo denaro va a finire nelle tasche dei poveri o nella celebrazione di messe per i defunti.

Pensa seriamente di farsi religioso, ma la cosa è più facile a dirsi che a farsi: i Cappuccini gli dicono subito di no e anche con i Redentoristi le cose non vanno meglio: venuti in paese a predicare una missione, sono subito assediati e perseguitati da quel giovane che vuole diventare come loro e che essi non vogliono, perché oltre alla gracilità, che si vede ad occhio nudo, tutti lo descrivono come un po’ eccentrico, senza arte né parte, un buono a nulla, insomma. E così consigliano alla mamma di chiuderlo in camera, perché al momento della partenza non corra loro dietro. Il consiglio viene eseguito alla lettera, ma al mattino la mamma, nella stanza da letto, trova soltanto un foglio con poche, semplici parole: “Vado a farmi santo”. Annodando le lenzuola, infatti, il ragazzo è riuscito a calarsi dalla finestra: un’evasione in piena regola, un caso degno di “Chi l’ha visto”, se non fosse che di questa fuga si conoscono il motivo e la destinazione: raggiunti i missionari dopo dodici miglia, è riuscito, vista l’insistenza, a farsi accettare.


Lo mandano come “Fratello inutile” in vari conventi redentoristi, dove fa di tutto: il giardiniere, il sacrestano, il portinaio, il cuoco, l’addetto alla pulizia della stalla e in tutte queste umili semplicissime mansioni l’ex ragazzo “inutile” si esercita a cercare la volontà di Dio.

Ubbidientissimo, mortificato, devoto, semina amore e concordia mentre fa la questua. Ai poveri distribuisce tutto, anche i suoi pochi effetti personali. Nei semplici gesti che compie c’è del prodigioso e la gente grida al miracolo, che fiorisce al suo passaggio. Un giorno viene accusato di una relazione per lo meno sospetta con una ragazza: non si discolpa e non si giustifica, preferendo che la verità venga a galla da sola e cercando anche in questa prova dolorosa di fare la volontà di Dio. Sarà infatti discolpato proprio da chi l’aveva calunniato, mentre tutti ammirano il suo eroismo, la sua pazienza e la sua sopportazione. Un bel giorno è colpito dalla tubercolosi e deve mettersi a letto; sulla porta della sua cella ha fatto scrivere; “Qui si fa la volontà di Dio, come vuole Dio e fino a quando vuole Dio”.


Muore nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 1755: ha soltanto 29 anni, dei quali appena tre passati in convento durante i quali ha fatto passi da gigante verso la santità.

Beatificato da Leone XIII nel 1893, Gerardo Majella è stato proclamato santo da Pio X nel 1904. da allora è uno dei santi più venerati del nostro Meridione, si continua a ricorrere alla sua intercessione e, in particolare, è conosciuto come il “santo dei parti felici” per la particolare protezione che molte mamme hanno sperimentato durante la gravidanza e al momento del parto. (Gianpiero Pettiti)

giovedì 15 ottobre 2020

"Nada te Turbe" (Teresa d'Avila)

 


Cinquant'anni fa
veniva proclamata Dottore della Chiesa. I suoi scritti sono sempre un nutrimento per l'anima.

Nata nel 1515, fu donna di eccezionali talenti di mente e di cuore. Fuggendo da casa, entrò a vent'anni nel Carmelo di Avila, in Spagna. Faticò prima di arrivare a quella che lei chiama la sua «conversione», a 39 anni. Ma l'incontro con alcuni direttori spirituali la lanciò a grandi passi verso la perfezione. Nel Carmelo concepì e attuò la riforma che prese il suo nome. Unì alla più alta contemplazione un'intensa attività come riformatrice dell'Ordine carmelitano. Dopo il monastero di San Giuseppe in Avila, con l'autorizzazione del generale dell'Ordine si dedicò ad altre fondazioni e poté estendere la riforma anche al ramo maschile. Fedele alla Chiesa, nello spirito del Concilio di Trento, contribuì al rinnovamento dell'intera comunità ecclesiale. Morì a Alba de Tormes (Salamanca) nel 1582. Beatificata nel 1614, venne canonizzata nel 1622. Paolo VI, nel 1970, la proclamò Dottore della Chiesa.




 

"Muoio figlia 

della Chiesa"













Nada te turbe, nada te espante
Nulla ti turbi, nulla ti spaventi


Quien à Dios tiene nada le falta
A chi è vicino a Dio non manca nulla,


Solo Dios basta.
Dio solo basta.


Todo se pasa, Dios non se muda
Tutto passa, Dio non cambia

La paciencia todo la alcanza.
La pazienza ottiene ogni cosa


mercoledì 14 ottobre 2020

Preghiera a Maria Dormiente

 



O Vergine Immacolata, Madre di Dio e Madre degli uomini,

noi crediamo nella tua assunzione in anima e corpo al cielo,

ove sei acclamata da tutti i cori degli angeli e da tutte le schiere dei santi.

E noi ad essi ci uniamo per lodare e benedire il Signore che ti ha esaltata sopra

tutte le creature e per offrirti l'anelito della nostra devozione e del nostro amore.

Noi confidiamo che i tuoi occhi misericordiosi si abbassino sulle nostre miserie

e sulle nostre sofferenze; che le tue labbra sorridano alle nostre gioie

e alle nostre vittorie; che tu senta la voce di Gesù ripeterti per ciascuno di noi:

Ecco tuo figlio.

E noi ti invochiamo nostra madre e ti prendiamo, come Giovanni, per guida,

forza e consolazione della nostra vita mortale.

Noi crediamo che nella gloria, dove regni vestita di sole e coronata di stelle,

sei la gioia e la letizia degli angeli e dei santi. 

E noi in questa terra, ove passiamo pellegrini, guardiamo verso di te,

nostra speranza; attiraci con la soavità della tua voce per mostrarci un giorno,

dopo il nostro esilio, Gesù, frutto benedetto del tuo seno, o clemente,

o pia, o dolce Vergine Maria.

(Venerabile Pio XII)


martedì 13 ottobre 2020

San Vincenzo, prega per noi!

 


O glorioso San Vincenzo, giovane forte e generoso, che vivificato dallo Spirito Santo, hai offerto la tua vita, ti supplichiamo con intensa preghiera, di rivolgere a noi il tuo sguardo propizio.

Accoglici sotto la tua protezione, aiutaci a distruggere nel nostro cuore, il germe dell’odio e a liberarci dal peccato e da ogni male, perché riconciliati con il Padre e tra noi, viviamo come fratelli nell’amore di Cristo.

Proteggi e sostieni la fede dei giovani, assisti la trepida esistenza degli anziani e dei malati, conserva nell’unità e nella pace le nostre famiglie. 

La tua intercessione ci conceda di essere esauditi, e di poterti un giorno ringraziare in cielo, e con te lodare Dio nei secoli in eterno. Amen.


martedì 6 ottobre 2020

Un santo pastore...

 


8 gennaio, sant'Eberardo, missionario irlandese, vescovo di Ratisbona

9 gennaio, beato Eberardo, canonico premonstratense, priore a Schäftlarn

25 marzo, beato Ebeardo VI, conte di Nellenburg, fondatore e poi monaco nel convento di Allerheiligen

22 giugno, sant'Everardo, canonico della cattedrale di Bamberga, monaco benedettino a Prüfening, arcivescovo di Salisburgo

5 luglio, beato Eberardo, monaco laico nell'abbazia di Villers-la-Ville

15 luglio, sant'Eberardo, pastore presso Luzy

31 luglio, beato Everardo Hanse, sacerdote, martire a Londra

12 agosto, beato Eberardo, abate di Breisach

14 agosto, sant'Eberardo, fondatore e primo abate dell'abbazia di Einsiedeln

28 settembre, sant'Eberardo, pastore a Frisinga

30 novembre, beato Eberardo di Stahleck, eremita presso Chumbd sull'Hunsrück

16 dicembre, sant'Eberardo, marchese del Friuli, fondatore di un monastero a Cysoing


lunedì 5 ottobre 2020

"Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo..."

 


“Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno”. (Mt 18,8)

Giacomo Papocchi, "onorificentia populi nostri", come definito in antiche iscrizioni, nacque a Montieri, in provincia di Grosseto, nel 1213. In età giovanile prestò la sua opera nelle argentiere locali proprietà dei vescovi volterrani. Fu accusato di furto di argento lavorato nelle locali fonderie; secondo la giustizia dell'epoca, allora amministrata dai senesi, subentrati al Vescovo nella amministrazione locale, argentiere comprese, fu condannato all'atroce pena della mutilazione della mano destra, nonché del piede sinistro, trovandosi così ridotto all'inabilità.

Il triste evento, fu per lui l'occasione di riscoprire la fede, un po' accantonata in epoca giovanile.

Egli chiese al vescovo diocesano l'autorizzazione a farsi "immurare", cioè a vivere in rigorosa clausura, in una piccola cella adiacente la chiesa di San Giacomo Apostolo, sotto la giurisdizione religiosa dei monaci dell'antica abbazia di San Galgano.

Sottoposto a prove diaboliche, raggiunse tuttavia vette di alto misticismo; visioni e miracoli costellarono la sua vita, tanto che il suo culto è pervenuto ininterrotto fino ai giorni nostri. Narrano gli antichi biografi che egli, dalla sua cella, attraverso lo spesso muro che lo separava dalla adiacente chiesa, riuscisse a vedere il sacerdote celebrante la Messa all'altare della chiesa stessa. Ancora nelle antiche biografie si legge che nel beato Giacomo il desiderio dell'eucaristia era tale che, nei giorni imminenti la morte non essendo il sacerdote potuto salire a celebrare la santa messa alla chiesa di San Giacomo Apostolo a causa di un'abbondante nevicata, Gesù stesso, "sacerdote e vittima al tempo stesso", come si canta in un antico inno, scese a comunicarlo.

Morì ricco di meriti, veneratissimo dal suo popolo, il 28 dicembre del 1289.

Il suo venerato corpo si conserva in un'artistica urna (1768) sopra l'altare maggiore della chiesa parrocchiale dei Santi Paolo e Michele nel centro di Montieri. Il suo nome è iscritto nel catalogo dei Santi della diocesi di Volterra.