giovedì 3 maggio 2012

Santa Viola vergine e martire





Per quanto sia un nome molto usato anche nelle sue varianti Violetta, Iole, della santa che porta il nome di Viola si sa ben poco.

Essa è citata da un antico studioso di agiografia Filippo Ferrari, il quale nel suo volume “Catalogus Sanctorum Italiae” edito a Milano nel 1613, dice di aver letto nelle ‘tavole’ della Chiesa veronese, questo nome di vergine e martire di quella città.

Mancano completamente altri dati, per cui è possibile dubitare anche della sua reale esistenza. È risaputo che nel corso dei secoli, il culto verso i santi martiri ebbe varie impennate, con trasferimenti delle reliquie dalle catacombe alle chiese e luoghi religiosi di tutta Europa; lì dove giunsero s’instaurò ben presto un culto locale più o meno intenso, con proclamazione del loro celeste patronato sulle località e spesso nello scrivere la ‘Vita’, mancando di notizie attendibili, si giungeva anche a riconoscere il martire o la martire come originari della zona.

Nulla toglie al valore del loro martirio, anche se per molti le notizie pervenute fino a noi sono in parte leggendarie o non comprovate, del resto l’Italia è piena di queste devozioni, che in alcune zone assumono il grado della solennità, coinvolgendo nelle celebrazioni liturgiche e patronali l’intera comunità locale.

La celebrazione di S. Viola martire di Verona è al 3 maggio, bisogna comunque dire che l’attuale Martyrologium Romanum non ne fa menzione; nella provincia veronese c’è una annuale Fiera di Santa Viola e probabilmente qualche chiesa a lei dedicata.

Il nome Viola ha una discreta diffusione, oltre che per la devozione verso l’omonima santa veronese, anche per la sua derivazione Violetta, che Giuseppe Verdi inserì come nome della protagonista dell’opera lirica “La Traviata”, che come è noto fu ispirata al romanzo di Dumas “La signora delle camelie” e la cui protagonista porta invece il nome di Margherita.

mercoledì 25 aprile 2012

Festa della Liberazione







O Dio, nostro Padre,
ti lodiamo e ringraziamo.
Tu che ami ogni uomo e guidi tutti i popoli
accompagna i passi della nostra nazione,
spesso difficili ma colmi di speranza.
Fa’ che vediamo i segni della tua presenza
e sperimentiamo la forza del tuo amore, che non viene mai meno.
Signore Gesù, Figlio di Dio e Salvatore del mondo,
fatto uomo nel seno della Vergine Maria,
ti confessiamo la nostra fede.
Il tuo Vangelo sia luce e vigore
per le nostre scelte personali e sociali.
La tua legge d’amore conduca la nostra comunità civile
a giustizia e solidarietà, a riconciliazione e pace.
Spirito Santo, amore del Padre e del figlio
con fiducia ti invochiamo.
Tu che sei maestro interiore svela a noi i pensieri e le vie di Dio.
Donaci di guardare le vicende umane con occhi puri e penetranti,
di conservare l’eredità di santità e civiltà
propria del nostro popolo,
di convertirci nella mente e nel cuore per rinnovare la nostra società.
Gloria a te, o Padre, che operi tutto in tutti.
Gloria a te, o Figlio, che per amore ti sei fatto nostro servo.
Gloria a te, o Spirito Santo, che semini i tuoi doni nei nostri cuori.
Gloria a te, o Santa Trinità, che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.

B. IOANNES PAULUS PP. II

Un pensiero e un ricordo per il 25 aprile 2012


Oggi, festa del mio patrono, voglio raccontarvi di un sacerdote che è passato nella mia vita segnando questo giorno tra gioia e dolore.

Il dolore. In questo giorno 15 anni fa egli moriva in un tragico incidente, solo dopo 2 anni di sacerdozio. Ecco uno stralcio dell’Omelia funebre del Cardinale C.M. Martini:



Per le esequie di un prete la liturgia ambrosiana prevede tre letture tratte dai vangeli della passione e della resurrezione, come per dirci che un prete è chiamato ad essere vicino a Gesù soprattutto nei momenti supremi del-la sua vita. E nella seconda di queste letture, dal vangelo di Matteo, ci viene detto che quando Gesù fu sulla croce, a partire da mezzogiorno si fece buio su tutta la terra.
Anche sulle rive del lago di Garda, sabato scorso, era passato da poco mezzogiorno e don Massimo stava celebrando la Messa per i suoi ragazzi …. All’improvviso la Messa, l’offerta del sacrificio della vita di Gesù per noi, viene interrotta, e la giovane vita di don Massimo, in un gesto istintivo di responsabilità per evitare danni e pericoli ad altri, in un dono di sé per salvare altri, viene sottratta alla nostra compagnia sulla terra. Ed è come se calasse un grande buio perché tutti siamo stati da quel momento privati del suo sorriso, della sua giovinezza, della sua compagnia piena di vita, della semplicità del suo sguardo e della generosità del suo cuore.(Card. Martini)



La gioia. La sua morte ha svelato il segreto del suo cuore. Egli ha lasciato i suoi semplici scritti, tra cui questo, la piccola omelia fatta ai suoi ragazzi pochi minuti prima di morire:


Oggi è la festa di San Marco.
Dicono che ancora ragazzino ebbe il coraggio di rimanere accanto a Gesù nell’orto degli Ulivi, più a lungo di tutti gli altri, che scappavano pieni di paura.
Non bisogna avere paura di stare vicino a Gesù.
Ha parole importanti da dire a tutti. Marco l’aveva capito e per questo poi ha sentito l’esigenza, come evangelista, di raccontare Gesù ad altri.
Ascoltare Gesù non è come una nostra visita ad un museo, dal quale si corre via in fretta per andare a comperare il gelato. Stare con Gesù significa fare con Lui un cammino di esplorazione dentro di noi. Non è un viaggio in senso fisico, ma una illuminazione che ci dona una conoscenza vera di noi e del mondo, come la possiedono e la gustano queste suore di clausura che ci ospitano.
Quando si incontra Gesù, si comprende anzitutto questo: per Lui si può donare tutto.

(don Massimo Bignetti 25\4\1997)



Il Vangelo di questa sera ci diceva:
“Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”. (Mc 16)

C’è un coraggio nascosto nel partire e nel predicare. Partire vuol dire lasciare. Cosa devo lasciare per obbedire al comando missionario di Cristo?
Predicare vuol dire raccontare non tanto con la voce ma con la vita. È la vita che interagisce con la Parola e in essa parla lo stesso Signore!
Signore Gesù,
ogni giorno è partire
ogni giorno è vivere la vita in obbedienza al tuo comando.
Signore Gesù,
per l’intercessione dell’Evangelista San Marco
fa che, alla scuola del Vangelo,
impariamo anche noi a seguirti fedelmente. Amen.

martedì 24 aprile 2012

Anniversario del Genocidio Armeno




Oggi, 24 aprile, il 97esimo anniversario del genocidio armeno del 1915.
Il popolo armeno. Un popolo fiero della sua storia. Un popolo segnato dalla Croce, che la scelse come segno in cui identificare la sua cultura già prima dell'Editto di Costantino. L'Armenia, terra cristiana, già all'inizio del IV secolo.





Beato Ignazio (Choukrallah) Maloyan vescovo e martire
Mardine, Turchia, 19 aprile 1869 - 1915

Eroica la testimonianza del vescovo Ignazio Maloyan torturato e ucciso dai turchi all'inizio dell'olocausto armeno. Nato a Mardine, in Turchia, Maloyan, di etnia armena, si recherà in Egitto dove si conquisterà la fama di sacerdote esemplare. Il 22 ottobre del 1911, Maloyan viene eletto arcivescovo proprio della diocesi di Mardine. Quattro anni dopo, il 24 aprile del 1915, ha inizio l'operazione di sterminio contro gli armeni residenti in Turchia. E a giugno alcuni ufficiali turchi trascinano il vescovo davanti al tribunale insieme ad altre 27 persone della comunità. Il capo della polizia, Mamdouh Bey, gli propone una via d'uscita: convertirsi all'Islam. Ma monsignor Ignazio Maloyann rifiuta, procurandosi torture "esemplari".

domenica 15 aprile 2012

Pellegrinaggio a Loreto 2012

"I santi sono molto diversi tra loro: la loro stessa diversità è un segno dell'opera di Dio… Sono stati innalzati per essere un memoriale e un insegnamento: ci fan memoria di Dio, ci introducono nel mondo invisibile, ci apprendono che cosa Cristo ami, tracciano per noi la strada che conduce al cielo" (beato J. H. Newman)



Domenica 15 aprile, partenza, BRUGHERIO - CORINALDO-LORETO

-         santuario S. Maria Goretti a Corinaldo


Lunedì 16 aprile, GROTTAMMARE

-         Serva di Dio Lavinia Sernardi, S. Aureliano martire, Chiesa e Convento di S. Maria dei Monti – Oasi di Grottamare - Grottamare (AP)


Martedì 17 aprile, OFFIDA

-         Beato Corrado da Offida (terzo altare di sinistra); San Leonardo di Noblac (altare maggiore) - Collegiata di Offida
-         Santuario Sant’Agostino, reliquie Miracolo di Lanciano (la "croce santa" In fondo all’abside, in una edicola protetta da una cancellata in ferro e da due sportelloni in noce del sec. XV)
-         Chiesa di Santa Maria della Rocca. La grande costruzione in laterizio in stile romanico-gotico si deve al Maestro Albertino che la eresse nel 1330 sulla preesistente piccola chiesa benedettina. Affreschi della scuola di Giotto nella chiesa superiore.


Mercoledì 18 aprile, MONTEFANO (MC)

-         San Seberio martire, Chiesa Collegiata di San Donato, Montefano (MC)

Chiesa Collegiata di San Donato: chiesa in stile barocco, eretta tra il XII e il XIII secolo, fu successivamente ricostruita nel 1587 e nel 1762 a causa dei danni riportati per un terremoto. La chiesa ha una facciata in cotto a due ordini. All'interno, sopra il coro, vi è una tela che rappresenta San Donato con San Giovanni Nepomuceno. Sotto l'altare vi è conservata un pezzo della croce con cui fu martirizzato San Donato.

Chiesa di Santa Maria Assunta: la chiesa conserva al suo interno una pala lignea risalente al XVI secolo di scuola veneta, attribuita al pittore Claudio Ridolfi, raffigurante la Madonna tra santa Caterina e il vescovo Sant'Onorato mentre porge su un vassoio la città di Montefano, e una tela recentemente attribuita a Simone De Magistris raffigurante l' assunzione della Madonna.

Giovedì 19 aprile, MONTE CONERO – CAMERANO - SIROLO

-         Santa Faustina martire, chiesa di S. Faustina (già di S. Nicola), Camerano (AN)
-         Beato Pietro da Treia, Chiesa Madonna del Rosario, Sirolo (AN)

Venerdì 20 aprile, POLLENZA (MC)

-     Santa Laura martire, chiesa-santuario di Trebbio
-     Servo di Dio Sante Saccone, (1550-1634) agricoltore, Chiesa di Sant’Antonio e Francesco
-     Beato Ambrogio da Monte Milone OSA e Beato Antonio da Monte Milone (= Pollenza): tracce a Pollenza?
-    Parrocchia San Biagio


Sabato 21 aprile, rientro, LORETO - BRUGHERIO

II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO B)







 

“E comincia domani! Domani è già qui”
Così canta un famosissimo canto interpretato da molti cantanti italiani, in un CD venduto per sostenere la ricostruzione de L’Aquila dopo il terremoto. Un sogno che ancora attende il domani dell’uomo… come quando un bimbo dice alla mamma che gli chiede un piccolo favore.. e il bimbo dice: un attimo!

Non così per i discepoli.
Potevano credere i Dodici che dopo quel giorno, tutto sarebbe nuovamente iniziato? Che la speranza del domani fosse così certa?

Ma loro ero nelle mani di Dio, ed Egli non parla per parlare, ma ogni sua parola copie un’opera come dice il profeta Isaia:

Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. (Is 55)

La Pasqua è il compimento della Parola inviata, fatta carne: Gesù!

Abbiamo ascoltato il Vangelo che ci raccontava:

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. (Gv 20)

E i discepoli gioirono al vedere il Signore (Gv 20)!
Non riesco ad immaginarmi la gioia dei Dodici!
Sarà stata una cosa profonda, interiore .. indelebile … zampillante!
Qualcosa di incredibile!

Fu certamente un’esperienza esistenziale che compì una sintesi del cammino fatto dai Dodici con Gesù. Una gioia che diede pace ai loro cuori sconvolti dopo quegli eventi.

Ma ritorniamo al Vangelo.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Frutto di quella gioia fu un l’accogliere una seconda chiamata: io mando voi!
Soffiò su di loro!
Come all’inizio della creazione quando in Gen 2,7 si racconta:
Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.

I Dodici ricevono nuova vita, una nuova chiamata, e vengono inviati a camminare con la forza dello Spirito Santo, quindi non soli, a compiere l’opera prima di Cristo: perdonare i peccati, cioè salvare, liberare dal male.

Questo discorso mi porta subito con la mente a due scene evangeliche or ora ascoltate.
Così canta un famosissimo canto interpretato molti cantanti italiano, in un CD venduto per sostenere la ricostruzione de L’Aquila dopo il terremoto. Un sogno che ancora attende il domani dell’uomo… come quando un bimbo dice alla mamma che gli chiede un piccolo fare.. e il bimbo dice: un attimo!

Non così per i discepoli.
Potevano credere i Dodici che dopo quel giorno, tutto sarebbe nuovamente iniziato? Che la speranza del domani fosse così certa?

Ma loro ero nelle mani di Dio, ed Egli non parla per parlare, ma ogni sua parola copie un’opera come dice il profeta Isaia:

Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. (Is 55)

La Pasqua è il compimento della Parola inviata, fatta carne: Gesù!

Abbiamo ascoltato il Vangelo che ci raccontava:

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. (Gv 20)

E i discepoli gioirono al vedere il Signore (Gv 20)!
Non riesco ad immaginarmi la gioia dei Dodici!
Sarà stata una cosa profonda, interiore .. indelebile … zampillante!
Qualcosa di incredibile!

Fu certamente un’esperienza esistenziale che compì una sintesi del cammino fatto dai Dodici con Gesù. Una gioia che diede pace ai loro cuori sconvolti dopo quegli eventi.

Ma ritorniamo al Vangelo.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Frutto dei quella gioia fu un l’accogliere una seconda chiamata: io mando voi!
Soffiò su di loro!
Come all’inizio della creazione quando in Gen 2,7 si racconta:
Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.

I Dodici ricevono nuova vita, una nuova chiamata, e vengono inviati a camminare con la forza dello Spirito Santo, quindi non soli, a compiere l’opera prima di Cristo: perdonare i peccati, cioè salvare, liberare dal male.

Questo discorso mi porta subito con la mente a due scene evangeliche or ora ascoltate:





L’incredulità di Tommaso, è un’esigenza, Gesù conosce il cuore dell’uomo, e per liberarli da ogni dubbio mostrò loro le mani e il fianco e la stessa cosa la compie poi con Tommaso: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco.

Quelle ferite sono segno che l’opera di Gesù ha avuto veramente compimento, è una certezza che da gioia!

Credo che la gioia dei Dodici sia proprio la gioia della salvezza.

Questa gioia dà certezza e rinnova e incoraggia, dando vita, nuova vita, una nuova creazione, rinnovando il cammino dei Dodici.

Questa gioiosa certezza è cominciata il quel “domani” successivo al dramma della Passione e Morte.

La secondo domenica di Pasqua o domenica della Divina Misericordia vuole proprio farci riscoprire la necessità di vivere la gioiosa certezza della salvezza.

Dio mi ama in Gesù ed io devo confidare sempre in questa certezza. Ci ha infatti fatto pregare il salmo 117: «Il suo amore è per sempre».

Questo è il punto di partenza per, come dice l’apostolo Giovanni della sua I lettera (II lettura): vivere l’amore di Dio, l’“osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi”.

Concludo con due pensieri, San Tommaso d'Aquino:
"La resurrezione di Cristo era necessaria per fondare la nostra fede. Ora, la nostra fede ha per oggetto sia l'umanità che la divinità di Cristo: infatti, non basta credere nell'una senza credere nell'altra. Quindi per confermare la fede nella sua divinità era necessario che egli risorgesse presto, senza aspettare la fine del mondo; e per confermare la fede nella realtà della sua umanità e della sua morte, bisognava che ci fosse un intervallo tra la morte e la resurrezione".

San Pio da Pietrelcina:
Gesù, tu vieni sempre in me. Con quale cibo ti devo alimentare?... Con l'amore! Ma il mio amore è fallace. Gesù, ti voglio bene assai. Supplisci al mio amore.

mercoledì 4 aprile 2012

Mercoledì Santo 2012



beato Francesco Marto


Mercoledì Santo 4 aprile 2012


Oggi, Mercoledì Santo, è il giorno, secondo la tradizione della Chiesa, della riconciliazione dei pubblici peccatori.

La pagina del Vangelo ci presenta lo svelamento del tradimento di Giuda: «Rabbì, sono forse io?».

Chi di noi può sfuggire da questa possibilità?

Affidiamoci alla “grande bontà” del Signore, così come ci ha fatto pregare il Salmo, perché essa scavi in noi una ferità d’amore che possa solo chiudersi nella vita eterna.

Ci accompagnino in questo, oramai imminente, del Sacro Triduo i santi che la Chiesa oggi, 4 aprile, ricorda:

Francesco Marto, morto il 4 aprile 1919, fanciullo di Fatima: la sua intercessione ci aiuti nel perseverare nelle avversità e nella opere della fede e ci custodisca nella costanza nella preghiera soprattutto davanti a “Gesù nascosto”, così come lui chiamava il SS. Sacramento.

“Gesù Nascosto! Lo amo tanto! Cosa darei per riceverlo in Chiesa! In Cielo non si fa la comunione? Se ci si comunica, farò la comunione tutti i giorni. Quanto sarei contenta se l'Angelo venisse all'ospedale a portarmi un'altra volta la santa Comunione!” (Giacinta)


S. Benedetto il Moro

Gaetano Catanoso, morto il 4 aprile 1963, sacerdote a Reggio Calabria, apostolo del Volto di Cristo: la sua intercessione ci aiuti ad imprimere in noi lineamenti del Volto di Gesù stando come sentinelle presso il Tabernacolo.
Egli affermava:
“Amate Gesù Sacramentato. Non lo dimenticate mai. Non lasciatelo solo, andate a visitarlo”.

Benedetto il Moro, morto 4 aprile 1589, religioso francescano nata in Sicilia da famiglia di ex schiavi. la sua intercessione ci liberi da ogni schiavitù e compromesso con male, per vivere con umiltà e santità il Sacra Triduo.
Amen

San Gaetano Catanoso

I Santi Martiri (S. Agostino)




«Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt 2, 21). Questo significa fare le medesime cose. Così hanno fatto con ardente amore i santi martiri e, se non vogliamo celebrare inutilmente la loro memoria, se non vogliamo accostarci infruttuosamente alla mensa del Signore, a quel banchetto in cui anch'essi si sono saziati, bisogna che anche noi, come loro, siamo pronti a ricambiare il dono ricevuto.
    A questa mensa del Signore, perciò, noi non commemoriamo i martiri come facciamo con gli altri che ora riposano in pace, cioè non preghiamo per loro, ma chiediamo piuttosto che essi preghino per noi, per ottenerci di seguire le loro orme. Essi, infatti, hanno toccato il vertice di quell'amore che il Signore ha definito come il più grande possibile. Hanno presentato ai loro fratelli quella stessa testimonianza di amore, che essi medesimi avevano ricevuto alla mensa del Signore.
    Non vogliamo dire con questo di poter essere pari a Cristo Signore, qualora giungessimo a rendergli testimonianza fino allo spargimento del sangue. Egli aveva il potere di dare la sua vita e di riprenderla, mentre noi non possiamo vivere finché vogliamo, e dobbiamo morire anche contro nostra voglia. Egli, morendo, uccise subito in sé la morte, mentre noi veniamo liberati dalla morte solo mediante la sua morte. La sua carne non conobbe la corruzione, mentre la nostra, solo dopo aver subito la corruzione, rivestirà per mezzo di lui l'incorruttibilità alla fine del mondo. Egli non ebbe bisogno di noi per salvarci, ma noi, senza di lui, non possiamo far nulla. Egli si è mostrato come vite a noi che siamo i tralci, a noi che, senza di lui, non possiamo avere la vita.
    In fine, anche se i fratelli arrivano a dare la vita per i fratelli, il sangue di un martire non viene sparso per la remissione dei peccati dei fratelli, cosa che invece egli ha fatto per noi. E con questo ci ha dato non un esempio da imitare, ma un dono di cui essergli grati.
    I martiri dunque, in quanto versarono il loro sangue per i fratelli, hanno ricambiato solo quanto hanno ricevuto dalla mensa del Signore.
    Manteniamoci sulla loro scia e amiamoci gli uni gli altri, come Cristo ha amato noi, dando se stesso per noi.

lunedì 2 aprile 2012

domenica 1 aprile 2012

Domenica delle Palme 2012

Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo




“… Offriamo ogni giorno a Dio noi stessi e tutte le nostre attività. Facciamo come le parole stesse ci suggeriscono. Con le nostre sofferenze imitiamo le sofferenze, cioè la passione di Cristo. Con il nostro sangue onoriamo il sangue di Cristo. Saliamo anche noi di buon animo sulla sua croce. Dolci sono infatti i suoi chiodi, benché duri.
    Siamo pronti a patire con Cristo e per Cristo, piuttosto che desiderare le allegre compagnie mondane.
    Se sei Simone di Cirene prendi la croce e segui Cristo.
Se sei il ladro e se sarai appeso alla croce, se cioè sarai punito, fai come il buon ladrone e riconosci onestamente Dio, che ti aspettava alla prova. Egli fu annoverato tra i malfattori per te e per il tuo peccato, e tu diventa giusto per lui. Adora colui che è stato crocifisso per te. Se vieni crocifisso per tua colpa, trai profitto dal tuo peccato. Compra con la morte la tua salvezza, entra con Gesù in paradiso e così capirai di quali beni ti eri privato. Contempla quelle bellezze e lascia che il mormoratore, del tutto ignaro del piano divino, muoia fuori con la sua bestemmia.
    Se sei Giuseppe d'Arimatèa, richiedi il corpo a colui che lo ha crocifisso, assumi cioè quel corpo e rendi tua propria, così, l'espiazione del mondo.
    Se sei Nicodemo, il notturno adoratore di Dio, seppellisci il suo corpo e ungilo con gli unguenti di rito, cioè circondalo del tuo culto e della tua adorazione.
    E se tu sei una delle Marie, spargi al mattino le tue lacrime. Fa' di vedere per prima la pietra rovesciata, vai incontro agli angeli, anzi allo stesso Gesù.
    Ecco che cosa significa rendersi partecipi della Pasqua di Cristo”

sabato 24 marzo 2012

Presentato a Roma il film "Cristiada" - Martiri Messicani del XX secolo

 
 
 
 


"Sarà un riconoscimento ai nostri martiri che lottarono per la fede e libertà di religione"
di H. Sergio Mora

ROMA, sabato, 24 marzo 2012 (ZENIT.org) - Tre giorni prima della partenza del Papa per il suo viaggio apostolico a Cuba e in Messico, martedì 20 marzo, è stato presentato il film messicano Cristiada, che racconta i terribili fatti della guerra civile messicana (1926–1929), conosciuta come cristera, della quale diversi dei suoi protagonisti sono stati beatificati da Benedetto XVI e altri canonizzati da Giovanni Paolo II.
Nell’auditorium dell’Istituto Patristico Augustinianum – di fronte alla colonnata del Bernini a Piazza San Pietro – gli invitati, quasi tutti giornalisti o rappresentanti del mondo della comunicazione e dello spettacolo,  hanno partecipato all’anteprima del colossal messicano, nell’evento organizzato dall’agenzia H2O e presentato dal produttore messicano del film Pablo Josè Barroso.
Il produttore del film ha indicato ai presenti: “Questa domenica il Santo Padre celebrerà la messa nel monte Cubilete, dove c’è la statua di Cristo Re, centro geografico e spirituale del Messico”.
Questo significa, ha detto, “un riconoscimento ai nostri martiri che hanno lottato per la fede e libertà di religione”.
Il produttore ha ricordato che uno dei principali personaggi del film è un ragazzo, “il beato Josè Sànchez del Rio, che è stato martirizzato ad appena 14 anni e beatificato da Benedetto XVI, assieme con Anacleto Gonzàlez Flores, Miguel Gòmez Loza e i fratelli Vargas”.
“Voi gli vedrete in questo film – ha detto – e conoscerete la loro storia, come quella di Cristòbal Magallanes, interpretato da Peter O' Toole, e quella del padre Jose Maria Robles, canonizzato da Giovanni Paolo II.
Nel centro di Cubillete, dove 90 anni fa il delegato apostolico Ernesto Filippo era andato a consacrare la prima pietra del monumento a Cristo Re, fatto che gli costò la deportazione, “il papa celebrerà la Santa Messa con più di 400 mila persone”.
“Con Cristiada vogliamo che il mondo sappia e non dimentichi questi martiri che sono morte per Gesù, la sua fede e per difendere la sua libertà di religione. Sempre con le parole: Viva Cristo Rey y la Virgen de Guadalupe!”. E ha concluso chiedendo “l’appoggio di tutti voi e di tutti coloro che credono nella libertà per poter rimanere nei cinema”.
Il film sarà presentato nei cinema del Messico il 20 aprile, negli Stati Uniti il 1° giugno ed in settembre arriverà in Spagna.
È la produzione messicana più recente girata da tecnici e talenti del Paese azteca, in grado di competere con le migliori del mercato mondiale, interpretata da attori di fama mondiale come Andy Garcia, Peter O’Toole. Il registra è Dean Wright, i cui effetti speciali sono famosi nei film come Titanic, Il Signore degli Anelli e Le cronache di Narnia. È stato scritto da Michael Love, basandosi su fatti storici, ed è stato girata in inglese.
“È stata più che una coincidenza, direi una Dioincidenza -. ha detto Barroso a Zenit -. Questo film lo abbiamo pianificato tre anni fa. Chi ne avrebbe pensato che il Papa sarebbe andato in Messico e, per di più, a Cubilete, dove celebrerà una messa. Tutto questo ci arriva dall’Alto”.
“Noi della Dos Corazones Film abbiamo realizzato altri tre film e ci accorgiamo che alla gente interessano le storie con valori positivi. Prima ne abbiamo fatto uno sulla storia della Madonna di Guadalupe, poi un altro sulla grande leggenda del Sole e, infine, uno chiamato El Gran Milagro, primo nella classifica del Messico per cinque settimane.
In realtà non volevo fare più film, ma quando Dio vuole qualcosa, questa avviene, ed è il più insistente di tutti. Lui ci ha ispirato e condotto, abbiamo trovato attori molto bravi, che hanno funzionato e il risultato lo possiamo vedere: ha superato le mie aspettative”.
I cristeros sono importante per il Messico e per tutto il nostro continente. Sono persone che si sono offerte per quello che credevano e grazie a loro, oggi, c’è libertà di religione in Messico, con un imminente viaggio del Papa.

La trama del film
Il film basandosi in fatti reali della guerra cristera, inizia  con i divieti del presidente Plutarco Calles. Una richiesta di un milione di firme presentata per protesta è rigettata dal governo: partono quindi una serie di intimidazioni, con fucilazioni di sacerdoti, messe interrotte dal’esercito e un crescendo di violenza che porta a molta gente semplice dei paesi a prendere le armi. I cattolici si dividono: alcuni si uniscono ai cristeros, altri no, molti servono la causa con le armi e l’appoggio logistico. Inizia anche un boicottaggio economico popolare evitando qualsiasi consumo.
Il film che racconta una guerra di tre anni, attraverso una serie di personaggi, ed è ricco di effetti speciali. Ricorda che non sono mancate brutalità come quando un treno viene attaccato dai cristeros con 51 vittime bruciate vive. I ribelli ricevono l’aiuto di un generale, Enrique Gorostieta, si disciplinano e la rivolta prende corpo. Mettono in seria difficoltà il governo di Calles e l’esercito federale, ma non accettano la mediazione di Roma per mettere fine al conflitto.
Il film è ricco di dettagli importanti che mostrano la trasformazione interiore dei personaggi, a partire dal generale Gorostienta, che accetta il comando per lottare per la libertà della religione anche se ostile alla Chiesa, ma il susseguirsi dei fatti preparano la sua conversione, nella quale è determinante il ruolo del giovane José Sanchez Del Rio, uno dei principali personaggi, assassinato dopo essere stato torturato per non aver rinnegato la sua fede e aver proclamato viva Cristo Re.

venerdì 2 marzo 2012

SULLA VIA DELLA CROCE (3)

3 giorno
I piedi di Giovanni

Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. (Gv 13, 21-30)

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa. (Gv 20, 1-10)


Meditazione “I piedi di Giovanni” (T. Bello)

Carissimi,
è proprio un arrampicarsi sugli specchi
voler trovare nei singoli beneficiari della lavanda dei piedi operata da Gesù,
la sera del giovedì santo,
altrettanti simboli delle diverse condizioni umane sulle quali egli,
per impegnarci in un servizio preferenziale di amore, ha inteso richiamare la nostra attenzione?

Ed è proprio fuori posto vedere in Giovanni l’emblema di quel mondo ad alto rischio che si chiama gioventù,
e che oggi, nonostante il grande parlare che se ne fa
e nonostante il timore non sempre reverenziale che esso incute,
tarda ancora a divenire il referente privilegiato della nostra diaconia ecclesiale?

Ed è proprio una forzatura concludere che il Maestro,
piegato sui piedi di Giovanni, il più giovane della compagnia,
è l’icona splendida di ciò che dovrebbe essere la Chiesa,
invitata dal quel gesto a considerare i giovani come “ultimi”,
non tanto perché ai gradini più bassi della scala cronologica della vita,
quanto perché ai livelli più insignificanti nelle graduatorie di coloro che contano?

Penso proprio di no.
Gesù ha espresso tenerezze verso quel mondo che ha sempre fatto fatica a farsi ascoltare.

La figlia di Giairo, il servo del centurione, l’ unigenito della vedova di Nain,
il giovane ricco il figliol prodigo…
sono indice di uno sbilanciamento del Signore nei confronti di coloro che,
pur essendo oggetto di invidia struggente,
hanno da sempre accusato un deficit pesantissimo in fatto di accoglienza.

Ma torniamo ai piedi di Giovanni.
Come motivo iconografico, ma anche come suggestione omiletica, non hanno avuto molto fortuna.
E dire che la mattina di Pasqua,
nella corsa verso il sepolcro,
si sono dimostrati di gran lunga più veloci di quelli di Pietro,
aggiudicandosi, a un palmo della tomba vuota,
la prima edizione del trofeo “fede, speranza e carità”.
Ma al di là dello scatto irresistibile del giovane sull'affanno impacciato del vecchio,
quei piedi non sono entrati nell'immaginario della gente.

La spiegazione è semplice:
la testa del discepolo ricurva sul petto del Maestro
ha distratto l'attenzione dal capo del Maestro chino sui piedi del discepolo.

Noi ci affanniamo, sì, a organizzare convegni per i giovani,
facciamo la vivisezione dei loro problemi su interminabili tavole rotonde,
li frastorniamo con l'abbaglio del meeting,
li mettiamo anche al centro dei programmi pastorali,
ma poi resta il sospetto che, sia pure a fin di bene, più che servili, ci si voglia servire di loro.
Perché diciamocelo con franchezza, i giovani rappresentano sempre un buon investimento.
Perché se sul piano economico il loro favore rende in termini di denaro,
sul piano religioso il loro consenso paga in termini di immagine.
Servire i giovani, invece, è tutt'altra cosa.
Significa considerarli poveri con cui giocare in perdita,
non potenziali ricchi da blandire furbescamente in anticipo.
Significa ascoltarli.
Deporre i panneggi del nostro insopportabile paternalismo.
Cingersi l'asciugatoio della discrezione per andare all'essenziale.
Far tintinnare nel catino le lacrime della condivisione,
e non quelle del disappunto per le nostre sicurezze predicatorie messe in crisi.
Asciugare i loro piedi, non come fossero la pròtesi dei nostri,
ma accettando con fiducia che percorrano altri sentieri,
imprevedibili, e comunque non tracciati da noi.
Significa far credito sul futuro,
senza garanzie e senza avalli.
Scommettere sull'inedito di un Dio che non invecchia.
Rinunciare alla pretesa di contenerne la fantasia.
Camminare in novità di vita verso quei cieli nuovi e quelle terre nuove
a cui si sono sempre diretti i piedi di Giovanni, l'apostolo dagli occhi di aquila,
che è morto ultracentenario senza essersi stancato di credere nell'amore.

Servire i giovani significa entrare con essi nell'orto degli ulivi,
senza addormentarsi sulla loro solitudine,
ma ascoltandone il respiro faticoso e sorvegliandone il sudore di sangue.

Significa seguire, sia pur da lontano, la loro via crucis e intuire, come il Cireneo ha fatto con Gesù, che anche quella dei giovani, abbracciata insieme, è una croce che salva.

Significa, soprattutto, essere certi che dopo i giorni dell'amarezza
c'è un'alba di risurrezione pure per loro.
E c'è anche una pentecoste.
La quale farà un rogo di tutte le scorie di peccato che invecchiano il mondo.
Saremo capaci di essere una chiesa così serva dei giovani,
da investire tutto sulla fragilità dei sogni?

* * *

I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. (Lc 2, 41-52)


Riflessione

  • Giovanni, il giovane tra gli apostoli, che morì ultracentenario. Il cammino sulla via della croce è segnato dal passaggio generazionale. Come avviene e quali sono le fatiche? “Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8)

  • Sappiamo ancora sognare o siamo schiacciati dagli eventi?

  • Rileggi le letture che sono state proposte e fa che parlino al tuo cuore.