domenica 22 dicembre 2013

IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)




Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
“Cristo Gesù … nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità”

Le prime due letture ci danno il contorno di ciò che liturgicamente sta per accadere: ci mettiamo in questa domenica nei panni di Giuseppe, lo sposo di Maria.

Il Vangelo di Matteo chiama Giuseppe "giusto". Qual'era il senso di tale parola per noi oggi e nell'epoca di Gesù?

Autori antichi come Giuseppe Flavio e Filone, affermano:
Per Giuseppe Flavio († 100 d.C., di origine ebraica), l'aggettivo/sostantivo "giusto" (greco : dikaios) non ha significato univoco : è colui che obbedisce ai comandi di Dio, è l'uomo di fede, l'uomo retto che sta al suo posto e agisce come deve secondo la volontà di Dio, è l'uomo di carattere, fedele alle divine prescrizioni. Sulla scia degli accostamenti dell'ambiente ellenistico, lo avvicina a parole che esprimono la bontà. Potremmo dire che è l’uomo buono che vive della bontà di Dio.

Per Filone di Alessandria detto l’Ebreo († 45 d.C.), il giusto è il vero sostegno del genere umano, nel quale si trova per sanare le infermità di fronte alla folla degli ingiusti dopo essere giunto egli stesso alla giustizia che tutto risana. In questa filosofia si colloca il pensiero moderno, nato dopo l’Olocausto, per definire il Giusto tra le nazioni. Per Filone il giusto è il patriarca Abramo. Il giusto è Abramo, uomo che erge come sostegno perché in tutto in lui è sostenuto da Dio.

In questa pagina evangelica, giusto è una qualifica data a Giuseppe nel momento più critico della sua vita.
Giuseppe, sposa di Maria, qui emerge come giusto, perché?
In una lista di significati si possono includere i seguenti:

A) è giusto perché il suo comportamento non è vincolato alla legge - non è legalista, un fariseo – ma il suo comportamento è opera della fede (categoria tipicamente neotestamentaria, vedi San Paolo);

B) è giusto perché che tempera la giustizia o l’amministrazione con la misericordia, la pietà, la bontà; l'uomo dotato di ogni virtù (così è definito dai Padri della Chiesa);

C) è giusto perché nella sua condotta è fedele a Dio (abbinamento dell'ideale antico e neotestamentario: disposizione a separarsi da Maria e ad accettarla secondo la volontà di Dio);

D) è giusto perché conoscendo il mistero di Dio compiuto in Maria, è disposto a ritirarsi.

Giuseppe, "uomo giusto" e vero israelita, accoglie nella fede il progetto di Dio che sta prendendo forma in Maria. Non si tratta di una accettazione qualunque nella fede, ma di una accettazione nella fede messianica, il cui contenuto è indicato dall'angelo rivelatore (Mt 1, 20-21):
«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

La salvezza non passa secondo i miei progetti, ma nell’assecondare i progetti di bontà di Dio.
Così sembra insegnarci Giuseppe.
Tutto ciò che viene da Dio è buono, anche se non subito comprensibile: “Gesù è la manifestazione che Dio si è “schierato” una volta per tutte dalla parte dell’uomo, per salvarci, per risollevarci dalla polvere delle nostre miserie, delle nostre difficoltà, dei nostri peccati”. (Papa Francesco). Amen.

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