Lasciamo
il Lazio e ritorniamo in Veneto, nella provincia di Padova.
A
poca distanza dal centro di Curtarolo
(PD), dove, quasi lambito dalle
acque del fiume Brenta, sorge il rinomato Santuario
della Beata Vergine Maria di Tessara.
Il
primo documento che ci parla di Santa Maria di Non, in cui viene menzionata
anche Tessara, indicata come “villa” distinta e indipendente da S. Maria di
Non, risale al 1130.
Il
fatto è importante perché permette di stabilire come anticamante le due ville –
S. Maria di Non e Tessara – fossero distinte e indipendenti e forse divise tra
loro dal fiume Brenta, che un tempo formava una grande ansa scorrendo più a est
dell’attuale chiesa di Tessara. Il toponimo Tessara deriverebbe da “taxus”
(anticamente si chiamava Taxare) e starebbe ad indicare una località boscosa
dove si trovavano con abbondanza piante di tasso. Non è possibile conoscere,
causa la scarsezza e l’aridità dei documenti dell’epoca, la data esatta
d’inizio della costruzione della Chiesa di Tessara, avente per titolare
Sant’Egidio, e pare, anticamente, sorta su un monastero benedettino, del sec.
XIII, distrutto dal tiranno Ezzelino da Romano.
Nel
1506, su intervento del Cardinale veneziano Pietro Bembo, papa Giulio II diede la
chiesa in patronato alle monache Benedettine di Santa Croce della Giudecca a
Venezia, che così acquisirono il diritto di eleggere il Rettore. Nella seconda
metà del 1500 la chiesa di Sant’Egidio fu abbandonata, forse per incuria o forse
perché con poca rendita. La chiesetta, resa ormai addirittura inagibile,
necessitava di urgenti e radicali restauri. Così nella sua visita pastorale del
15 marzo 1602 il vescovo di Padova, Marco Cornaro, ordinò perentoriamente per
quel Santuario, ormai in sfacelo, diversi lavori, fra cui una nicchia nel lato nord,
da coprirsi con un velo di seta, per collocarvi la statua della Madonna che era
sull’altare e dispose che al suo posto fosse collocata l’immagine di Sant’Egidio,
il vero originario protettore della chiesa. Malgrado queste severe disposizioni
i lavori non furono eseguiti celermente, tanto che nella sua visita del 1614 il
vescovo Cornaro, constatato che poco era stato fatto e anzi il tetto sopra
l’altare era rotto e aperto, ordinò immediatamente l’interdizione della chiesa finché
questa non fosse stata rimessa in ordine. I lavori furono allora ripresi e
portati a termine con esclusione però dello spostamento della statua della
Madonna: ciò per evitare la protesta dei fedeli. Evidentemente il culto della
Madonna di Tessara fu inizialmente dovuto alla spontaneità popolare, ma tardò
ad essere riconosciuto dalle autorità religiose. Ed è grazie a questo culto
mariano che la chiesa di Tessara ritrovò nel secolo XVII un nuovo impulso di
fede e di partecipazione da parte di numerosi devoti, tanto che si ritenne
conveniente e doveroso procedere ad ulteriori lavori di manutenzione e di
abbellimento di quel luogo sacro. Lo stesso Santo vescovo di Padova, Gregorio
Barbarigo, il 12 ottobre 1669 raccomandava al Parroco di S. Maria di Non una
maggiore cura della chiesa di Sant’Egidio e, nell’affidargli la piena custodia
di questo Santuario, gli ordinava l’acquisto della pietra sacra e la messa in
opera delle finestre con vetri.
Circa
un secolo più avanti, dopo la costruzione del campanile, il rettore Pietro
Alberti ordinava, precisamente nel 1784, tre campane. Delle campane originarie
ne esiste ora una soltanto, che porta la seguente scritta “Virgo advocata
nostra defende a malis omnibus” “O Vergine, avvocata nostra, difendici da ogni
male”.
Sancta Maria, Auxilium Christianorum,
ora pro nobis
Preghiamo per la Chiesa
Preghiamo per la Comunità Pastorale “Epifania
del Signore”
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