domenica 20 ottobre 2013

DEDICAZIONE DEL DUOMO DI MILANO (Anno C)




“Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo”

Qual è lo scopo di una vita cristiana? È conoscere Dio e Suo Figlio Gesù Cristo e portare frutti. Cosa dice la Parola di Dio a tal proposito?

Giovanni 15, 16
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda.

Romani 7, 4
Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla Legge per appartenere a un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinché noi portiamo frutti per Dio.

Matteo 13, 23
Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno.


Giovanni 15, 8
In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Qual è il frutto da portare, i frutti?

Volendo usare parole semplici, direi che il frutto è una vita cambiata, una vita incentrata su Cristo, una vita in cui non siamo più noi che viviamo, ma è Cristo che vive in noi. Facciamo ancora aiutare dalla Parola di Dio:

Galati 5, 22-23
Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge.

In che senso non c’è Legge? Teresa d’Avila insegna che la vita cristiana è relazione personale con Gesù, che culmina nell'unione con Lui per grazia, per amore e per imitazione.

Efesini 2, 10
Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.

Ci ricorda il nostro Cardinale Arcivescovo:
"Noi non siamo uomini e donne isolati gli uni dagli altri, ma viviamo, fin dall’istante del nostro concepimento, in relazione. Ebbene, Dio ha voluto entrare nella storia come uno di noi e cambiare la vita degli uomini attraverso una trama di relazioni nata dall’incontro con Lui". (Card. Scola)

1 Pietro 4, 7-11
La fine di tutte le cose è vicina. Siate dunque moderati e sobri, per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l'ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare. Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l'energia ricevuta da Dio, perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo …

“L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”.



Filippesi 1, 9-11
E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.

La preghiera come atto amoroso tra la creatura e il Creatore, afferma Teresa d’Avila: pregare “significa frequentare con amicizia, poiché frequentiamo a tu per tu Colui che sappiamo che ci ama” (Vita 8, 5) .

Abbiamo ascoltato nel canto al Vangelo:

“Santo è il tempio di Dio, campo che Egli coltiva”

Poiché noi "coltiviamo" Dio ma Dio coltiva noi. Noi però non "coltiviamo" Dio in modo da renderlo migliore col "coltivarlo". Noi infatti lo "coltiviamo" adorandolo, non arandolo. Egli invece coltiva noi come coltiva il campo l'agricoltore. Per il fatto dunque ch'egli ci coltiva, ci rende migliori, poiché anche l'agricoltore rende migliore il campo coltivandolo, e cerca in noi proprio il frutto affinché noi lo coltiviamo. La sua opera di coltivatore nei nostri riguardi consiste nel fatto che non cessa d'estirpare con la sua parola dal nostro cuore i germi del male, di aprire il nostro cuore, per così dire, con l'aratro della parola, di piantarvi i semi dei precetti e d'aspettare il frutto della vita di fede. Quando avremo ricevuto nel nostro cuore quest'azione di Dio che ci coltiva in modo che gli rendiamo il giusto culto, non risulteremo ingrati al nostro agricoltore, ma gli offriremo il frutto del quale egli sarà contento. Il nostro frutto però non renderà lui più ricco, ma renderà noi più felici.

Mi son dunque prefisso di dimostrarvi che anche Dio "coltiva" noi; ma l'ho già detto: ci "coltiva" come un campo al fine di renderci migliori. È il Signore che nel Vangelo dice: Io sono la vite e voi siete i tralci. Mio Padre è l'agricoltore. (S. Agostino, Disc. 7)

“Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene”.

A chi assomiglia dunque il costruttore accorto? Certamente a colui che prima ha messo se stesso in una posizione salda sul comandamento dell’Amore: ecco la roccia!
Un uomo edificato dal comandamento dell’Amore è un edificio su una roccia.
Ma quale altro effetto hanno invece i venti e gli acquazzoni sull’edificio che era stato costruito
Ogni causa ha il suo effetto. Come ogni albero si riconosce dal suo frutto. Guardiamo alle nostre azioni e si rivelerà ai nostri occhi di che pasta siamo fatti.

“il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, (ci) renda perfetti in ogni bene, perché possia(mo) compiere la sua volontà, operando in (noi) ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen”.

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