domenica 12 maggio 2013

ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO C)





La solennità dell’Ascensione di Cristo è uno degli eventi della vita di Gesù più amati dalla storia dell’arte. Numerose sono, infatti, le sublimi rappresentazioni artistiche di questo mistero; una particolarmente bella si trova nella cappella degli Scrovegni a Padova, dipinta da Giotto.

Qui Giotto dipinge Gesù mentre ascende al cielo, tra due schiere di angeli, una alla sua destra e l’altra alla sua sinistra; questi angeli risultano come trepidanti, in movimento ordinato e nel contempo ondulatorio, che trova rispondenza nelle parole di Jacopo da Varazze: «salì al cielo con letizia, fra il giubilo degli angeli; per questo dice il Salmo: “Ascende Iddio fra le acclamazioni” (Sal 46,6)», lo stesso Salmo che abbiamo pregato oggi.
Ma dove ascende e perche? Scrive Jacopo da Varazze: «Infatti come il Primo Adamo aprì le porte dell’Inferno così il Secondo aprì quelle del Paradiso […] L’ascensione di Cristo è il pegno della nostra ascesa; perché là dove è salito il capo c’è speranza che possa salire anche il corpo […] “Vado a preparare un posto per voi” (Gv 14,2)», dirà Gesù nel Vangelo di Giovanni.

A tal proposito affermava papa Benedetto XVI, nella Solennità dell’Ascensione del 2009: «L’Ascensione di Cristo significa dunque, in primo luogo, l'insediamento del Figlio dell'uomo crocifisso e risorto nella regalità di Dio sul mondo … C’è però un senso più profondo non percepibile immediatamente. Nella pagina degli Atti degli Apostoli si dice dapprima che Gesù fu “elevato in alto” (v. 9), e dopo si aggiunge che “è stato assunto” (v. 11). L'evento è descritto non come un viaggio verso l'alto, bensì come un’azione della potenza di Dio, che introduce Gesù nello spazio della prossimità divina.

La presenza della nuvola che “lo sottrasse ai loro occhi” (v. 9), richiama un'antichissima immagine della teologia veterotestamentaria, ed inserisce il racconto dell'Ascensione nella storia di Dio con Israele, dalla nube del Sinai e sopra la tenda dell'alleanza del deserto, fino alla nube luminosa sul monte della Trasfigurazione. Presentare il Signore avvolto nella nube evoca in definitiva il medesimo mistero espresso dal simbolismo del “sedere alla destra di Dio”.

In Cristo asceso al cielo, l’essere umano è entrato in modo inaudito e nuovo nell'intimità di Dio; l'uomo trova ormai per sempre spazio in Dio. Il “cielo”, questa parola cielo, non indica un luogo sopra le stelle, ma qualcosa di molto più ardito e sublime: indica Cristo stesso, la Persona divina che accoglie pienamente e per sempre l’umanità, Colui nel quale Dio e uomo sono per sempre inseparabilmente uniti. L’essere dell’uomo in Dio, questo è il cielo. E noi ci avviciniamo al cielo, anzi, entriamo nel cielo, nella misura in cui ci avviciniamo a Gesù ed entriamo in comunione con Lui. Pertanto, l'odierna solennità dell’Ascensione ci invita a una comunione profonda con Gesù morto e risorto, invisibilmente presente nella vita di ognuno di noi»

Come è stato glorificato il corpo del Capo, così sarà glorificato il corpo della membra.
Il compimento della nostra vita è partecipare della gloria di Gesù asceso al cielo.
Siamo così invitati a vivere con il nostro corpo – nella sua dimensione più strettamente fisica – una vita che indica la gloria di Dio “poiché abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato”.
Ed allora “manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso”. Ci ha esortato la II lettura dalla lettera agli Ebrei.
Qual è la nostra speranza? Qual è la sua promessa?
Dice Gesù in San Giovanni: “Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”. (Gv 14,3).
Ed allora incamminati in questa speranza e in questa promessa, come testimoni del Crocifisso risorto e sorretti dallo Spirito santo che “insegnerà” e “ricorderà” ogni cosa, percorriamo le strade del mondo manifestando la sua gloria in attesa, senza timore e trepidazione … «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?» … trasformando i nostri pensieri nei suoi, del compimento del Regno.

Concludo con un pensiero di Antonio Primaldo, capo fila dei martiri idruntini che papa Francesco ha canonizzato oggi con i suoi 812 compagni:

«Noi crediamo in Gesù Cristo, Figlio di Dio; e per Gesù Cristo siamo pronti a morire. Fratelli miei fino ad oggi abbiamo combattuto per defensione della patria e salvare la vita e per li signori nostri temporali; ora è tempo che combattiamo per salvare l’anime nostre, per il nostro Signore, quale essendo morto per noi in croce conviene che noi moriamo per esso, stando saldi e costanti nella fede» Amen.

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