Gesù ci invita: “V enite a me, voi tutti”.
Egli si propone come la misura per la vita.
Non impone solo delle leggi da osservare ma egli stesso di sottomette alla legge per essere egli stesso la legge.
Ecco perché egli può dire “imparate da me”.
La misura del suo giogo è l’amore umile e mite (cioè obbediente alla volontà del Padre): questo lo rende dolce e leggero, perché l’amore obbediente è sempre un giogo leggero e mai un’oppressione che stanca e sfianca.
Gesù non vuole schiacciarci: non si aspetta che noi ci trasformiamo dall’oggi al domani, ma che noi siamo pronti a imparare da lui qualche cosa.
È questo il passo dell’evangelizzazione che penetra pian piano in noi e attraverso di noi nella nostra cultura e società.
L'apparizione del dicembre 1531, della "Morenita" all'indio Juan Diego, a Guadalupe, in Messico, è un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. L'evento guadalupano fu un caso di “inculturazione” miracolosa: meditare su questo evento significa oggi porsi alla scuola di Maria, maestra di umanità e di fede, annunciatrice e serva della Parola, che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l'immagine misteriosa sulla tilma del veggente messicano.
La Dolce Signora che si manifestò sul Tepeyac non vi apparve come una straniera. Ella infatti si presenta come una meticcia o morenita, indossa una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, che nella cultura india denotavano le donne gravide. È una Madonna dal volto nobile, di colore bruno, mani giunte, vestito roseo, bordato di fiori. Un manto azzurro mare, trapuntato di stelle dorate, copre il suo capo e le scende fino ai piedi, che poggiano sulla luna. Alle sue spalle il sole risplende sul fondo con i suoi cento raggi.
Alla scuola di Maria, “stella dell’evangelizzazione dei popoli e sostegno dei poveri”, viviamo il nostro cammino di adesione a Cristo: portando il suo giogo con umiltà e mitezza di cuore.
Amen.
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