domenica 17 giugno 2012

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)





“Ci sforziamo di essere a lui graditi” (2 Cor 5)

Mi domando: cosa vuol dire essere graditi al Signore?
La nostra vita è un cammino: elevare la nostra umanità alla divinità, conformarla al mistero trinitario in forza di Cristo che si fa cibo per il nostro cammino, ma come io posso riscrivere in me tutto ciò?

Scrive il Dottore della Chiesa, Teresa di Lisieux:

“Voi lo sapete, madre mia, che ho sempre desiderato essere una santa; ma ahimé! Ho sempre constatato, nel paragonarmi ai santi, che vi è tra loro e me la stessa differenza che esiste tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli e il granello di sabbia calpestato dai piedi dei passanti.
Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: Il buon Dio non saprebbe ispirare desideri irrealizzabili; posso quindi, malgrado la mia piccolezza, aspirare alla santità. Diventare più grande è impossibile; devo sopportarmi quale sono con tutte le mie imperfezioni. Ma voglio trovare il modo di salire al cielo attraverso una piccola via diritta, corta, una piccola via nuova. Noi siamo in un secolo di invenzioni; ora non è più il caso di salire i gradini di una scala; nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce con vantaggio. Io vorrei trovare l'ascensore per elevarmi fino a Gesù, poiché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione.
Allora ho cercato nei libri santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio; e ho letto queste parole uscite dalla bocca della saggezza eterna: "Chi è inesperto, corra qui!" (Pr 9,4). Allora sono venuta, capendo che avevo trovato ciò che cercavo. E volendo sapere, o mio Dio, che cosa farete agli inesperti che risponderanno alla vostra chiamata, ho continuato le mie ricerche, ed ecco che ho trovato: "Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; vi porterò in braccio e vi accarezzerò sulle ginocchia" (Is 66,13).
Ah! Mai parole più tenere, più melodiose sono venute a far gioire la mia anima; sono le vostre braccia, o Gesù, l'ascensore che deve portarmi fino al cielo. Io non ho bisogno di diventare più grande; al contrario, bisogna che io resti piccola, che lo diventi sempre di più.
O mio Dio, voi avete superato la mia attesa! Voglio cantare la vostra misericordia”.

Anche noi come Teresina cerchiamo nei “libri santi”.
Nella II lettura, Paolo ai Corinzi, ci esorta alla fiducia perché noi portiamo la zavorra del corpo o meglio il corpo è segno della nostra fragilità umana che con fatica si sforza a elevarsi alla divinità.

Ecco allora l’immagine dell’esilio del corpo: abbandonare la carnalità, come strada che allontana dal divino, per “abitare presso il Signore”.

Tutto questo ci sembra impossibile, ma la I lettura (Ezechiele) e il Vangelo, ci danno la speranza.

Ezechiele ci esorta nel confidare nel Signore, egli parla e compie la trasformazione, perché egli è dalla nostra parte: egli tifa per noi!
Come direbbe Teresina: “Il buon Dio non saprebbe ispirare desideri irrealizzabili”
Egli infatti innalza l’albero basso: cioè, Egli è consapevole della nostra bassezza (però in questa bassezza, l’umanità, Egli si è fatto visibile) per elevarci alla sua altezza. Egli attende e pazienta, se con umiltà camminiamo verso di Lui.
Facciamoci “coltivare” dal Signore così come il profeta ci racconta.

Passiamo ora al Vangelo:
«Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

C’è un seme buono che cresce in noi!
È il seme della vita che il Cristo ha piantato in forza della sua Pasqua: un seme se pur piccolo “come un granello di senape” ma seme di speranza.

La nostra vita cristiana, la nostra fatica di essere di Cristo, l’avvento del Regno di Dio sono dentro questa piccola speranza ma che “cresce e diventa più grande”.
Sii perché dice il profeta Ezechiele “Io, il Signore, ho parlato e lo farò”. Assecondiamo la sua parola e tutto si compirà… perché alla fine diremo: grazie Signore “è arrivata la mietitura”!

Concludo con un pensiero del Santo di Padova:
“Bassa è la porta del Cielo: chi vuole entrarvi è necessario che si abbassi”. (Sant'Antonio)

Rimaniamo bambini in Dio, per essere uomini maturi secondo il Cuore di Cristo per essere segni del Regno di Dio!

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