domenica 30 gennaio 2011

Faustæ e Probi - i due corpi santi venerati a Walderbach



Introduzione

La vita cristiana è segnata dal dono della Spirito Santo il quale, parlando in noi, ci fa riconoscere Dio come Padre. Lo Spirito di Gesù è il dono che se accolto dalla nostra libertà, legandoci a Cristo, ci lega al suo destino: la santità. Infatti dice la preghiera Eucaristica III: " Padre santo fonte di ogni santità», è il Padre che in Cristo per opera dello Spirito, accolto dalla nostra libertà, ci santifica. Così ognuno di noi potrà dire come l’apostolo Paolo: «Per la grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana».

Lo Spirito Santo, la grazia di Dio, è concesso a tutti, è dono gratuito di Dio, è dono uguale per tutti, perché è uno e indivisibile. Ciò che crea diversità è soltanto causato dalla risposta della libertà di ciascuno. È qui solo che c’è differenza tra noi tutti e i Santi.

La Chiesa, secondo la sua Tradizione, venera i Santi e tiene in onore le loro Reliquie e le loro immagini; nelle feste dei Santi proclama le meraviglie di Cristo nei suoi Servi e propone ai fedeli esempi da imitare.

I primi Santi venerati nella Chiesa sono i Martiri (= testimoni): quegli uomini e quelle donne che sparsero il loro sangue per restare fedeli a Cristo che per tutti aveva sacrificato la sua vita sulla croce. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici».

Gesù aveva preannunciato le persecuzioni per i suoi discepoli: «Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi... Sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro ed ai pagani. E quando sarete consegnati nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire: non siete, infatti, voi a parlare, ma lo Spirito del Padre che parla per voi».

La storia della Chiesa, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, dall’età apostolica ai giorni nostri, è stata segnata dalla testimonianza di innumerevoli cristiani che sono stati arrestati, torturati ed uccisi in odio a Cristo. Il martirio è sempre stato ritenuto dai cristiani un dono, una grazia, un privilegio, la pienezza del Battesimo, perché si è «battezzati nelle morte di Cristo». Il Concilio Vaticano II così insegna: « Già fin dai primi tempi quindi, alcuni cristiani sono stati chiamati, e altri lo saranno sempre, a rendere questa massima testimonianza d'amore davanti agli uomini, e specialmente davanti ai persecutori. Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Ché se a pochi è concesso, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa. » (LG 42).


I “corpi santi”

Il culto delle reliquie, derivante dalle onoranze per i defunti, è oggi raccomandato ma non imposto dalla Chiesa. Il Concilio di Trento nella sua venticinquesima sessione lo emendò dagli eccessi e il Concilio Vaticano II così si espresse: " La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare. ". (SC. 111)
Un avvenimento segnò un’epoca e una moda, se così possiamo dire. Nelle catacombe solo nel XVI secolo, grazie anche all'interesse suscitato da San Filippo Neri, vennero riprese le ricerche di reliquie. Si riesumarono "corpi santi", "martiri inventi" che venivano trasferiti nelle chiese della città. Il ritrovamento nei loculi di semplici balsamari o d'epitaffi recanti simboli di fede erano sufficienti, per la metodica dell'epoca, come prova dell'avvenuto martirio. L’esperienza romana fu poi applicata anche in altri luoghi dove esistevano catacombe.
Con il termine di “corpo santo” si identificano quelle reliquie ossee che, proveniente dalle catacombe romane e non solo, furono traslate nell’Urbe e nell’Orbe, in un periodo comprese tra la fine del XVI secolo e la seconda metà del XIX secolo.

Perché “corpo santo” e non “santo corpo”? La differente posizione dell’attributo (santo) rispetto all’oggetto (corpo) determina una differenza sostanziale: possiamo definirla una certezza d’identità del soggetto. Il “corpo santo” è un oggetto in quanto tale, un corpo di un defunto nelle catacombe, che solo in un secondo tempo ha una valenza sacrale.
Ma come riconoscere un “corpo santo” nelle catacombe? Tutte le sepolture erano di “martiri”? È un discorso molto grande che lasciamo ad altri studi, qui vogliamo solo rifarci a Marcantonio Boldetti (famoso custode pontificio e incaricato per l’estrazione dei corpi dalle catacombe), il quale dava per certe le spoglie scoperte attribuendole ad un martire dei primi tre secoli. La simbologia che definiva la sepoltura di un martire era: la palma, il XP, la scritta B.M. (“Beato Martire”), e poi nel suo interno un balsamario con “il sangue”. Spesso la lapide riportava il nome del “martire”, in caso contrario dopo l’estrazione veniva attributo un nome e i criteri di rinomina dei “corpi santi” è molto vario (ad esempio il nome del…. vescovo diocesano o pontefice in carica; titolare della Chiesa che accoglie il corpo; della catacomba da cui è estratto; eccetera).
Ciò che importa, oggi come oggi, è la valenza simbolica del “corpo santo”: un cristiano della Chiesa dei primi secoli (spesso dell’Urbe e quindi la comunione con la Santa Sede), un testimone verace del Vangelo, fino al dono della propria vita con il martirio.

Infine, il culto dei “corpi santi” è oggi vario: in oblio e le reliquie scomparse; molto vivo o addirittura vivace essendo il “martire” patrono di qualche località.




Faustæ e Probi: i due “corpi santi” venerati a Walderbach

Nello specifico dei “corpi santi” di Walderbach cosa possiamo dire?

In primis: non ci sono pervenute notizie specifiche al riguardo. La chiesa di Walderbach è certo essere chiesa monastica dell’Ordine Cistercense tra il 1143 e il 1803. Certamente è da attribuire ai monaci cistercensi l’arrivo delle reliquie dei Martiri dalle catacombe romani (suppongo!). Dal 1808 la chiesa è divenuta chiesa parrocchiale della cittadina di Walderbach.

Le due sante reliquie sono conservate negli altari laterali e sono i primi altari guardando l’altare maggiore: a destra è il martire Probo e a sinistra la martire Fausta. Questo dice l’importa di collocazione rispetto all’altare dove è conservato la presenza reale di Cristo: il SS. Sacramento.

Essi sono infatti un segno della sequela christi, il martirio come via della fedeltà coraggiosa dell’adesione al messaggio cristiano.

Esisto altri “corpi santi” venerati in Italia che portano l’omonimo nome, ma che nulla hanno a che vedere con le reliquie suddette:

o Fasta (Fausta) – chiesa San Antonio – Calandra (MT)
o Fausta – santuario Madonna della Neve – Frosinone
o Martiri (Carissima, Venerando, Leto, Vittorio e Probo) – cappella di San Giorgio presso Santuario delle Sette Chiese – Monselice (PD)
o Probo – cappella padronale di – Carnate (MI) - XVII secolo
o Probo – Certosa – Padula (SA)
o Probo – parrocchia Santi Pietro e Paolo – Monasterolo (CN) - II dom./10.

Cosa dire ancora? Il “corpo santo” di Fausta e Probo è un bell’esempio di come nostri padri ci educavano, in modo chiaro e visibile, ai valori che devo muovere il mondo, in una parola dopo quando detto: Cristo e il suo Vangelo!

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