martedì 18 settembre 2012

Un "fratel Asino" dalla profonda sapienza teologica

di Pietro Barbini
FONTE 18 settembre 2012 (ZENIT.org)





Nel 2003 cadeva il IV centenario della nascita di San Giuseppe da Copertino, del quale oggi si festeggia la memoria liturgica.
In questo santo “risplende la sapienza dei piccoli e lo spirito delle Beatitudini evangeliche”, colui che ci “indica la strada che conduce all’autentica gioia, pur in mezzo a fatiche e tribolazioni”, “una gioia che viene dall’alto e nasce dall’amore per Dio e per i fratelli”: queste furono le parole che in quell’occasione pronunciò il beato Giovanni Paolo II. Mai parole furono più adatte per descrivere la vita del Santo pugliese che ancor oggi contagia del suo amore chi ne viene a contatto.
Nato da una famiglia dalle umili origini, il 17 giugno 1603, Giuseppe Desa – questo il suo nome anagrafico - a 25 anni fu ordinato sacerdote e accolto nell’ordine dei Frati Minori Conventuali di Puglia. Amore, semplicità, umiltà e sacrificio contraddistinsero la vita di questo frate che trascorreva le sue giornate tra incessanti preghiere e lunghe meditazioni. Qualsiasi compito svolgesse il suo sguardo era sempre rivolto al cielo ed ogni sua azione mirava al conseguimento delle virtù celesti.


San Giuseppe da Copertino è noto ai più per le frequenti estasi che lo portavano a lievitare da terra, rimanendo sollevato anche per lungo tempo; per questo fu accusato di messianismo e sottoposto al tribunale dell’inquisizione che lo ritenne poi innocente, ma, per una sorta di prudenza da parte dei suoi superiori, fu allontanato dal suo ordine per circa vent’anni e trasferito prima ad Assisi, poi nel Convento dei Capuccini di Pietrarubbia ed infine Fossombrone.
Solamente nel 1657 poté tornare all’interno del suo ordine, vivendo serenamente gli ultimi anni della sua vita nel convento di Osimo, dove morì e dove tuttora viene conservato il suo corpo all’interno di una teca. San Giuseppe da Copertino ebbe una vita semplice, ma non facile, ed anche il saio, come si suol dire, dovette conquistarselo con molta fatica.




Diventare sacerdote, allora come oggi, richiedeva il possesso di un’adeguata istruzione che il futuro santo assolutamente non aveva (gli agiografi raccontano che non era proprio portato per lo studio), anche a causa di una malattia che lo costrinse ad abbandonare gli studi, appena cominciati, a soli sette anni (la sua guarigione, all’età di 15 anni, fu attribuita alla Madonna delle Grazie di Galatone, alla quale rimarrà devoto per tutta la vita); fu proprio in questo periodo che nel cuore di Giuseppe si instaurò il desiderio di consacrare la sua vita a Cristo, servendolo come sacerdote francescano.
La mancanza d’istruzione, comunque, non intimidì il giovane Giuseppe nel rispondere alla “chiamata” di Dio e con molta umiltà, impegno ed estenuanti ore di studio, coadiuvato dallo zio, anch’egli frate francescano e noto teologo dell’epoca, riuscì a superare con successo tutti gli esami, grazie anche alle prodigiose intercessioni della Madonna, che Giuseppe pregava assiduamente. Si racconta, infatti, che, prima di sostenere l’esame per diventare diacono, la Madonna gli apparve in sogno consegnandogli il brano delle Sacre Scritture sul quale venne poi interrogato.
L’aneddoto più noto, invece, riferisce di come Giuseppe riuscì a passare l’ultimo difficile esame, prima di essere ordinato sacerdote, senza nemmeno essere interrogato, in quanto il Vescovo decise di promuovere tutti in massa dopo aver constatato la buona preparazione dei primi allievi; la cosa fu provvidenziale, visto che tutti conoscevano il programma alla perfezione, tranne Giuseppe. Per questi e molti altri fatti nel 1753, anno della sua beatificazione, gli studenti cattolici lo scelsero come loro Patrono.
È interessante notare che nonostante San Giuseppe da Copertino non fu mai un uomo di cultura, lui stesso usava definirsi “fratel Asino”, nel corso della sua vita si confrontò frequentemente con brillanti teologi, professori ed intellettuali, i quali rimanevano puntualmente colpiti dalle risposte di questo frate che, per quanto semplici, possedevano in sé una profonda sapienza teologica di un’efficacia senza pari. Non a caso moltissimi lo scelsero come maestro spirituale: principi, nobili, regnanti, sacerdoti, religiosi, cardinali, vescovi e addirittura papi, come Urbano VIII e Innocenzo X.
“San Giuseppe da Copertino incoraggia il mondo della cultura, in particolare della scuola, a fondare il sapere umano sulla sapienza di Dio”, disse Giovanni Paolo II, ricordando, con queste parole, che proprio questo amore per Dio e questa sua continua tensione verso il divino, portarono l’umile frate “illetterato” a comporre poesie, “parabole” e cantici, il più noto dei quali fu Il Cantico del bene, che nemmeno lui avrebbe mai sognato di scrivere.
San Giuseppe da Copertino, in sostanza, è la dimostrazione che a Dio nulla è impossibile. Un esempio di come il Signore possa realizzare cose considerate irrealizzabili e umanamente impensabili. La prova che se uno fa la volontà di Dio e si affida pienamente a Lui, non avrà nulla di che temere e che il Signore donerà la forza per affrontare qualsiasi tipo di “impresa”.


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