mercoledì 12 marzo 2014

Esercizi Spirituali di Quaresima 2014 (SECONDO GIORNO)





SECONDO giorno.
Il seme buono: Santa Marina o Marino vergine
Il campo è il mondo: la sessualità e la corporeità

“Ascoltate, figli, come disciplinare la bocca,
chi ne tiene conto non sarà colto in flagrante.
Il peccatore è vittima delle proprie labbra,
il maldicente e il superbo vi trovano inciampo.
Non abituare la bocca al giuramento,
non abituarti a proferire il nome del Santo.
Infatti, come un servo interrogato accuratamente
non mancherà di prendere lividure,
così chi giura e pronuncia il Nome di continuo
di certo non sarà esente da peccato.
Un uomo dai molti giuramenti accumula iniquità;
il flagello non si allontana dalla sua casa.
Se sbaglia, il suo peccato è su di lui;
se non ne tiene conto, pecca due volte.
Se giura il falso, non sarà giustificato,
e la sua casa si riempirà di sventure.
C'è un modo di parlare paragonabile alla morte:
che non si trovi nella discendenza di Giacobbe!
Da tutto questo infatti staranno lontano i pii,
così non si rotoleranno nei peccati.
Non abituare la tua bocca a grossolane volgarità,
in esse infatti c'è motivo di peccato.
Ricorda tuo padre e tua madre
quando siedi tra i grandi,
perché non lo dimentichi davanti a loro
e per abitudine non dica sciocchezze,
e non giunga a desiderare di non essere nato
e maledica il giorno della tua nascita.
Un uomo abituato a discorsi ingiuriosi
non si correggerà in tutta la sua vita.
Due tipi di persone moltiplicano i peccati,
e un terzo provoca l'ira:
una passione ardente come fuoco acceso
non si spegnerà finché non sia consumata;
un uomo impudico nel suo corpo
non desisterà finché il fuoco non lo divori;
per l'uomo impudico ogni pane è appetitoso,
non si stancherà finché non muoia.
L'uomo infedele al proprio letto
dice fra sé: «Chi mi vede?
C'è buio intorno a me e le mura mi nascondono;
nessuno mi vede, perché temere?
Dei miei peccati non si ricorderà l'Altissimo»” (Sir 23, 7 – 18)

Maldicenza e sessualità sono all’origine del dramma e della santità di Santa Marina, o Marino vergine.

Marina nacque in Bitinia, antica regione dell'Asia Minore, da genitori cristiani nel 725 circa. Dopo la morte della madre, il padre, di nome Eugenio, ancora addolorato per la perdita dell'amata moglie, decise di ritirarsi a vita monastica in Siria. Marina in cuor suo era molto triste per la lontananza dell'amato padre. Anche Eugenio soffriva molto. Allora un giorno, recatosi dall'abate, mediante un innocuo stratagemma, disse che a casa aveva un figlio, il quale aveva espresso ripetutamente il desiderio di poter entrare nel convento. L'abate, commosso, consentì ad Eugenio di poter portare il figlio. Eugenio allora partì e prese con sé la figlia. Marina entrò in convento con il nome di fra Marino, vestendosi da uomo, in quanto non era ammesso alle donne entrarvi. Non era difficile per Marina dissimulare il proprio sesso, il padre gli aveva tagliato i lunghi capelli, inoltre i frati vivevano in celle molto buie indossando un grande cappuccio che copriva il loro volto. Restò in monastero anche dopo la morte del padre, conducendo vita monastica e seguendo gli insegnamenti dell'amato padre.

Durante un lungo viaggio, per raccogliere provviste per il monastero – la questua - con alcuni confratelli passò la notte in una locanda. La figlia del locandiere, rimasta incinta di un soldato la notte stessa, accusò successivamente il "monaco Marino" del misfatto. I genitori della ragazza, infuriati, corsero al monastero e raccontarono tutto all'abate, che rimase allibito, non credendo per nulla alle accuse che venivano rivolte verso uno dei suoi frati. Marina - fra Marino - accusata ingiustamente, andò col pensiero a Dio e, invece di discolparsi, si autoaccusò di una colpa non sua. L'abate, addolorato, la cacciò immediatamente dal monastero e le fu affidato, subito dopo lo svezzamento, il bambino, che secondo la tradizione si chiamava Fortunato, e che allevò con mezzi di fortuna. Restò sempre nei dintorni del monastero facendo penitenza per una colpa che non aveva mai commesso ed elemosinando il poco cibo che serviva per il piccolo Fortunato.

Finalmente, dopo tre lunghi anni, dietro intercessione dei monaci, che mai avevano creduto all'accusa verso il confratello, l'abate riammise in monastero fra Marino, a condizione che si mettesse al completo servizio della comunità monastica. Ma troppo duri erano stati i sacrifici, tanto che avevano colpito il fisico di Marina. Poco tempo dopo, nel 740 circa, infatti morì. I monaci, mentre lo lavavano e vestivano, prima della sepoltura, fecero la sorprendente scoperta e capirono allora di quale grossa diffamazione fosse stata vittima e l'ammirarono per la sua grande rassegnazione. Grande fu la commozione dell'abate e dei confratelli davanti al corpo di Marina. La stessa figlia del locandiere, rimasta posseduta dal demonio dopo l'accaduto, corse al convento e santa Marina compì il suo primo grande miracolo, liberandola dal male.

Fu sepolta nel monastero, da dove il sacro corpo incorrotto fu trasferito dopo qualche tempo in Romania ed infine a Venezia, dove ancora oggi si venera nella Chiesa di Santa Maria Formosa.

Questa vicenda, molto curiosa, ci può portare a fare alcune riflessioni sul campo del mondo che è la sessualità e la corporeità. Un vasto campo. Ci soffermiamo su due tematiche molto gettonate sotto il pontificato di Papa Francesco: uso delle parole (maldicenza) e l’omosessualità.

Spesso il Santo Padre Francesco ha affrontato il tema della maldicenza nella Chiesa.
In quasi un anno di pontificato nei suoi discorsi “ufficiali” papa Francesco ha pronunciato molte parole. Parole che stanno cambiando e vogliono cambiare  l’alfabeto della Chiesa.
Ad esempio: il nome “Gesù”, nome proprio e familiare, è molto più usato del più teologico “Cristo”.

Quel che nettamente Francesco non vuole nella “sua” Chiesa sono le “chiacchiere”, parola che ritorna spesso e sempre con connotazione fortemente negativa. «Su “chiacchiere” e “lamentela” invece il Papa ritorna molto spesso, nella sua offensiva contro il “cattivo parlare”. Un’offensiva senza sconti, tra le più emblematiche del suo parlare, che tocca tutti i campi del vivere, dai vertici della Chiesa all’ambito domestico.

Sintomo di cattiveria: «La chiacchiera è uno “spellare” l’altro»; addirittura di sadismo: «non so perché c’è una gioia oscura nella chiacchiera»; sintomo anche di tradimento: «facendo di una persona un oggetto di chiacchiericcio, la si tratta come una mercanzia, viene venduto al mercato del pettegolezzo. Era accaduto anche a Gesù» (Santa Marta, 3 aprile).

La “chiacchiera” è nemica della virtù più bella della comunità la “mitezza” (altra preziosa notazione linguistica di Francesco), perché agisce sottobanco. Mina le relazioni, parlando non al diretto interessato, ma «a tutto il quartiere». È il vizio di immischiarsi nelle vite degli altri».

Ecco alcuni discorsi del Papa, su questo tema:

"Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell'altro, bastonare un po' l'altro, sono cose quotidiane, che capitano a tutti, anche a me, sono tentazioni del maligno"… "Sempre ci sono queste lotte". "E questa non è la vita nuova”… "che ci fa nascere in una vita nuova, ci fa miti, caritatevoli"… "la vita nuova che noi abbiamo ricevuto nel Battesimo".

"Se, con la grazia dello Spirito, riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo avanti" e "ci farà bene a tutti". "Lo Spirito porti la pace nelle comunità cristiane e insegni ai suoi membri ad essere miti, rinunciando a sparlare degli altri". (7 aprile 2013)

"Quanto si chiacchiera nella Chiesa. Quanto chiacchieriamo noi cristiano. La chiacchiera è proprio spellarsi? Farsi male l'uno all'altro. È come se volesse diminuire l'altro: invece di crescere io, faccio che l'altro sia più basso e mi sento grande. Quello non va. Sembra bello chiacchierare... non so perché, ma sembra bello. Come le caramelle di miele, no? Tu ne prendi una e poi un'altra, e alla fine ti viene il mal di pancia. E perché? La chiacchiera è così. È dolce all'inizio e poi ti rovina, ti rovina l'anima"… "Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa. È un po’ lo spirito di Caino: ammazzare il fratello, con la lingua; ammazzare il fratello"… "Su questa strada diventiamo cristiani di buone maniere e cattive abitudini". (19 maggio 2013)

«Noi siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi. Ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di uccidere il fratello e la sorella con la lingua!». «In questi giorni stiamo parlando tanto della pace, vediamo le vittime delle armi, ma bisogna pensare anche alle nostre armi quotidiane: la lingua, le chiacchiere, lo spettegolare». (2 settembre 2013).

Essere “buon seme”, vuol dire anche bandire dal mio quotidiano la chiacchiera che viene dal maligno, perché semina guerra nella Chiesa, nella famiglia e negli amici, corrode le vere relazioni, causando sospetto e distruzione. Ripensate alla drammatica vicenda di S. Marina!.

Una parentesi. “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”.

Dire il falso vuol dire costruire un mondo falso!
Quando eravamo piccoli ci insegnavano che non bisognava giurare! Perché?

Anzitutto il giuramento evidenzia una certa sfiducia tra le persone; si dubita dell’onestà e della sincerità altrui.
Per Gesù bisogna essere fraterni anche in questo e soprattutto essere sinceri nella carità.
Attenti! La menzogna si costruisce con molte parole, invece la sincerità chiede poche parole: “il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno”.


Altra tematica è l’omosessualità. Famosa è frase attribuita a Papa Francesco: “chi sono io per giudicare”
Ma in realtà il discorso del Santo Papa era molto più profondo; ascoltiamolo.

"Si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato nessuno che mi dia la carta d’identità, in Vaticano. Dicono che ce ne sono. Ma si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Le lobby, tutte, non sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore è una buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte". (Papa Francesco, 29 luglio 2013)

Cosa afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, citato dal Papa?

2357 - L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (Cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10), la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». (Persona humana, 8). Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.

2358 - Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.

2359 - Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.

Interessante questa conclusione! “avvicinarsi alla perfezione cristiana”: è cos’è? Il Concilio Vaticano II chiama perfezione cristiana la santità. Ricordo una bella affermazione di Papa Benedetto XVI: “La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua”. (Udienza generale, 13 aprile 2011). Anche un omosessuale è chiamato alla santità. Ci pensate!!

DOMANDE PER RIFLETTERE
* Maldicenza, lingua, chiacchiere, spettegolare: in che stato di perfezione cristiana sono?
* Mi sento parte di quelle persone che provano “una gioia oscura” nel fare maldicenza? Perché?
* Ho un senso di rispetto del mio prossimo, senza sospetti, fraterno e sincero nella carità?
* Omosessualità. Appartengo a quelli che su questo argomento sono ignoranti o “bevono” ciò che dice il pensiero forte comune della Tv o del sentito dire? Come mi comporterei se avessi un mio congiunto omosessuale? Il Catechismo dice: devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. Ricordiamocelo sempre!
* Mi informo per affrontare con intelligenza, carità e sapienza cristiana le sfide di questo mondo, non tanto per lottare contro il mondo ma per cambiarlo come un seme buono?


* * *
APPRONDIMENTO

A volte si sente dire: “La Chiesa accetta l’omosessualità come naturale e normale”, o “La Chiesa condanna gli omosessuali.” Per chiarire questa confusione e bene citare e commentare gli undici affermazioni di una lettera del 1986 intitolata “Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” (CDF).

1. L’unione amorosa e donatrice di vita

“La Chiesa … celebra nel sacramento del matrimonio il disegno divino dell’unione amorosa e donatrice di vita dell’uomo e della donna.” CDF Lettera, n. 7

Dio ha creato il sesso per due scopi congiunti: la felicità di un uomo e una donna uniti nell’amore coniugale e la felicità di una nuova vita che nasce da questa unione. Togliete uno dei due – ad esempio con l’adulterio, la prostituzione, masturbazione, sesso prematrimoniale o attività omosessuale – e l’attività sessuale diventa negativa e limitante, perché questi due obiettivi sono iscritti in noi. Siamo fatti fisicamente per amare e per generare nuova vita. Atti sessuali non conformi a questo disegno ci separano da una parte di noi stessi e da ciò che Dio vuole per noi; escludono e sopprimono una parte di ciò che il sesso è e parte di ciò che noi siamo.

2. Un disegno sessuale complementare

“Scegliere un’attività sessuale con una persona dello stesso sesso equivale ad annullare il ricco simbolismo e il significato, per non parlare dei fini, del disegno del Creatore a riguardo della realtà sessuale. L’attività omosessuale non esprime un’unione complementare, capace di trasmettere la vita…” CDF Lettera, n. 7

Il piano di Dio per noi è quello di partecipare al mistero del maschile e del femminile, percorrere la distanza tra i sessi e unirsi. L’omosessualità usa il sesso per qualcosa di diverso da ciò che il Creatore ha inteso. La natura dei nostri corpi non richiede complicati dati scientifici per dimostrare l’ovvio fatto che i nostri corpi non sono fatti per l’unione di persone dello stesso sesso. La Chiesa sta dicendo che neanche i nostri cuori lo sono e quindi non è buono per noi o per la nostra felicità e crescita a lungo termine. Dio ci ha creati fisicamente ed emotivamente per “l’unione complementare” e la procreazione.

3. L’inclinazione omosessuale è oggettivamente disordinata

“… la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata.” CDF Lettera, n. 3

Le attrazioni erotiche per persone dello stesso sesso possono sorgere per una serie di motivi che possono essere compresi, sia psicologicamente che emotivamente. A volte sono temporanee – soprattutto per gli adolescenti – ma per alcune persone, i sentimenti omosessuali sono profondamente radicati e difficili da superare. La Chiesa dice che non è un peccato avere tali attrazioni (soprattutto se l’elemento erotico non è alimentato volutamente), ma è un disordine oggettivo, un problema.

Può essere difficile capire che cosa sia un “disordine oggettivo”. Ciò significa che l’inclinazione verso un atto omosessuale indica che il desiderio stesso si sta muovendo nella direzione sbagliata, normalmente la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne ha un’attrazione naturale, data da Dio, verso l’unione fisica con una persona del sesso opposto. Questo è naturale e buono perché conduce la maggior parte delle persone al matrimonio, mentre l’attrazione per lo stesso sesso, sebbene non peccaminosa in se, finisce in un atto disordinato, se vi si acconsente.

Si potrebbe obiettare che un uomo che compie adulterio con una donna incorra in un atto disordinato, ma l’inclinazione a tale atto è considerata naturale sebbene mal indirizzata in circostanze ordinarie. Sotto la circostanza del matrimonio però questa inclinazione è buona perché porta ad un rafforzamento dell’unione tra uomo e donna ed alla procreazione di un figlio.

Le attrazioni erotiche per persone dello stesso sesso non portano ad un rafforzamento dell’unione tra uomo e donna, né alla procreazione di un figlio, perciò sono considerate oggettivamente disordinate, ma non peccato in sé e per sé.

4. Non è moralmente accettabile

“Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile. […] È solo nella relazione coniugale che l’uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto.” CDF Lettera, nn. 3 e 7

5. La Chiesa non chiama nessuno “omosessuale”

“La Chiesa … rifiuta di considerare la persona puramente come un «eterosessuale» o un «omosessuale» e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna.” CDF Lettera, n. 16

La Chiesa non mette un’etichetta su nessuno. Dire che qualcuno è “gay” o “lesbica” o un “omosessuale” è definire una persona nella sua interezza mediante un solo aspetto. Questo può paralizzare l’identità di una persona e bloccarne l’ulteriore crescita emotiva. Questo è proprio il tipo di etichettatura che genera il pregiudizio e la discriminazione. La Chiesa si oppone a ogni comportamento che definisce immorale, ma insegna sempre il sostegno ed il rispetto per la persona. Etichettare qualcuno significa limitarlo e mancargli di rispetto.

6. La Chiesa condanna la malizia violenta

“Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino.” CDF Lettera, n. 10

Alcune persone disprezzano coloro che lottano contro le attrazioni omosessuali. La Chiesa condanna ogni espressione di questo atteggiamento, per esempio: barzellette contro gay o lesbiche, attacco verbale e fisico, l’esclusione sociale, il rifiuto di amici o familiari, l’evitare il tema dell’omosessualità e così via. Questo comportamento è decisamente sbagliato. E’ ciò che la Chiesa chiama “peccato contro la carità.” Le persone che lottano con pulsioni omosessuali devono affrontare numerose sfide. Hanno bisogno di amore e d’incoraggiamento, non maltrattamenti.

7. Rispetto per ogni persona

“La dignità propria di ogni persona deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.” CDF Lettera, n. 10

Quando senti commenti offensivi su persone che lottano con l’omosessualità, la Chiesa dice: non tollerarlo. Prendi posizione. Quando un amico o un familiare ti confida che sperimenta attrazioni omosessuali, questo è il momento in cui la tua amicizia e risposta cristiana contano davvero. I buoni amici si correggono vicendevolmente, quindi puoi e devi dire quello che credi. Puoi continuare a mostrare sia l’amore cristiano che la fedeltà alla Verità, non importa quale decisione prendano.

8. Pressioni sulla Chiesa

“… oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all’interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali.” CDF Lettera, n. 8
Uno dei più difficili compiti della Chiesa è quello di dire la verità con amore e fronteggiare le idee ed i comportamenti auto-distruttivi di ogni società e spesso quelle società fanno opposizione. Il nostro “vero amore” cristiano insiste sul fatto che Dio ha in mente per noi più di quanto l’attività omosessuale potrà mai offrire. La nostra antica tradizione giudaico-cristiana sta subendo un forte attacco soprattutto in America. Ogni giovane cattolico si può aspettare di sentire queste pressioni -alcune anche da dissidenti all’interno della Chiesa, alcune da parte di insegnanti o consulenti, altrimenti rispettati. Se affermi apertamente la dottrina della Chiesa e chiedi ad un tuo amico di mettere in discussione il percorso “gay-positivo”, è molto probabile che tu venga etichettato come “omofobo”. Ci vuole coraggio per dire una verità impopolare, ma è un atto di vero amore. Riafferma il tuo amore al tuo amico e non cedere.

9. Persone generose e che fanno dono di se stesse

“L’attività omosessuale … contraddice la vocazione a un’esistenza vissuta in quella forma di auto-donazione che, secondo il Vangelo, è l’essenza stessa della vita cristiana. Ciò non significa che le persone omosessuali non siano spesso generose e non facciano dono di se stesse, ma quando si impegnano in un’attività omosessuale esse rafforzano al loro interno una inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall’autocompiacimento.” CDF Lettera, n. 7

Che cosa succede se i tuoi amici attivamente omosessuali sono comunque brave persone? La loro attività sessuale tuttavia contraddice la bontà e, per amicizia e amore di onestà, devi dire loro con chiarezza, almeno una volta, ciò in cui credi e perché. Detto questo puoi ancora riconoscere le altre buone qualità che vedi nei tuoi amici, come fa la Chiesa. Puoi tranquillamente essere presente per il tuo amico e dire come stanno le cose. Questa lealtà a volte è stata l’ancora di salvezza per persone che in fondo non volevano la vita e l’identità omosessuale, ma erano state convinte di non avere scelta in materia, perché non avevo mai sentito nessuno dire qualcosa di diverso.

10. Sempre e totalmente soggetto a coazione?

“Deve essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa.” CDF Lettera, n. 11

“Non riesco a smettere” è il grido del dipendente e significa che una persona sente che qualcosa d’estraneo ha preso possesso della sua libertà. Ma non tutte le forme di omosessualità sono compulsive, soprattutto all’inizio. Alcuni sperimentano il sesso omosessuale solo per vedere se gli piace. Tuttavia il sesso per puro piacere, spesso, porta alla dipendenza sessuale: tanto quello eterosessuale che omosessuale. La dottrina cattolica ci ricorda che il nostro libero arbitrio è un dono di Dio e tutto ciò che ci controlla è contrario agli scopi di Dio. Alcune persone che una volta erano attivamente omosessuali testimoniano che non gli ci volle poi molto per diventare profondamente dipendenti dal sesso gay o lesbico. Superare la dipendenza è stata una lotta molto difficile ma non impossibile.

11. Evitare l’attività omosessuale

“… lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l’attività omosessuale.” CDF Lettera, n. 11

Molte persone incontrano difficoltà nel tentativo di abbandonare una vita omosessuale terribilmente rischiosa. Quattro fattori sono necessari per il successo: la profonda convinzione che solo una vita casta è bene, un forte supporto da parte di altri, impegno personale totale e la fiducia in Dio. Molte persone riescono a ristabilire l’autocontrollo sessuale, ma sono felici? L’opinione popolare dice: “No!” immaginando un tormento senza fine per la repressione del desiderio. Chi ha superato il problema dice che non è così. Riferisce invece di una grande felicità e gratitudine verso Dio per essere stato finalmente liberato dal potere umiliante della lussuria. Il risultato è una maggiore fiducia in se stessi e la pace interiore.

FONTE:








lunedì 10 marzo 2014

Esercizi Spirituali di Quaresima 2014 (PRIMO GIORNO)





Esercizi Spirituali di Quaresima 2014
“Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno” (Mt 13,38)


* * *

Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti! (Mt 13, 36 – 43)

Noi siamo i figli del Regno, noi siamo il seme buono!
Questa è la forte affermazione dell’evangelista Matteo.
Io mi ritengo un seme buono nel campo del mondo?
Come si misura un seme buono?

Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all'ira. Infatti l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò liberatevi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.
Se qualcuno ritiene di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo. (Gc 1, 19 - 27)

Il seme buono è colui che ascolta e vive la Parola, e trova in questo la sua felicità!

La storia della Chiesa è ricca di uomini e donne felici di aver ascoltato e praticato la sapienza del Vangelo.

La loro felicità è ancora ricordata e commemorata.

In questi giorni ci faremo guidare da tre esempi e con essi cercheremo di guardare tre campi del mondo.

Primo giorno.
Il seme buono: Santi Cirillo monaco e Metodio vescovo
Il campo è il mondo: la nuova evangelizzazione

“Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola del Signore. Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono ricolmi di gelosia e con parole ingiuriose contrastavano le affermazioni di Paolo. Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: «Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore:

Io ti ho posto per essere luce delle genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della terra».

Nell'udire ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola del Signore, e tutti quelli che erano destinati alla vita eterna credettero. La parola del Signore si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le pie donne della nobiltà e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li cacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio. I discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo”. (At 13, 44 – 52)

Paolo e Bàrnaba, due fratelli nella fede, come sono due fratelli di sangue e di fede Cirillo e Metodio.
Nati a Tessalonica, uno dei luoghi evangelizzati dai Santi Apostoli, città a cui è indirizzata la lettera paolina ai Tessalonicesi.

Qui nacquero nel IX secolo. Cirillo morì a Roma il 14 febbraio 869; mentre Metodio, dopo la consacrazione episcopale, morì in Moravia il 6 aprile 885.

Il legame tra Paolo e Bàrnaba, delineato dal libro degli Atti, e Cirillo e Metodio è molto profondo.
Come Paolo e Bàrnaba, essi furono detti Apostoli, apostoli dei popoli slavi.

«Era necessario che fosse proclamata prima di tutto a voi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco: noi ci rivolgiamo ai pagani. Così infatti ci ha ordinato il Signore: “Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra”».

Cirillo e Metodio sono inviati dal Signore ad essere luce dei popoli slavi.
La opera missionaria ed evangelizzatrice è di grande importanza, non solo da un punto di vista religioso, ma anche culturalmente e socialmente. Essi diedero un’identità linguistica e scritturistica agli slavi. Infatti la scrittura dei popoli slavi si chiama tutt’oggi cirillica, da San Cirillo.

Un’invenzione importantissima. Pensate che essi anticiparono il Concilio Vaticano II, in cui si diede spazio liturgico alle lingue nazionali: essi ebbero il riconoscimento papale perché la lingua slava fosse lingua liturgica. Siamo nel IX secolo!

Tradussero in questa lingua la Scrittura e anche i testi della liturgia latina, per aprire ai nuovi popoli i tesori della parola di Dio e dei Sacramenti.
Quest’opera mi fa pensare ai nostri missionari che ancora oggi compiono quest’opera traducendo nelle lingue locali la Bibbia ed altro. Pensate a padre Giuseppe!

Quanto detto fin ora ci deve far riflettere. Sappiamo riproporre in modo adeguato, nell’oggi, il messaggio evangelico? Riusciamo a utilizzare gli strumenti contemporanei per porli a servizio del Regno di Dio?

Afferma papa Francesco:

"Fate conoscere Gesù al mondo della politica, degli affari, dell'arte, della scienza, della tecnologia e dei social media … Per favore pregate per me ne ho bisogno. Io prometto di pregare per voi, specialmente per la Nostra Madre la benedetta Vergine Maria, Stella della nuova Evangelizzazione". (18 ottobre 2013)

Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium” ci ricorda anche:

“Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda”. (n. 167)

Una sottolineatura. Non basta annunciare. L’annuncio deve sgorgare dal cuore.

Ma chi è l’apostolo di questi nuovi tempi? Il catechista che si cimenta in questa foresta mediatica e di nuove comunicazione? Cosa dobbiamo inventare?

Mi piace prendere come riferimento quello che disse il Santo Padre Francesco ai catechisti:

“guardandovi, mi chiedo: chi è il catechista? È colui che custodisce e alimenta la memoria di Dio; la custodisce in se stesso e la sa risvegliare negli altri. È bello questo: fare memoria di Dio, come la Vergine Maria che, davanti all’azione meravigliosa di Dio nella sua vita, non pensa all’onore, al prestigio, alle ricchezze, non si chiude in se stessa. Al contrario, dopo aver accolto l’annuncio dell’Angelo e aver concepito il Figlio di Dio, che cosa fa? Parte, va dall’anziana parente Elisabetta, anch’essa incinta, per aiutarla; e nell’incontro con lei il suo primo atto è la memoria dell’agire di Dio, della fedeltà di Dio nella sua vita, nella storia del suo popolo, nella nostra storia: «L’anima mia magnifica il Signore … perché ha guardato l’umiltà della sua serva … di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,46.48.50). Maria ha memoria di Dio. … Il catechista allora è un cristiano che porta in sé la memoria di Dio, si lascia guidare dalla memoria di Dio in tutta la sua vita, e la sa risvegliare nel cuore degli altri. È impegnativo questo! Impegna tutta la vita!”.

Importante allora non è solo inventare nuovi metodi, ma avere dei contenuti da comunicare.
Spesso noi siamo scarsi di contenuti. Non sappiamo come la pensa il Signore, come Egli custodisce la sua Chiesa. Forse abbiamo la fantasia ma non abbiamo i contenuti dell’annuncio!

Impariamo a fare memoria. Stiamo diventando un popolo senza memoria. Eppure i primi cristiani, le prime comunità .. i nostri avi, i nostri nonni, ci raccontavano della farina del loro sacco che a loro a volta avevano imparato a dottrina. Ma un’attenzione: in questo tempo non basta dire “è così”, bisogna avere la saggezza di dire il perché e il per come, avere la ragione della speranza che è in noi. Ricordiamoci le parole di Gesù: “fate questo in memoria di me”.

Dice ancora Papa Francesco:
“Il catechista è uomo della memoria di Dio se ha un costante, vitale rapporto con Lui e con il prossimo; se è uomo di fede, che si fida veramente di Dio e pone in Lui la sua sicurezza; se è uomo di carità, di amore, che vede tutti come fratelli; se è uomo di “hypomoné”, di pazienza, di perseveranza, che sa affrontare le difficoltà, le prove, gli insuccessi, con serenità e speranza nel Signore; se è uomo mite, capace di comprensione e di misericordia”.

Ecco l’uomo che annuncia e vive le sfide della nuova evangelizzazione.
Un credente così non teme il confronto con le nuove culture, con le altre religioni, con i cambiamenti culturali, con il pensiero forte del mondo ma è come “un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia”. (Mt 7, 24 -25)

DOMANDE PER RIFLETTERE
* Mi sento preparato ad affrontare la nuova evangelizzazione alla scuola di Gesù? Cosa faccio per arricchire i miei contenuti nella fede e nella speranza cristiana?
* Temo il confronto e la forza delle altre realtà culturali e religiose? Perché?
* Mi impegno a vivere la memoria di Dio, a custodirla e a raccontarla?

sabato 8 marzo 2014

San Provino di Como, prega per noi!




 

Martirologio Romano, 8 marzo: A Como, san Provino, vescovo, che, fedele discepolo di sant’Ambrogio, preservò dall’eresia ariana la Chiesa a lui affidata.

 
 

Probino discepolo di Ambrogio di Milano, che lo inviò a sostegno del vescovo Felice di Como e cui succede come vescovo di Como nel 391, fino al 420.
 

Un episcopato esemplare per saggezza e santità, tanto che dopo al morte ebbe subito culto; e le sue reliquie venerate fuori città, dal XII secolo sono custodite nella chiesa di S. Provino.
 
 

 
Dal 1096 una parte del cranio, è venerata in un busto presso la collegiata di San Giovanni Battista in Agno nel Canton Ticino.

venerdì 7 marzo 2014

San Saturo, prega per noi!

 
 
 
"...a Cartagine, nell’odierna Tunisia, passione dei santi Satiro, Saturnino, Revocato e Secondino, dei quali, durante la medesima persecuzione, l’ultimo morì in carcere, gli altri invece, dopo essere stati straziati da varie belve, morirono sgozzati con la spada mentre si scambiavano il bacio santo".

giovedì 6 marzo 2014

San Fridolino e Urso

 
 
 
Ci sono poche notizie certe su Fridolino. Egli è tradizionalmente venerato come un missionario irlandese e il primo all'opera tra gli Alemanni dell'Alto Reno, al tempo dei Merovingi. L'unica parte della Vita che può essere considerata storicamente accettabile è che egli fondò un monastero sull'isola di Säckingen nel Reno. Non ci sono informazioni precise sulla data della fondazione. Il monastero, tuttavia, era di grande importanza già dal IX secolo: il documento più antico registra una donazione del 10 febbraio 878 del monastero di Carlo il Grosso a sua moglie Richarda.
Secondo la biografia scritta da Balther, un monaco di Säckingen, all'inizio dell'XI secolo, Fridolino apparteneva ad una famiglia nobile in Irlanda e in un primo momento era un missionario. Successivamente attraversando la Francia, giunse a Poitiers, dove in seguito ad una visione, cercava le reliquie di sant'Ilario e costruì una chiesa per esse. Sant'Ilario successivamente gli apparve in sogno e gli ordinò di spostarsi in un'isola del Reno, nei territori degli Alemanni. In obbedienza a questa chiamata, Fridolino si avvicinò al re Clodoveo, che gli concesse il possesso dell'isola ancora sconosciuta, e quindi procedette attraverso Strasburgo e Coira, fondando chiese in ogni distretto in onore di sant'Ilario.
Ancora secondo la Vita, egli trascorse molto tempo nel territorio che ora è la Svizzera, dove convertì Urso, un grande proprietario terriero. Alla sua morte Urso lasciò tutte le sue grandi proprietà terriere (ora il Cantone di Glarona) a Fridolino, che vi fondò numerose chiese dedicate a sant'Ilario (da qui l'origine del nome Glarus). Landolfo, fratello di Urso non aveva riconosciuto la legittimità del dono e portò Fridolino dinanzi a un tribunale a Rankweil per dimostrare il suo titolo. Fridolino allora avrebbe fatto tornare Urso dai morti per confermare di persona il lascito, mentre Landolfo terrorizzato accettava di donare tutto a Fridolino. Fridolino è quindi spesso rappresentato con un cadavere in decomposizione, in riferimento a questa storia.
Alla fine, raggiunta l'isola di Säckingen nel Reno, Fridolino riconobbe in essa l'isola indicata nel sogno, e iniziò a costruirvi una chiesa. Gli abitanti delle rive del Reno, però, che usavano l'isola come pascolo per il bestiame, scambiarono Fridolino per un ladro di bestiame e lo cacciarono. Dopo aver mostrato l'atto di donazione di re Clodoveo, gli fu permesso di ritornare e di fondare una chiesa e un monastero sull'isola. Poi ripreso il suo lavoro di missionario. Fondò il "monastero scozzese" (Schottenstift) a Costanza ed estese la sua missione ad Augusta.
Morì il 6 marzo e fu sepolto a Säckingen. (by Wikipedia)
 
Dal Martirologio Romano al 6 marzo: «A Säckingen nel territorio dell'odierna Svizzera, san Fridolino, abate, che, originario dell'Irlanda, vagò pellegrino per la Francia, finché fondò a Säckingen due monasteri in onore di sant'Ilario.»

Santa Coletta, prega per noi!





"A Gand nelle Fiandre, nell’odierno Belgio, santa Coletta Boylet, vergine, che, dopo tre anni di vita molto austera rinchiusa in una piccola casa posta accanto alla chiesa, divenuta professa sotto la regola di san Francesco, ricondusse molti monasteri di Clarisse al primitivo modello di vita, ristabilendovi in special modo lo spirito di povertà e di penitenza".

martedì 4 marzo 2014

Il Santo di Moncucco: Lucio papa





Introduzione

La diocesi di Milano custodisce innumerevoli tracce della santità cristiana. Tra queste, presso la Comunità Pastorale “Epifania di Gesù” in Brugherio, custodisce il Tempietto Civico di San Lucio in Moncucco.

Qui è, ed era, venerato il Santo Pontefice in un antico oratorio: a conferma di ciò, esiste una lapide, custodita in sacrestia, che reca la data 1633.

Ma l’odierno Tempio di S. Lucio è frutto di un’opera di mecenatismo del secolo XIX.

Infatti la chiesa di San Lucio in Moncucco, nacque nel XVI secolo come cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova, annessa al convento di San Francesco in Lugano.

All’inizio dell’Ottocento a causa della soppressione napoleonica fu annoverato tra gli edifici da alienare. Fu messo all’asta. Un certo Natale Albertolli nel 1815 acquisto l’edifico e il terreno: tutto doveva essere abbattuto e qui doveva sorgere una palazzina neoclassica. Un certo Giocondo Albertolli, fratello di Natale, architetto e insegnante all’Accademia di Brera, era deciso di salvare almeno la chiesetta di sant’Antonio (da lui attribuita al Bramante). Bisognava ricostruirla altrove, rivendendola, così da salvare capre e cavoli: cioè gli interessi di famiglia e quella dell’arte.

Il conte Gianmario Andreani fu il mecenate. Fu intrapresa un’opera veramente singolare. La chiesa non venne demolita, ma smontata nei suoi ornamenti (cornici, leséne, cassettoni e le belle pietre di saltrio). Con 150 carri e lungo le vie d’acqua, il tutto giunse al porto Mattalino, tra Cologno e Gobba, poi ancora con i carri fino al parco di Villa Andreani. Iniziò il rimontaggio, che comportò alcune modifiche senza alterare la struttura cinquecentesca dell’interno, e fu completato nel 1832: la chiesa fu dedicata a San Lucio I Papa.

Ma chi è san Lucio, il cui dipinto seicentesco troneggia sopra l’altare?





San Lucio I papa
“In angùstiis tempestàtibus suis moderatone ac priudéntia se gessit”
Affrontò le difficoltà del suo tempo con moderazione e prudenza. (M.R.)

San Lucio I papa era romano e figlio di Porfirio. Non ci sono notizie sulla sua vita anteriori a quelle del pontificato. Secondo Eusebio, egli governò la Chiesa di Roma per solo otto mesi: dal giugno - luglio 253 al maggio 254 (mese in cui venne eletto papa Stefano). Appena eletto al soglio pontificio, subì l’esilio ad opera dell’imperatore Gallo. Ritornò a Roma nell’agosto 253. Questo avvenimento è attestato da un lettera di felicitazioni di S. Cipriano di Cartagine.

Fu pontefice misericordioso e prudente nella questione dei lapsi, come il Vescovo di Cartagine Cipriano, che lo definisce martire, così come anche il Liber Pontificalis. Anche se la Chiesa di Roma fin dal IV secolo lo definisce confessore, avendo inserito il suo nome nella Depositio Episcoporum.

Nella Depositio Episcoporum la data della morte di Lucio papa è indicata al 5 marzo ed il suo sepolcro è nel cimitero di Callisto dove fu trovato un frammento del suo epitaffio.

L’odierno Martirologio Romano lo commemora il 5 marzo:

“Romae via Appia in coemetério Callisti, deposìtio sancti Lùcii, papae, qui, sanctii Cornélii succéssor, pro CHrististi fide exsìlium passus est et, fidei conféssor exìmius, in angùstiis tempestàtibus suis moderatone ac priudéntia se gessit”.

“A Roma sulla via Appia nel cimitero di Callisto, deposizione di san Lucio, papa, che, successore di san Cornelio, subì l’esilio per la fede in Cristo e, insigne testimone della fede, affrontò le difficoltà del suo tempo con moderazione e prudenza”.


La santità di nome “Lucio”

Oltre al Santo papa Lucio I, la Chiesa Cattolica ricorda altri esempi di santità di nome “Lucio”:

  • Lucio confessore in Africa (M.R. 3 ottobre)
  • Lucio eremita (M.R. 3 dicembre)
  • Lucio martire in Africa (M. R. 10 settembre)
  • Lucio martire ad Alessandria d’Egitto (M. R. 14 febbraio)
  • Lucio vescovo, martire a Cartagine (M.R. 18 gennaio)
  • Lucio discepolo di Cipriano, martire a Cartagine (M. R. 23 maggio)
  • Lucio di Cirene (M. R. 6 maggio)
  • Lucio Martinez Mancebo martire in Spagna (M. R. 29 luglio)
  • Lucio martire con Basilio e Mirone
  • Lucio vescovo di Adrianopoli, martire
  • Lucio martire in Africa con Nemesiano e Felice
  • Lucio martire in Africa con Faustino, Candido e soci
  • Lucio martire in Africa con Saturnino, Costulo e Magno
  • Lucio martire di Caunes
  • Luci martire di Cipro
  • Lucio vescovo di Coira, martire cfr. Lucio eremita
  • Lucio martire in Lucania
  • Lucio martire a Roma con Paolo e Ciriaco
  • Lucio martire a Roma con Tolomeo
  • Lucio di Val Cavargna, pastore e formaggiaio, martire
  • Lucio (Lucillo) vescovo di Verona
  • Lucio vescovo e martire a Cesarea in Cappadocia
  • Lucio martire a Roma con Rogato, Cassiano e Candida
  • Lucio martire in Africa con Silvano, Rutulo, Classifico, Secondiano, Fruttulo, e Massimo
  • Lucio (Leucio) martire in Africa con Vittorico
  • Lucio Ferrazzi sacerdote (1876 – 1955)
  • Lucio confessore e terziario francescano, secolo XIII
  • Lucio del Rio confessore mercenario (21 maggio)
  • Lucio di Savoia, confessore mercenario (5 maggio)




Bibliografia e fonti

* AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II-III appendice – Ed. Città Nuova
* Articolo da: La Santa Crociata in Onore di San Giuseppe, n. 3 marzo 1999, rimaneggiato e curato da A. G.
* C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
* Grenci Damiano Marco – Archivio privato iconografico e agiografico: 1977 – 2014
* Vicky Porfidio – Il tempietto di san Lucio a Moncucco, in sito web comune.brugherio.mi.it




FESTA DI SAN LUCIO
martedì
4 marzo 2014

Programma

Dalla ore 15.00 alle ore 16.00
Adorazione eucaristica
Sante Confessioni
Benedizione

ore 20.30 – S. Messa Solenne