“Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno”. (Mt 18,8)
Giacomo
Papocchi, "onorificentia populi
nostri", come definito in antiche iscrizioni, nacque a Montieri, in
provincia di Grosseto, nel 1213. In età giovanile prestò la sua opera nelle
argentiere locali proprietà dei vescovi volterrani. Fu accusato di furto di
argento lavorato nelle locali fonderie; secondo la giustizia dell'epoca, allora
amministrata dai senesi, subentrati al Vescovo nella amministrazione locale,
argentiere comprese, fu condannato all'atroce pena della mutilazione della mano
destra, nonché del piede sinistro, trovandosi così ridotto all'inabilità.
Il
triste evento, fu per lui l'occasione di riscoprire la fede, un po' accantonata
in epoca giovanile.
Egli
chiese al vescovo diocesano l'autorizzazione a farsi "immurare", cioè a vivere in rigorosa clausura, in una piccola
cella adiacente la chiesa di San Giacomo Apostolo, sotto la giurisdizione
religiosa dei monaci dell'antica abbazia di San Galgano.
Sottoposto
a prove diaboliche, raggiunse tuttavia vette di alto misticismo; visioni e
miracoli costellarono la sua vita, tanto che il suo culto è pervenuto
ininterrotto fino ai giorni nostri. Narrano gli antichi biografi che egli,
dalla sua cella, attraverso lo spesso muro che lo separava dalla adiacente
chiesa, riuscisse a vedere il sacerdote celebrante la Messa all'altare della
chiesa stessa. Ancora nelle antiche biografie si legge che nel beato Giacomo il
desiderio dell'eucaristia era tale che, nei giorni imminenti la morte non
essendo il sacerdote potuto salire a celebrare la santa messa alla chiesa di
San Giacomo Apostolo a causa di un'abbondante nevicata, Gesù stesso, "sacerdote e vittima al tempo stesso",
come si canta in un antico inno, scese a comunicarlo.
Morì
ricco di meriti, veneratissimo dal suo popolo, il 28 dicembre del 1289.
Il suo venerato corpo si conserva in un'artistica urna (1768) sopra l'altare maggiore della chiesa parrocchiale dei Santi Paolo e Michele nel centro di Montieri. Il suo nome è iscritto nel catalogo dei Santi della diocesi di Volterra.