San Leucio d'Alessandria d'Egitto evangelizzatore e vescovo di Brindisi patrono di San Salvatore Telesino |
I dati in nostro possesso non ci permettono di fissare coordinate
storiche ben precise sulla figura di San Leucio.
Le note biografiche tramandate dalle varie Vite, scritte tra IX
e XII secolo e tutte in latino, di produzione longobarda e prenormanna, non
concordano , infatti, neppure nel definire l’arco cronologico della sua vicenda
terrena , che va collocata tra la fine del IV secolo e l’inizio del V secolo,
sulla base di tutta una serie di considerazioni ed analisi documentate negli Atti
del convegno sul Santo, svoltosi a Brindisi nel 1984 e coordinato da
Rosario Jurlaro, uno dei massimi esperti di problemi leuciani.
Il destino di San Leucio, nato ad Alessandria d’Egitto,
è segnato fin dalla nascita. Suo padre Eudecio e sua madre Eufrodisia
lo chiamano Euprescio, nomi che richiamano insistentemente la vocazione
al bene espresso nel prefisso “eu”, Euprescio, alla morte della madre,
entra con il padre nel monastero di Sant’Ermete, fiero oppositore degli Ariani
e, per ordine divino, muta il suo nome in Leucio, ovvero portatore
di luce spirituale, ma è costretto alla prova dell’ordalia dal mago Zerea
che rivendica la priorità della chiamata divina. Leucio, per la vittoria
sul mago e per la sua condotta di vita, esemplata sullo stile ascetico della
tradizione monastica del deserto che ha il suo modello originario in Sant’Antonio
abate, riceve prima la nomina di abate e poi quella di vescovo di Alessandria.
Opera miracoli, guarisce i malati e scaccia il demonio dal corpo di un Etiope,
ma, divenuta gravissima la repressione dei Cristiani ad opera del prefetto
Saturnino, Leucio, predestinato alla missione apostolica e seguendo
l’ispirazione divina, lascia l’Egitto e si reca a Brindisi. Nella
nuova città svolge la sua luminosa opera di evangelizzazione e riesce a
convertire anche il prefetto Antioco, capo dell’opposizione pagana
contro i cristiani, con il miracolo della pioggia, ottenuta per intercessione divina,
dopo due anni di siccità. Dopo aver battezzato tutti i pagani, convertiti
dall’evento prodigioso, ed edificata una basilica dedicata alla Vergine
ed a Giovanni Battista, Leucio, nominato primo vescovo di Brindisi,
continua la sua missione evangelica fino alla morte, avvenuta in un anno
imprecisato, l’11 gennaio, giorno della sua festa liturgica.
Il vescovo Leucio viene sepolto in un oratorio fuori città, ma
le sue spoglie mortali, martoriate, divise e trafugate, subiscono una diaspora
terribile.
Già il papa Gregorio Magno, in una lettera del 601, facilita lo
smembramento della salma, chiedendo a Pietro, vescovo di Otranto
e Brindisi, di procurargli reliquie di San Leucio da destinare ad
un monastero presso Roma, derubato di reliquie proprie. Durante le
operazioni di guerra e di conquista di Brindisi, di Taranto e di
tutta la penisola salentina, da parte dei Longobardi, avvenute nel VII
secolo e narrate da Paolo Diacono, le spoglie di San Leucio
vengono trafugate dagli abitanti di Trani e sepolte nell’ipogeo della
cattedrale, intitolato al Santo e tuttora visitabile. Una reliquia del corpo
viene prelevata dal vescovo di Canosa e portata nella basilica
intitolata ai Santi Cosma e Damiano, ridedicata, nell’occasione, a San
Leucio. Dopo la conversione dei Longobardi di Benevento, ad
opera di San Barbato (morto nel 682), la duchessa Teodorata
(morta nel 706), moglie di Romualdo, promuove un vastissimo programma di
restauro e costruzione di edifici religiosi ed il recupero dei culti di santi
locali, San Michele, San Sabino, San Leucio, San Pelino, San Giorgio,
San Teodoro ecc.. Nel IX secolo le reliquie di San Leucio vengono
traslate da Trani a Benevento, dove tuttora si conservano, tranne
un braccio riportato a Brindisi e venerato nella basilica cattedrale
costruita per volere del vescovo Teodosio, a cui si deve la spinta per
il ripopolamento della città. Una reliquia, secondo la tradizione che trova
conferma nella biografia leuciana stilata da P. D’Onofrj (1891), sarebbe
giunta anche ad Atessa, portata da un soldato viandante che aveva
trafugato a Benevento un dito del Santo. Nella seconda metà del XVIII
secolo, la venerazione della reliquia viene vietata dal prevosto Maccafani
che la fa murare in una cassetta di pietra, posta poi sulla sommità della
facciata della chiesa.
Il culto di San Leucio, già radicato in area pugliese, viene
diffuso intorno al IX secolo dai Longobardi di Benevento, insieme
al culto di altri Santi.
Leucio, discepolo di Sant’Ermete, difensore
dell’ortodossia, partito da un Egitto in preda al caos ed all’eresia,
potrebbe essere giunto a Brindisi come profugo o visitatore di
confratelli all’inizio del V sec., per liberare anche questa città dagli
eretici e riscattarla a pieno dal paganesimo, in un territorio disegnato dalla
presenza di diverse comunità di monaci, ai quali, con buona probabilità, è
diretta la Vita Antonii scritta da Sant’Atanasio di Alessandria.
Diversi toponimi e numerosi monasteri, chiese, cappelle, basiliche e
sacelli in onore del Santo, sono presenti nei documenti antichi ed attestano il
suo culto, oltre che a Brindisi, Canosa e Trani, anche a Molfetta,
Bari, Massafra, Conversano ed Oria, sede episcopale dopo la distruzione di
Brindisi. A Nardò il monastero di San Leucio, fiorente
intorno al mille, presenta il rito italo-greco; a Lecce il culto di San
Leucio assume connotazioni locali, quasi una sorta di duplicazione della
sua opera di vescovo e di evangelizzatore in ambiti leccesi.
In Campania il culto è vivo nelle aree di penetrazione longobarda:
Benevento, Capua, Montevergine, San Leucio del Sannio, Suessola
presso Nola, San Salvatore Telesino, nel medioevo zona paludosa e malarica,
fino a Veroli, in provincia di Frosinone. A Caserta, per
volere di Ferdinando IV, nel 1789, alle pendici del monte che ospita una
chiesetta di San Leucio, viene fondato l’omonimo villaggio, dichiarato Real
Colonia, comprendente una manifattura di seta ed una filanda, contornate da
case a schiera per gli operai, organizzati con regole di “socialismo” di
avanguardia.
In Abruzzo-Molise il culto di San Leucio si afferma
dapprima fra IX e X secolo, ad opera dei Longobardi, ma acquista nuovo
slancio e vigore fra XIII e XV secolo, veicolato lungo le piste armentizie, con
la ripresa della grande transumanza orizzontale con la Puglia,
organizzata razionalmente e disciplinata giuridicamente sotto Alfonso
d’Aragona. Spostato l’asse devozionale a favore di altri Santi nei secoli
successivi, nel XVIII secolo torna di nuovo in auge il culto leuciano. La
venerazione del Santo si polarizza lungo i percorsi, gli snodi ed i terminali
nevralgici dei tratturi, a Roccadimezzo, Villavalleloga e Pietracamela,
ma soprattutto ad Atessa, crocevia di bracci e tratturelli che si
diramano verso l’interno. Inoltre, nel Chronicon Farfense, troviamo
menzione di chiese dedicate al Santo nella Marsica, a Campuli
(Campli), nella diocesi di Penne e vicino Pizzoferrato, mentre
per il Molise ci sono attestazioni di chiese leuciane nelle diocesi di Larino
e Termoli.
Infine bisogna ricordare che San Leucio viene festeggiato ad Atessa
l’11 gennaio ed il 17 agosto, ma la tradizione della doppia festività ricorre
anche a Brindisi (11 gennaio e 1 maggio) ed in altre località, probabilmente
legata al ciclo stagionale ed alla devozione locale.
Adele
Cicchitti
(Sintesi
dall'articolo “La città nata dal miracolo di San Leucio” in Terra e Gente,
a. XXIV, 2, 2004)in Parrocchia di San Leucio in Atessa (Chieti)