Santuario Madonna dei Martiri a Fonni
(NU)
Con i suoi mille metri di
altitudine è il comune più alto della Sardegna, nel cuore del Gennargentu. I
francescani vi arrivarono nel 1610 e vi fondarono una chiesa dedicata alla
Santissima Trinità e un convento. Il secolo successivo, sullo stesso sito,
fecero costruire il capolavoro barocco del santuario della Vergine dei Martiri.
Il 14
aprile 1610 il padre francescano Giorgio d'Acillara prese possesso del luogo
dove sarebbero dovuti sorgere la chiesa e il convento. Il sito, donato dal
fonnese don Stefano Melis, era ubicato nel rione Logotza della
"villa" di Fonni appartenente al feudo di Mandas. Sulla facciata
della chiesa ancora oggi è ben visibile, sopra il portale principale, lo stemma
gentilizio della famiglia: un melo carico di frutti.
Convento
e chiesa, dedicata alla Santissima Trinità, vennero ultimati dopo molteplici
interruzioni intorno al 1632-33. La pianta della chiesa era molto semplice:
un'aula mononavata, voltata a botte, con tre cappelle per parte e il
presbiterio sopraelevato dove si trova il quadro di Antonio Todde raffigurante
la Trinità. Annesso vi era il convento dal classico impianto francescano: un
quadrilatero di celle affacciate sul chiostro, dove si trova il pozzo centrale.
Nel
1702, dopo la demolizione della cappella del Rosario, per iniziativa di padre
Pacifico Guiso Pirella di Nuoro (1675-1735), s'iniziò la costruzione del nuovo
organismo dedicato alla Vergine dei Martiri, che s'innestava su quello dedicato
alla Trinità. Il progetto di padre Guiso, comprendente la chiesa superiore e un
santuario sotterraneo (la cripta), venne realizzato dall'architetto-capomastro
milanese Giuseppe Quallio e da alcuni suoi conterranei: Giovanni Battista
Corbellini, Ambrogio Mutoni e Giovan Battista Reti. I lavori terminarono
nell'ottobre del 1706.
La cappella-basilica è costituita da una
navata centrale coperta con volta a botte sulla quale si affacciano due
cappelle semicircolari. Conclude la struttura il presbiterio rialzato che
ospita l'altare della Madonna dei Martiri.
La venerata immagine della Vergine dei
Martiri, che la tradizione racconta sia stata fabbricata con le ossa
provenienti dalle catacombe romane di Lucina.
All'incrocio
con le cappelle, su un alto tamburo finestrato insiste la cupola ottagonale. La
fastosa decorazione scultorea della basilica è arricchita dalle pitture di
Pietro Antonio e Gregorio Are (padre e figlio).
Il santuario sotterraneo dedicato a
Sant'Efisio e a San Gregorio Magno, considerati i Padri della fede dei
Barbaricini, è strutturato in due ambienti che originariamente erano separati
da un'inferriata: il vestibolo e il santuario. Nel primo, a pianta rettangolare
con copertura a botte, cinque nicchie per lato ospitano busti di Santi legati
alla tradizione francescana. Nel secondo ambiente, sempre a pianta rettangolare
e voltato a botte, si trovano numerosi altari e simulacri in stucco policromo
realizzati dal Mutoni e dal Corbellino. Le tempere nella volta sono state
eseguite dagli Are.
L'oratorio
di San Michele Arcangelo venne eretto tra il 1758-1759 su modelli lombardi
importati dal Quallio e dai suoi collaboratori. La cupola dell'edificio è
decorata con le tempere di Gregorio Are. All'interno del Convento è conservata
una preziosa collezione di dipinti del Seicento e del Settecento, eseguiti da
artisti che hanno lavorato nel cantiere francescano: Antonio Todde, Giuseppe
Lopez e Pietro Antonio Are.
Chiesa di San Lussorio in Fordongianus (OR)
Santuario di San
Lussorio
appena fuori dal nucleo abitato di Fordongianus
(OR) su un rilievo che domina sulla vallata. Il complesso è in dedicazione
al santo martirizzato nel 304 sotto l’imperatore Diocleziano.
Il
complesso è composto dalla chiesa romanica e il santuario di età tardoantica e
bizantina che si trova sotto il livello del terreno, costruito quindi al di
sotto del successivo edificio medievale.
All’interno
la chiesa si presenta a singola navata, con abside orientata a est, realizzato
interamente in pietra vulcanica dai toni rossi e copertura in legno. Resti di
antichi affreschi si trovano nell’ipogeo assieme a un’iscrizione latina di
epoca medievale.
Nel
santuario bizantino si trova al tomba dove si presume un tempo sia stato
conservato il corpo di San Lussorio. La tomba è in sostanza una fossa di
rettangolare rivestita di lastrine marmoree. Molto probabilmente il reliquiario
venne svuotato nel 1600, quando venne sistemato il pavimento.
Il testo più attendibile della Passio
sancti Luxorii martyris (Codex Sancrucensis 13 cc. 238-239),
conservato nell'abbazia cistercense di Heiligenkreuz, in Austria, e risalente agli anni immediatamente
successivi al 1181,
racconta che al tempo degli imperatori romani Diocleziano
e Massimiano il paganissimus Luxorius, apparitor del praeses della Sardegna Delphius entrò in
possesso delle Sacre Scritture mentre svolgeva la sua attività. Spinto dal
desiderio di conoscere i salmi iniziò a sfogliarli e nel leggerli restò
talmente colpito nella sua sensibilità da convertirsi al cristianesimo. Cominciò così a
pregare, a rinnegare gli idoli e ad applicarsi allo studio del Testo Sacro.
Arrestato in seguito a una denuncia e portato in catene davanti al praeses,
Lussorio affrontò la disapprovazione del magistrato romano che lo accusava di
essere venuto meno alla sua fiducia, di disprezzare gli ordini degli imperatori
e di ritenere blasfemi i sacrifici fatti agli dei. Ne scaturì un acceso e
polemico confronto anti idolatria, in cui Lussorio replicò con fermezza ad ogni
domanda del magistrato, il quale gli prospettò la scelta irrevocabile tra il
sacrificio agli dei e la morte. Al suo rifiuto di sacrificare, Delphius
ordinò che Lussorio fosse incatenato con pesantissimi ferri e trasferito in
carcere.
Alcuni giorni dopo Delphius
dispose che Lussorio fosse ricondotto davanti al suo tribunale. Ne sorse una
nuova disputa al termine della quale il magistrato, piegato nella dialettica e
convinto che neppure i peggiori tormenti fossero in grado di sconfiggerne la
resistenza, ordinò la condanna a morte di Lussorio. Le guardie del corpo di Delphius
trasferirono Lussorio in territorium fani traianensis, nel territorio di
un tempio pagano situato in prossimità della città di Forum Traiani,
dove affrontò la morte, mediante decapitazione, dodici giorni prima delle
calende di settembre (21 agosto) e dove fu sepolto all'interno di una cripta.
Nel racconto della Passio
l'azione giudiziaria è proposta sotto forma di una controversia religiosa,
caratteristica del genere letterario agiografico, in cui si assiste al
coraggioso tentativo dell'accusato di persuadere il giudice a non perseverare
nel suo essere idolatra. Da parte sua il magistrato romano mette in atto tutti
i possibili tentativi per non essere costretto ad applicare il decreto
imperiale nelle sue estreme conseguenze. Atteggiamento comprensibile, se si
tiene conto che fino al momento dell'arresto Lussorio era un suo stretto
collaboratore. Subito dopo l'arresto, infatti, Delphius gli si rivolge
in tono amichevole: «Ego te summa dilectione habui et cogitavi veram inter
primates officii mei tibi honorem dare» cioè gli dice di averlo tenuto in
grande predilezione e che pensava veramente di affidare a lui, fra gli
eminenti, l'onore della sua carica. Il testo della Passio risponde,
almeno in parte, ai canoni dei racconti martiriali tardo antichi piuttosto che
alle passio epiche del periodo basso-medioevale. La narrazione è in ogni
modo priva di quegli elementi fantastici che distinguono altri racconti
agiografici. La lettura che se ne può trarre è che l'autore, pur ricorrendo al
repertorio di brani disponibile a favore di quanti volevano esaltare il
martirio, ha fatto certamente ricorso a fatti storicamente accertati.
La
chiesa di San Lussorio spicca sulla collina, poco
fuori Fordongianus, lungo la strada che conduce al
paese di Allai. La struttura, posta su una modesta altura, fu
edificata nel XII secolo, ma la prima
costruzione risalirebbe già al periodo paleocristiano, IV
secolo d.C. I resti di questo primo impianto li potremo
ammirare insieme, visitando la cripta della chiesa.
San Lussorio: da ufficiale romano a martire
cristiano
Lussorio,
come testimoniano diverse fonti scritte, era un ufficiale dell’esercito
romano di stanza a Forum Traiani (Fordongianus).
Nel 304 d.C., sotto l’imperatore Diocleziano,
si converte al Cristianesimo e per questo
fu arrestato e condannato a morte. Secondo l’iscrizione in marmo
inserita nella parete meridionale della chiesa, Lussorio
sarebbe stato ucciso il 21 agosto, giorno in cui ancora
oggi si celebra il santo.
Pochi
anni dopo, nel 313 d.C., con l’editto
di Costantino furono liberalizzati i diversi culti in tutto
l’impero ed è probabile che il corpo di Lussorio fu recuperato
e deposto in una struttura degna di ospitare le spoglie del martire.
La
presenza di questo santo, che divenne ben presto molto influente, permise
alla città di ricevere il titolo di Sede Vescovile che mantenne per
circa 400 anni (dal 484 all’VIII secolo d.C.).
La
chiesa è frutto della sovrapposizione di diverse
architetture religiose, sorgendo su una collina usata almeno fin dall’età
romana come zona cimiteriale. Il primo impianto si data tra
il 1110 e il 1120, ed è opera probabilmente dei monaci
di San Vittore di Marsiglia. Dopo il parziale crollo di questa
costruzione, in stile
romanico-provenzale, la chiesa venne ristrutturata nel XV
secolo.
La
parte frontale, in stile gotico-aragonese e
ancora ben conservata, si riferisce proprio a questa seconda fase.
La cripta di San Lussorio
Fino
a pochi anni fa vi si accedeva da una botola posta
all’interno della chiesa e chiusa da un portellone
metallico. Una scalinata di 9 gradini conduceva alla sepoltura
di San Lussorio, sovrastata da un arco e protetta da delle
grate. Oggi invece, l’ingresso è accessibile da un’apertura ricavata sul lato
meridionale della chiesa.
Nella
cripta si conservano parte dei pavimenti originali di IV e VI secolo,
in mosaico policromo e una serie di sepolture “ad
sanctos“. Queste dovevano appartenere
a persone agiate che sceglievano di essere sepolte vicino al santo per
garantirsi la salvezza dell’anima.
Le spoglie di Sant’Archelao
In questa
cripta sono stati trovati nel 1615 anche i resti
del patrono di Oristano, Sant’Archelao, attualmente
collocati nella Cattedrale di Santa Maria Assunta.
La festa si celebra a Oristano il 13 di febbraio.
Terme romane in Fordongianus (OR)
Il complesso termale, tra i più
importanti della Sardegna, gravita sul sito urbano di "Forum Traiani"
(da cui il nome Fordongianus).
L'abitato, di fondazione
tardorepubblicana, fu costituito da Traiano come centro di mercato tra le
comunità dell'interno e le popolazioni romanizzate dell'entroterra del golfo di
Oristano. Entro l'inizio del IV sec. d.C. fu
probabilmente elevato al rango di "municipium". Le terme, le
antiche "Aquae Ypsitanae", si dispongono su vari livelli e sono
composte da due stabilimenti: il primo, a N, del I sec. d.C.;
il secondo, a S,
del III sec. d.C.Il
primo stabilimento sfruttava le acque che ancora oggi sgorgano alla temperatura
di 54 °C dallo
strato alluvionale soprastante il banco vulcanico. Le acque vennero imbrigliate
mediante un muro in opera cementizia con duplice paramento in blocchi squadrati
di vulcanite, spesso m 3,5,
che fungeva anche da argine alle piene del Tirso. La struttura originaria
dello stabilimento doveva essere in "opus quadratum", ossia in grossi
blocchi di pietra squadrati; in seguito subì vari rimaneggiamenti. Al centro
dello stabilimento si trova la "natatio", un'ampia piscina
rettangolare (m 13
x 6,5; profondità m 1,5)
per balneazioni tiepide (l'acqua calda termale veniva stemperata adducendo
acqua fredda da serbatoi situati a monte). La piscina era coperta con volta a
botte. I lati S e N erano originariamente
porticati; residua il portico S con
pilastri a sezione quadrata in blocchi di vulcanite e volta a botte in opera
cementizia rinforzata da anelli di blocchi vulcanici cuneati. Lucernai quadrati
ne assicuravano l'illuminazione. Sul lato N della "natatio" furono realizzate tre
vasche quadrangolari, mentre sul lato E è
presente un edificio rettangolare con nicchie sui lati lunghi; una di queste ha
restituito un altare consacrato alle ninfe da Servato, liberto dell'imperatore
e procuratore delle miniere e dei latifondi imperiali, per la guarigione di
Quinto Bebio Modesto, governatore della Sardegna vicino agli imperatori Caracalla
e Geta (211-212 d.C.). Il
secondo stabilimento, a S,
occupa un'area rettangolare (m 30
x 12) le cui strutture in "opus quadratum" sono probabilmente una
parte incorporata del primo stabilimento. Realizzato in "opus vittatum
mixtum", aveva verosimilmente l'ingresso originario prospettante sulla
piazza lastricata a S.
Dall'ingresso si accedeva allo spogliatoio ("apodyterium"), al
"frigidarium" (ambiente rettangolare con due vasche), al
"tepidarium" (ambiente rettangolare), e al "calidarium"
(ambiente con vascone rettangolare). Al contrario del primo, il riscaldamento
delle acque del secondo stabilimento era artificiale L'approvvigionamento
dell'acqua veniva assicurato, per mezzo di una efficiente rete di
canalizzazione, da un sistema di pozzi e cisterne in parte alimentate
dall'acquedotto romano. Il raccordo tra i due stabilimenti veniva
assicurato da una scalinata che si affacciava sul portico della
"natatio". Il piazzale retrostante, lastricato in vulcanite, ha
forma trapezoidale (m 25
x 30 x 25). Sul lato orientale prospetta un edificio a "L", in
"opus vittatum mixtum", con cinque vani e due ambienti rettangolari;
uno di questi è affrescato con motivi a candelabri e grifoni, databili al
200 d.C. L'edificio
potrebbe essere un "hospitium" legato agli ambienti termali.