Chiesa
di San
Pietro extra muros in Bosa
Appena fuori dal centro abitato di uno dei borghi più caratteristici
della Sardegna, sorge il più antico edificio di culto romanico dell’Isola, un
tempo cattedrale, oggi splendido monumento dal caratteristico colore rossastro
San
Pietro è detta extra muros perché si trova fuori
dalle mura del castello, di cui è più vecchia di mezzo secolo. Attorno sorgeva
il nucleo originario della città, abitato sino a tutto il Cinquecento. Quando
poi, sulle pendici del colle, fu completato il rione sa
Costa, la popolazione si trasferì. Una migrazione di due
secoli: Bosa vetus scomparve.
Il
santuario è frutto di un lungo processo. La parte più antica è di metà XI
secolo, attestato dall’epigrafe di consacrazione che riporta l’anno MLXIII,
mentre al secolo successivo risalgono tribuna con nuova abside, torre
campanaria (alta 24 metri e incompiuta) e muri perimetrali. Le esondazioni del
Temo compromisero alcune parti, ricostruite a metà XX secolo: il complesso
riprese l’aspetto medievale. Oggi ammirerai una chiesa che, perso il titolo di
cattedrale, ha mantenuto intatto il fascino. La facciata (del XIII secolo) è
decorata da ampie arcate e archetti intrecciati. In cima noterai un’edicola
sorretta da colonnine, avvolte da un serpente intrecciato. Un’arcata incornicia
il portale, sopra il quale ti colpirà un architrave scolpito con finte logge e
sei archetti che ospitano bassorilievi raffiguranti, in composizione
gerarchica, la Madonna col Bambino nell’edicola centrale maggiore, a fianco
Albero della Vita e santo vescovo (forse Costantino de Castra che consacrò
l’edificio), sul lato destro san Pietro e a sinistra san Paolo, con vesti dagli
elaborati drappeggi. Il vescovo è nell’edicola minore ma gli si fa occupare un
posto accanto alla Vergine. L’abside è divisa in cinque sezioni da lesene che
sostengono mensole che a loro volta sorreggono archetti. In tre di esse
osserverai monofore che contribuiscono a illuminare l’interno, composto da tre
navate: la mediana coperta da capriate lignee, quelle laterali voltate a
crociera. Ad esse accederai da nove archi a tutto sesto per lato, sorretti da
pilastri quadrangolari. Nel primo a destra troverai un fonte battesimale in
calcare bianco.
Cattedrale di Bosa e Santi Emilio e Priamo Martiri
L’edificio,
ora intitolato alla B.V. Maria Immacolata, fu costruito lungo la sponda destra
del fiume Temo forse già nel XII secolo, ma non ebbe da subito il titolo di
cattedrale. Solo col tempo la chiesa divenne sempre più un punto di riferimento
importante per la comunità, tanto da essere scelta come sede della nuova
cattedrale della città di Bosa. Il primitivo edificio fu così demolito e ne fu
costruito un altro più degno di cui resta traccia in un tratto di muro
risalente al XIV-XV secolo, visibile dietro la sacrestia. Agli inizi del XIX
secolo, per le precarie condizioni delle strutture, si resero necessari urgenti
lavori di manutenzione e in parte di totale ricostruzione, che furono affidati
all’architetto Salvatore Are, bosano, e che diedero all’edificio l’aspetto
attuale: un’unica grande e spaziosa navata nella quale si aprono otto piccole
cappelle di cui la prima a destra si sviluppa in un profondo vano, denominato
“cappellone”, e la prima a sinistra ospita il magnifico fonte battesimale
(XVI-XVIII sec.). L’aula termina con un vasto presbiterio sopraelevato. L’area
presbiteriale, molto profonda, coperta da cupola ottagonale (progettata ai
primi dell’Ottocento dall’architetto Domenico Franco) e conclusa da un’abside
semicircolare, è rialzata e separata dalla navata da una balaustra marmorea. Si
accede al presbiterio tramite una gradinata centrale con alla base due leoni
marmorei e due laterali. In marmo è anche l’altare maggiore seicentesco, coronato
dalle statue dell’Immacolata e dei santi Emilio e Priamo, martiri. Dietro
l’altare sono disposti gli stalli intagliati del pregevole coro ligneo.
Sull’ingresso principale di contro al presbiterio, domina l’alta tribuna, che
occupa tutta la larghezza della grande navata circa 11.50 metri, dove troneggia
l’organo contenuto in una grandiosa cassa. Le pitture che decorano le pareti
della cattedrale furono realizzate dall’artista parmense Emilio Scherer tra il
1877 e il 1878.
L’interno mostra dipinti
del pittore E. Scherer, che operò a Bosa tra la fine del XIX e l’inizio del XX
secolo, insieme con altre opere marmoree e lignee inquadrabili in un arco
cronologico tra il XVI e il XIX secolo. La facciata ricostruita agli inizi del
XIX secolo è divisa in due ordini da una robusta trabeazione, a somiglianza di
quella del Carmine, ed è impreziosita da eleganti decorazioni.
Le
cappelle del transetto sono dedicate a San Giuseppe, alla Madonna di Bonaria,
alle anime del Purgatorio.
Santi Emilio e
Priamo,
martiri sardi. Il 28 maggio nel Martirologio Romano leggiamo: “In Sardegna i santi Martiri Emilio, Felice,
Priamo e Luciano, i quali, combattendo per Cristo, furono da lui gloriosamente
coronati”. Secondo la tradizione furono martirizzati durante la
persecuzione neroniana e di loro, i santi Emilio, che si dice fosse prete, e
Priamo soldato, sono i Patroni principali della Diocesi di Bosa.
Cappella palatina: Nostra Signora de Sos Regnos Altos in Bosa
All’interno
della cinta del Castello di Serravalle, fu costruita nel XIV secolo nella piazza d’armi; negli anni Settanta del secolo
scorso un restauro ha portato alla luce uno splendido ciclo affrescato,
riferito ad ambiente italo-provenzale - presumibilmente da un pittore di
origine toscana - e databile agli anni tra il 1350 e il 1370. Gli affreschi si
trovano sulle tre pareti originali
della chiesetta, che venne ampliata successivamente con l'aggiunta del
presbiterio e dell'abside. Opera di un autore ignoto proveniente dalla scuola
spagnola, la serie di affreschi potrebbe essere datata nel periodo precedente
al 1370.
Lungo
la parete sinistra, procedendo dall'abside verso la porta d'ingresso, si
possono osservare, nella parte superiore, le rappresentazioni dell'Adorazione
dei magi e dell'Ultima Cena, nella quale sono sequenzialmente rappresentati
Gesù, Giovanni, Giuda, Pietro, Andrea, Filippo, Giacomo maggiore, Taddeo,
Tommaso, Bartolomeo, Matteo, Simone e Giacomo minore. Seguono le
rappresentazioni di dottori della Chiesa e degli evangelisti.
Nella
parte inferiore sono rappresentate santa Lucia e Maria Maddalena, alle quali si
aggiungono una serie di santi: santa Marta, san Giacomo maggiore, sant'Eulalia,
sant'Agata, sant'Agnese, santa Barbara, santa Vittoria, santa Reparata, santa
Margherita, santa Cecilia, santa Savina e sant'Orsula.
Nella
parte alta della controfacciata sono rappresentati san Martino ed il povero e
san Giorgio che uccide il drago. Nella parte bassa sono visibili santa
Scolastica, san Costantino imperatore, sant'Elena, l'arcangelo Gabriele e la
Vergine annunziata. Accanto alla porta d'ingresso è rappresentato san
Cristoforo.
Nella
parte alta della parete destra sono raffigurati una serie di santi ignoti
mentre nella parte bassa è rappresentato l'Incontro
dei tre morti e dei tre vivi ed il martirio di san Lorenzo.
Nei
registri catastali la prima intitolazione della chiesa era a Sant'Andrea
apostolo e solo intorno alla fine del
XIX secolo ha assunto il nome odierno. Non si hanno menzioni della
struttura originaria dell'edificio, che nei secoli ha subito interventi
pesanti. Oggi si presenta come una chiesa ad aula unica, dove la zona
presbiteriale è stata interamente rifatta. Gli studi più recenti hanno comunque
proposto una datazione dell'edificio al XII secolo e una serie di interventi
successivi nel corso del XIV. Fra questi interventi vi è anche la realizzazione
del ciclo di affreschi che si può ammirare in tre delle quattro pareti della
chiesa. Questi si collocano in controfacciata e nei due lati lunghi e sono
stati pesantemente mutilati dalla ricostruzione dell'abside, in periodo non
documentato.
Il culto
mariano.
Da più di 150 anni a Bosa, città regia nel nord ovest della Sardegna, il
secondo fine settimana di settembre è dedicato ai festeggiamenti in onore di
Nostra Signora de sos Regnos Altos, tradotto letteralmente la festa del Regno
dei Cieli.
La festa ha
origine nel 1847, quando una piccola statua di legno raffigurante la
Madonna fu ritrovata da un bambino tra le rovine del suggestivo castello dei
Malaspina, che domina la cittadina. La statuetta fu denominata di Regnos Altos
e custodita all’interno delle mura del castello, nella chiesa inizialmente
dedicata a S. Andrea che conserva splendidi affreschi a sfondo religioso
risalenti al 1300 circa.
Alla Madonna
viene dedicata una festa e una processione, che si snoda per le strade del
paese addobbate con fiori, frasche e bandierine colorate. La
processione è guidata dalla confraternita e da numerosi gruppi folcloristici,
che accompagnano la statua della Madonna nell santuario all’interno delle mura
del castello. Lungo le viuzze che si arrampicano dal fiume Temo, tra il
castello e la Cattedrale dell’Immacolata, gli spazi a corte e le vie vengono
trasformati in passaggi verdi, ottenuti piegando ad arco lo stuolo di migliaia
di canne. I fedeli del quartiere medioevale di Sa Costa allestiscono “sos
altarittos”, piccoli altari ornati di filigrana d’oro, coralli, fiori e
pizzi preziosi in filet (il ricamo al telaio per cui le donne bosane sono
famose) davanti ai quali la Madonna si ferma per una preghiera.