SANTI GERVASIO E PROTASIO
(Da Wikipedia, l’enciclopedia libera).
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I Santi Gervasio e Protasio, fratelli gemelli milanesi, sono venerati come santi dalla Chiesa cattolica perché considerati martiri della cristianità.
Le notizie sulla loro vita si perdono nel tempo e sono giunti a noi solo pochissimi documenti [citazione mancante]. Non si conoscono le loro date di nascita nemmeno con precisione il momento storico in cui vissero. Alcune fonti come la «Datiana historia ecclesiae Mediolanensis» raccontano che professarono la loro fede durante la dittatura di Nerone e che furono convertiti al cristianesimo, assieme ai loro genitori, dal vescovo di Milano San Caio. Siamo in un momento storico caratterizzato da una feroce persecuzione nei confronti dei cristiani.
Piu’ probabile invece posizionare temporalmente le loro vite nella metà del III secolo, durante le persecuzioni nei confronti dei cristiani di Decio o Valeriano oppure qualche anno dopo, durante la persecuzione di Diocleziano. Durante il V secolo un autore anonimo ne ha descritto la passione, dalla quale è possibile ricavare alcune notizie sulla loro esistenza, rimanendo però sempre al limite tra leggenda e realtà. La passione racconta che anche i loro genitori furono martiri della cristianità. Il padre Vitale venne ucciso mentre si trovava a Ravenna e la madre Valeria fu assassinata sulla via di ritorno per Milano. Appena venuti a conoscenza della morte dei genitori, Gervasio e Protasio non premeditarono nessuna vendetta, anzi decisero di vendere tutti i beni di famiglia per distribuire il ricavato ai poveri di Milano. Passarono poi dieci anni della loro vita a pregare, meditare e professare tutti i dettami della cristianità.
Quando il generale Anastaso passo’ con le sue truppe nella città li denunciò come cristiani e li additò come persone da punire e da redimere. I due fratelli furono arrestati, torturati ed umiliati. A Protasio fu tagliata la testa con un colpo di spada, mentre Gervasio morì a seguito dei numerosi colpi di flagello ricevuti.
I loro corpi furono ritrovati il 7 giugno 386 nell’antica zona cimiteriale, che oggi è compresa tra la caserma Garibaldi della Polizia di Stato e l’Università Cattolica, grazie ad uno scavo commissionato dal vescovo Ambrogio di Milano. Nessuno conosceva l’identità delle due spoglie, il loro ricordo era andato quasi completamente perduto. Il segretario e biografo di Ambrogio narra che i due corpi furono riconosciuti grazie a una rivelazione che lo stesso Ambrogio ebbe; in realtà Ambrogio, nelle lettere alla sorella Marcellina, affermò di avere avuto un presentimento e non una vera e propria rivelazione.
Nel 386 la costruzione della basilica di Milano, attribuita attualmente a Sant’Ambrogio, era stata appena terminata. Il 19 giugno Ambrogio la consacrò ufficialmente con l’elezione a santi di Gervasio e Protasio e con la deposizione delle loro reliquie in un grande loculo sotto l’altare della Basilica stessa. Ambrogio racconta nei suoi scritti che alla traslazione delle reliquie partecipò una grande folla. Secondo altre fonti[citazione necessaria] la deposizione delle reliquie di Gervasio e Protasio fu un espediente che Ambrogio utilizzo per attirarsi il favore delle folle e per allontanare le pretese degli ariani che richiedevano l’assegnazione di una basilica milanese al loro culto.
Presto la notizia si diffuse assieme al loro culto, inizialmente nelle città del nord: Brescia e Ravenna per poi giungere fino a Roma. Durante il pontificato di Innocenzo I venne eretta una chiesa in loro nome, attualmente la chiesa di san Vitale.
La loro popolarità si diffuse nel mediterraneo, il 19 giugno è la data della loro commemorazione liturgica.
Attorno al VI secolo molto probabilmente venne effettuata una ricognizione dei loro corpi.
Nell’835 in occasione del rifacimento della Basilica di Sant’Ambrogio ad opera di Angelberto II le spoglie dei due fratelli e quelle di Ambrogio furono rimosse dai loculi e poste in un’unica urna di porfido.
Il 13 gennaio 1864 la Chiesa operò una attenta ricognizione delle zone sottostanti l’altare della Basilica di Sant’Ambrogio. Trovarono i due loculi vuoti, uno grande, dedicato ai due santi e uno più piccolo dedicato alle spoglie di sant’Ambrogio.
L’ 8 agosto 1871 l’urna di porfilo venne aperta, risultava quasi completamente piena d’acqua stranamente limpidissima, sul fondo stavano adagiati 3 scheletri che furono attribuiti ad Ambrogio, Gervasio e Protasio.
Il 14 maggio 1874 le reliquie dei santi furono deposte in una nuova urna più preziosa, in argento e cristallo.
Altre fonti di informazione:
GERVASIO e PROTASIO, santi, martiri a MILANO
Le notizie piú antiche sui santi Gervasio e Protasio risalgono al 386, anno della invenzione dei loro corpi a Milano ad opera di s. Ambrogio.
Il 7 giugno 386, nella zona cimiteriale di Porta Vercellina (nell’area compresa tra la basilica di S. Ambrogio, l’Università Cattolica e la caserma Garibaldi), nel sottosuolo antistante la basilica cimiteriale dei SS. Nabore e Felice, s. Ambrogio fece operare uno scavo: vi si trovarono i corpi dei due martiri il cui ricordo era andato praticamente perduto nella Chiesa di Milano: tuttavia i vecchi, ad invenzione avvenuta, affermarono di averne sentito, un tempo, i nomi e di averne letta l’iscrizione sepolcrale. S. Agostino, presente a Milano in quegli anni e Paolino di Milano, segretario e biografo di s. Ambrogio dicono che il santo ebbe una rivelazione (i due scritti sono rispettivamente del 397-401 e del 422); s. Ambrogio, invece, scrivendo alla sorella Marcellina la cronaca di quegli avvenimenti, parla solo di un presentimento.
La sera del 18 giugno le sacre spoglie furono trasportate nella vicina basilica Fausta per una veglia notturna di preghiere: il giorno seguente, venerdí 19 giugno, esse furono solennemente traslate, con un grandissimo, entusiastico concorso di popolo, nella basilica detta attualmente di S. Ambrogio, che si era appena finito di costruire, per consacrarla con questa deposizione di reliquie. S. Ambrogio dice d’aver predisposto il luogo sotto l’altare della nuova basilica come sua tomba: scoperti i corpi dei due martiri, cedette loro dexteram portionem.
Da quanto consta dalle fonti sopraindicate, sembra da escludersi in modo assoluto che l’invenzione dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio sia stata un espediente di Ambrogio per meglio resistere, attraverso l’entusiasmo delle folle, alla corte in generale ed a Giustina in particolare, che pretendevano la consegna agli ariani di una basilica milanese; parimenti affatto gratuita è l’opinione che i due martiri siano una trasposizione cristiana dei Dioscuri.
La traslazione delle reliquie dei martiri Gervasio e Protasio fatta da Ambrogio a scopo liturgico, sull’esempio delle traslazioni liturgiche orientali, ebbe un influsso notevole in tutto l’Occidente, segnando una svolta decisiva nella storia del culto dei santi e delle loro reliquie.
I due santi godettero subito di una notevole popolarità, soprattutto in Occidente: furono particolarmente venerati in Italia, a Ravenna, a Brescia ed a Roma, dove, sotto il pontificato di Innocenzo I (402-417), la matrona Vestina eresse una chiesa dedicata in loro onore, l’attuale S. Vitale in via Nazionale; in Gallia, a Vienne ed a Rouen; in Spagna, a Carmona; in Africa, a Cartagine. L’anniversario della invenzione dei loro corpi ben presto entrò nei piú importanti Calendari e Sacramentari, come il Calendario Cartaginese, il Sacramentario Gregoriano ed il Martirologio Geronimiano che li ricordano tutti, concordemente, il 19 giugno Il Geronimiano, poi, li ricorda anche altre volte: il 20 maggio (sembra per un errore di lettura e di trascrizione); il 28 luglio, giorno dei ss. Nazario e Celso, nei cui Atti si parla anche dei ss. Gervasio e Protasio ed il 30 ottobre (per cause ignote).
Data la fama dei due santi e la scarsità delle notizie che li concernevano, tra la fine del sec, V e l’inizio del VI, un autore rimasto anonimo, ne compose la passio, inserendola in una lettera falsamente attribuita a s. Ambrogio, nella quale, autore della passio stessa, figura nientemeno che Filippo, il primo grande benefattore della Chiesa di Milano al tempo del vescovo s. Caio (v.), il quale avrebbe sepolto i due santi nella sua casa.
La passio presenta Gervasio e Protasio come figli gemelli dei ss. Vitale e Valeria. Morti i genitori, i due fratelli vendettero i beni di famiglia, ne distribui rono il ricavato ai poveri e si ritirarono in una casetta ove passarono dieci anni in preghiera e me ditazione. Denunziati come cristiani ad Astasio, di passaggio per Milano diretto alla guerra contro i Marcomanni, non vollero assolutamente sacrificare e perciò furono condannati a morte. Gervasio morí sotto i colpi dei flagelli, Protasio venne invece decapitato.
La leggenda intorno ai nostri martiri si arricchì di ulteriori precisazioni: la Datiana historia eccle siae Mediolanensis afferma che i due santi furono convertiti al Cristianesimo, assieme ai loro genitori, nobilissimi cittadini di Milano, dal ve scovo s. Caio che avrebbe retto la Chiesa della città dal 63 all’85 e il loro martirio sarebbe avvenuto ai tempi di Nerone (54-68).
In realtà sembra che il martirio di Gervasio e Protasio si debba attribuire o alla persecuzione di Diocleziano (e perciò all’inizio del sec. IV) o molto piú probabilmente a qualcuna delle persecuzioni della metà del sec. III (di Decio o Valeriano).
Importante è la ricognizione delle reliquie dei ss. Ambrogio, Gervasio e Protasio avvenuta poco dopo la metà del sec. scorso, e precisamente negli anni 1864 e 1871. Il 13 gennaio 1864, sotto 1’altare maggiore della basilica di S. Ambrogio, furono trovati due loculi: verso nord (e cioè a destra di chi celebra con la faccia rivolta verso il popolo) il loculo piú grande dei due martiri, a sinistra, quello piú stretto di s. Ambrogio. I corpi erano rimasti in quei due loculi fino all’anno 835, circa, allorché 1’arcivescovo Angelberto II, in occasione del rifacimento totale della cadente basilica del sec. IV e della costruzione dell’altare d’oro del maestro Wolvinio, li riuní in una sola urna di porfido (anch’essa scoperta, ma non aperta nel 1864) che venne disposta in senso trasversale sopra i ,due loculi che furono lasciati vuoti in situ. L’8 agosto 1871, per ordine dell’arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana, I’urna di porfido fu scoperchiata. Era per due terzi piena di acqua limpida; sul fondo stavano i tre scheletri che, esaminati diligentemente, risultarono appartenenti ad uomini che misuravano rispettivamente cm. 163 (s. Ambrogio), 180 e 181 (Gervasio e Protasio). Risulterebbe da indagini fatte allora ed in seguito, che una ricognizione dei loro corpi doveva essere avvenuta tra la fine del sec. V e l’inizio del VI.
Quando nel 1871 si annunciò la scoperta milanese dei corpi dei ss. Gervasio e Protasio, cinque città asseritono di possederli anch’esse e proteste vivacissime presso la cur1a di Milano furono fatte soprattutto dalla città di Alt Breisach sul Reno.
La festa dei due martiri viene celebrata il 19 giugno anniversario della loro solenne traslazione del 386 nella basilica di S. Ambrogio; il 14 maggio la liturgia ambrosiana ricorda la reposizione dei corpi dei ss. Ambrogio, Gervasio e Protasio nella nuova, attuale urna preziosa, eseguita nell’anno 1874, dopo la ricognizione del 1871.
Il 7 giugno 386, nella zona cimiteriale di Porta Vercellina (nell’area compresa tra la basilica di S. Ambrogio, l’Università Cattolica e la caserma Garibaldi), nel sottosuolo antistante la basilica cimiteriale dei SS. Nabore e Felice, s. Ambrogio fece operare uno scavo: vi si trovarono i corpi dei due martiri il cui ricordo era andato praticamente perduto nella Chiesa di Milano: tuttavia i vecchi, ad invenzione avvenuta, affermarono di averne sentito, un tempo, i nomi e di averne letta l’iscrizione sepolcrale. S. Agostino, presente a Milano in quegli anni e Paolino di Milano, segretario e biografo di s. Ambrogio dicono che il santo ebbe una rivelazione (i due scritti sono rispettivamente del 397-401 e del 422); s. Ambrogio, invece, scrivendo alla sorella Marcellina la cronaca di quegli avvenimenti, parla solo di un presentimento.
La sera del 18 giugno le sacre spoglie furono trasportate nella vicina basilica Fausta per una veglia notturna di preghiere: il giorno seguente, venerdí 19 giugno, esse furono solennemente traslate, con un grandissimo, entusiastico concorso di popolo, nella basilica detta attualmente di S. Ambrogio, che si era appena finito di costruire, per consacrarla con questa deposizione di reliquie. S. Ambrogio dice d’aver predisposto il luogo sotto l’altare della nuova basilica come sua tomba: scoperti i corpi dei due martiri, cedette loro dexteram portionem.
Da quanto consta dalle fonti sopraindicate, sembra da escludersi in modo assoluto che l’invenzione dei corpi dei martiri Gervasio e Protasio sia stata un espediente di Ambrogio per meglio resistere, attraverso l’entusiasmo delle folle, alla corte in generale ed a Giustina in particolare, che pretendevano la consegna agli ariani di una basilica milanese; parimenti affatto gratuita è l’opinione che i due martiri siano una trasposizione cristiana dei Dioscuri.
La traslazione delle reliquie dei martiri Gervasio e Protasio fatta da Ambrogio a scopo liturgico, sull’esempio delle traslazioni liturgiche orientali, ebbe un influsso notevole in tutto l’Occidente, segnando una svolta decisiva nella storia del culto dei santi e delle loro reliquie.
I due santi godettero subito di una notevole popolarità, soprattutto in Occidente: furono particolarmente venerati in Italia, a Ravenna, a Brescia ed a Roma, dove, sotto il pontificato di Innocenzo I (402-417), la matrona Vestina eresse una chiesa dedicata in loro onore, l’attuale S. Vitale in via Nazionale; in Gallia, a Vienne ed a Rouen; in Spagna, a Carmona; in Africa, a Cartagine. L’anniversario della invenzione dei loro corpi ben presto entrò nei piú importanti Calendari e Sacramentari, come il Calendario Cartaginese, il Sacramentario Gregoriano ed il Martirologio Geronimiano che li ricordano tutti, concordemente, il 19 giugno Il Geronimiano, poi, li ricorda anche altre volte: il 20 maggio (sembra per un errore di lettura e di trascrizione); il 28 luglio, giorno dei ss. Nazario e Celso, nei cui Atti si parla anche dei ss. Gervasio e Protasio ed il 30 ottobre (per cause ignote).
Data la fama dei due santi e la scarsità delle notizie che li concernevano, tra la fine del sec, V e l’inizio del VI, un autore rimasto anonimo, ne compose la passio, inserendola in una lettera falsamente attribuita a s. Ambrogio, nella quale, autore della passio stessa, figura nientemeno che Filippo, il primo grande benefattore della Chiesa di Milano al tempo del vescovo s. Caio (v.), il quale avrebbe sepolto i due santi nella sua casa.
La passio presenta Gervasio e Protasio come figli gemelli dei ss. Vitale e Valeria. Morti i genitori, i due fratelli vendettero i beni di famiglia, ne distribui rono il ricavato ai poveri e si ritirarono in una casetta ove passarono dieci anni in preghiera e me ditazione. Denunziati come cristiani ad Astasio, di passaggio per Milano diretto alla guerra contro i Marcomanni, non vollero assolutamente sacrificare e perciò furono condannati a morte. Gervasio morí sotto i colpi dei flagelli, Protasio venne invece decapitato.
La leggenda intorno ai nostri martiri si arricchì di ulteriori precisazioni: la Datiana historia eccle siae Mediolanensis afferma che i due santi furono convertiti al Cristianesimo, assieme ai loro genitori, nobilissimi cittadini di Milano, dal ve scovo s. Caio che avrebbe retto la Chiesa della città dal 63 all’85 e il loro martirio sarebbe avvenuto ai tempi di Nerone (54-68).
In realtà sembra che il martirio di Gervasio e Protasio si debba attribuire o alla persecuzione di Diocleziano (e perciò all’inizio del sec. IV) o molto piú probabilmente a qualcuna delle persecuzioni della metà del sec. III (di Decio o Valeriano).
Importante è la ricognizione delle reliquie dei ss. Ambrogio, Gervasio e Protasio avvenuta poco dopo la metà del sec. scorso, e precisamente negli anni 1864 e 1871. Il 13 gennaio 1864, sotto 1’altare maggiore della basilica di S. Ambrogio, furono trovati due loculi: verso nord (e cioè a destra di chi celebra con la faccia rivolta verso il popolo) il loculo piú grande dei due martiri, a sinistra, quello piú stretto di s. Ambrogio. I corpi erano rimasti in quei due loculi fino all’anno 835, circa, allorché 1’arcivescovo Angelberto II, in occasione del rifacimento totale della cadente basilica del sec. IV e della costruzione dell’altare d’oro del maestro Wolvinio, li riuní in una sola urna di porfido (anch’essa scoperta, ma non aperta nel 1864) che venne disposta in senso trasversale sopra i ,due loculi che furono lasciati vuoti in situ. L’8 agosto 1871, per ordine dell’arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana, I’urna di porfido fu scoperchiata. Era per due terzi piena di acqua limpida; sul fondo stavano i tre scheletri che, esaminati diligentemente, risultarono appartenenti ad uomini che misuravano rispettivamente cm. 163 (s. Ambrogio), 180 e 181 (Gervasio e Protasio). Risulterebbe da indagini fatte allora ed in seguito, che una ricognizione dei loro corpi doveva essere avvenuta tra la fine del sec. V e l’inizio del VI.
Quando nel 1871 si annunciò la scoperta milanese dei corpi dei ss. Gervasio e Protasio, cinque città asseritono di possederli anch’esse e proteste vivacissime presso la cur1a di Milano furono fatte soprattutto dalla città di Alt Breisach sul Reno.
La festa dei due martiri viene celebrata il 19 giugno anniversario della loro solenne traslazione del 386 nella basilica di S. Ambrogio; il 14 maggio la liturgia ambrosiana ricorda la reposizione dei corpi dei ss. Ambrogio, Gervasio e Protasio nella nuova, attuale urna preziosa, eseguita nell’anno 1874, dopo la ricognizione del 1871.
Autore: Antonio Rimoldi