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lunedì 29 agosto 2016
Verità per Giulio Regeni!
Ciao, Giulio!
Fammi giustizia, Signore:
nell'integrità ho camminato,
confido nel Signore, non potrò vacillare. (Sal 26,1)
domenica 28 agosto 2016
sabato 27 agosto 2016
mercoledì 24 agosto 2016
A te, Maria, ricorriamo!
Quando la natura vive la sua libertà,
noi ci sentiamo in balia del nulla,
a Te, Madre, ci affidiamo!
Donaci
sapienza,
calma,
e consolaci.
Tutto è compiuto,
fa ora, che la gratuità e la solidarietà,
mostri il volto di Cristo,
e consolaci.
Amen.
sabato 20 agosto 2016
giovedì 18 agosto 2016
mercoledì 17 agosto 2016
Mi viene da ridere!
Il Martire Fortunato venerato a
Casei Gerola il 16 ottobre e la III domenica di ottobre è un martire dei primi
secoli del cristianesimo romano, di cui non si sa nulla. Non è certamente un
martire nella valle di Agaunum, in
quanto sarebbe insensato pensare che la sepoltura sia potuta avvenire a decine
di chilometri di distanza dalla valle svizzera alla catacombe romana della via Appia. È venerato
come soldato, cioè come milite di Cristo, da qui l’idea fantasiosa di farlo un
compagno di San Maurizio e della legione tebea.
Di certo sappiamo che morì
martire a Roma, in un secolo tra la grande persecuzione di Nerone e la pace di
Costantino, per cui sepolto in una catacomba romana. Nelle catacombe romane di
San Callisto, riposò, fino al 1746, quando il cardinale Guadagni, vicario di
Papa Benedetto XIV per la città di Roma, ne ordinò la traslazione e
l’esposizione nella Collegiata romana di Santa Maria in Via Lata. Da Santa
Maria in Via Lata le reliquie di San Fortunato giunsero a Casei nel 1765, come
dono della Santa Sede al Prevosto dell’Insigne Collegiata, ai canonici e alla
comunità casellese, tramite il vescovo di Tortona Mons. Giuseppe Ludovico de
Anduxar. Non deve meravigliare questo gesto, se si considera che la Parrocchia
di Casei, fino al Prevosto don Bianchi agli inizi del 1900, fu di “collazione
papale”, cioè il suo parroco era nominato direttamente da Roma con bolla papale
e per potervi essere designato un sacerdote doveva esibire un titolo accademico
in teologia conseguito presso una facoltà romana, come attesta un documento
dell’archivio parrocchiale, datato 1806. All’epoca della traslazione a Casei di
San Fortunato risale la preziosa urna che custodisce le reliquie e in quell’occasione
le ossa del capo frantumate (indizio del martirio avvenuto a colpi di clava,
come si usava fare presso l’esercito romano in occasione delle decimazioni, o
nelle lotte nel circo o perché mal conservate e mal estratte... non è certo un punto a favore della pia bugia che fosse della legione tebea, che fu sterminata per decimazione!) vennero inserite
nella sagoma in gesso del teschio, poi rivestito con l’elmo.
martedì 16 agosto 2016
lunedì 15 agosto 2016
domenica 14 agosto 2016
800 volte SÌ!
1480 - 14 Agosto - 2016
SS. Martiri di Otranto.
800 volte SÌ!
SS. Martiri di Otranto.
800 volte SÌ!
Fratelli, anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. ...
Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.
Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato. (Eb 12)
Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio.
Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato. (Eb 12)
sabato 13 agosto 2016
San Papino o Pappiano o Papia, martire (II)
Caro Padre che NON è vero che "Viene commemorato a Milazzo anche il 28 giugno, festività espunta nella nuova edizione del Martirologio Romano (2004)", perché il 28 giugno del nuovo MR non riporta San Papino (sic!), a me che glielo inserito tu a mano :) e poi il 2004 è l'edizione italiana, il nuovo MR nella edizione typica in latino è del 2001 e anche lì non c'è san Papino (sic!), l'ultima edizione del MR che lo riporta è quella latina del 1960, rieditata nel 1998.
Altro articolo è QUI
Oh! Se tu sapessi cos'è pregare! (G. Goggi)
Nacque
a Pozzolo Formigaro (Alessandria), il 6 Gennaio 1877 da pii e agiati
agricoltori. Fu educato, sin dalla tenera età, alla preghiera, alla purezza,
all'amore di Dio e del prossimo, della Chiesa e del Papa; sentì giovanissimo la
chiamata alla vita di perfezione. In particolare avvertì la spinta interiore ad
unirsi all'allora Chierico Luigi Orione, il quale compiva in Tortona i primi
passi del suo mirabile apostolato. Attuò scrupolosamente il programma
fissatogli da Don Orione: "prima professore, poi sacerdote". Compì
gli studi liceali in Genova e quelli universitari in Torino, professando
coraggiosamente, in quei difficili ambienti, la propria fede, stringendo a sé
una bella schiera di studenti decisi, come lui, a bandire ogni rispetto umano e
imponendosi all'ammirazione anche degli avversari. Si laureò a pieni voti in
lettere e filosofia. In quegli anni si prodigò in un piccolo istituto aperto da
Don Orione in Torino, per avviare al lavoro ragazzi poveri e abbandonati. L'8
dicembre 1901 riceveva in Tortona, a 24 anni, l'abito clericale; il 6 settembre
1903 veniva ordinato sacerdote, emettendo lo stesso giorno, nelle mani di Don
Orione, la prima Professione religiosa nella Piccola Opera della Divina
Provvidenza, approvata da pochi mesi. Fedelissimo a Don Orione, gli furono
affidati incarichi difficili e delicati: a Tortona, Sanremo, Torino. Trasferito
a Roma, nel 1904, fu Rettore della Chiesa di Sant'Anna dei Palafrenieri al
Vaticano; si dimostrò sacerdote pio, colto, di grande tatto, circondato ovunque
di venerazione e affetto. Strinse numerose amicizie sia tra la gente semplice
come con personaggi noti: il Prof. L. Costantini, il poeta G. Salvadori, Card.
Carlo Perosi, Padre Semeria, il beato Luigi Guanella, i servi di Dio Aristide
Leonori e Madre Michel. Nel 1907 fu convisitatore dei seminari della Sicilia,
con il Card. Carlo Perosi. Poco dopo, San Pio X lo preconizzò ad una sede
episcopale. Ma già il Signore lo stimava maturo per il cielo. Un rapido e
progressivo indebolimento psico-fisico fermò il suo apostolato. Fu accompagnato
da Don Orione stesso all'ospedale psichiatrico di Alessandria, dove morì
improvvisamente, dopo 6 giorni, il 4 agosto 1908. Aveva 31 anni. Le sue spoglie
mortali riposano nel Santuario della Madonna della Guardia, a Tortona (AL). Don
Orione disse di lui: "Il nostro Don
Gaspare Goggi, primo Figlio della Divina Provvidenza, era mente eletta, tempra
di santo tanto pio quanto dotto che morì in concetto di santità... morto
consumato da troppe fatiche. Vero servo di Dio, amò molto la Madonna, il
Papa".
venerdì 12 agosto 2016
Film e un nuovo libro su Rolando Rivi!
Martedì 23
agosto 2016, al Meeting di Rimini,
verrà proiettato per la prima volta il film documentario “Dio sceglie i
piccoli”, opera del regista milanese Riccardo Denaro, che racconta la vita, la
testimonianza di fede e il martirio del seminarista Rolando Rivi.
L’appuntamento è alle ore 18,00, al Teatro del Villaggio Ragazzi, Padiglione
C3, Nuova Fiera di Rimini (ingresso libero e gratuito). Saranno presenti il
regista e il cugino del Beato Rolando, Sergio Rivi. Insieme al film verrà
presentato il nuovo libro “Dio sceglie i piccoli”, che accompagna il film in
DVD, scritto a quattro mani dal giornalista Emilio Bonicelli e dal Vescovo di
Reggio Emilia, Massimo Camisasca.
Lunedì 22
agosto, alle ore 14, nella saletta incontri della libreria Jaca Book, al
Meeting di Rimini, il regista Riccardo Denaro e Angelo Porro, Casa Memores
Domini di San Valentino, incontreranno i lettori per parlare del libro e del
film.
Comitato
Amici di Rolando Rivi
Sono affascinato dai Martiri del XX secolo, e Rolando Rivi è uno di questi.
Quella sua affermazione, "Io sono di Gesù", è sconvolgente, e mi chiedo se anche ciascuno di noi è capace di affermarla allo stesso modo, non per il martirio, ma per le scelte di vita di tutti i giorni.
La cosa invece che mi sconvolge è vedere come il piccolo Rolando sia oramai un "santo" e membro del Movimento di CL.
Perché?
Perché in quella frase - e nella talare - vedono un fondamentalismo, come spesso sono quelli di CL? Oppure è una questione più politica, Rolando è stato ucciso dai comunisti?
Certo che questi due pensieri sviliscono la figura del Martire Rolando, ma posso spiegare perché CL si sia accaparrato del Beato, tanto che hanno creato una Casa Memores Domini di San Valentino... mah!
Quindi ora CL ha due santi: Riccardi Pampuri e Rolandi Rivi. Il primo lasciato in eredità dal fondatore, e il secondo perché... boh!
Si, perché prima oltre San Pampuri (come lo chiamano!), non esisteva nessun altro santo... forse un po' i Santi Martin, Zelia e Luigi, dimenticavo!
Certo Rolando Rivi rimane un esempio sconcertante, se pur una presenza ingombrante, perché segno di quella questione storica romagnola ed emiliana, che dal dopo guerra non si è ancora riconciliata, che ha ancora altri testimoni e martiri.
martiri dei Nazisti ... |
Una guerra civile, tra il mondo laico comunista e il mondo credente cattolico. Una della questioni storiche dell'Italia del dopo guerra che ancora scottano.
Chissà cosa pensano i Martiri, come Rolando, di ciò che accade nella nostra Italia, oramai simpatizzante cattolica?
Dove in nome di una dittatura della libertà personale (anche sostenuta da un certo pensiero cattolico, vedi CL!), tutto è giustificato e possibile?
Tutto è buono, se non fa male a nessuno.... ma in realtà corrode il futuro nei valori cattolici, per i quali i Martiri hanno donato la vita.
per approfondire... gliscritti.it
giovedì 11 agosto 2016
“Lo restituì a sua madre”
“Lo restituì a sua madre”. La madre ritrova il figlio. Ricevendolo dalle mani di Gesù essa diventa madre per la seconda volta, ma il figlio che ora le è restituito non è da lei che ha ricevuto la vita. Madre e figlio ricevono così la rispettiva identità grazie alla parola potente di Gesù e al suo gesto amorevole. Così, specialmente nel Giubileo, la madre Chiesa riceve i suoi figli riconoscendo in loro la vita donata dalla grazia di Dio. E’ in forza di tale grazia, la grazia del Battesimo, che la Chiesa diventa madre e che ciascuno di noi diventa suo figlio.
(Papa Francesco)
martedì 9 agosto 2016
Edith e Franz, ascoltatori di Dio
Di noi tutti abbi misericordia:
donaci di aver parte alla vita eterna,insieme con la beata Maria, Vergine e Madre di Dio,
con gli apostoli e tutti i santi,
che in ogni tempo ti furono graditi:
e in Gesù Cristo tuo Figlio canteremo la tua gloria.
Beato Franz Jägerstätter |
Così la Preghiera Eucaristica II ci fa pregare.
Oggi
9 agosto la Chiesa celebra due suoi figli legati dallo stesso destino: il
martirio.
Un
uomo, sposato, padre e contadino, Franz Jägerstätter; e una vergine carmelitana,
filosofa, Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein.
Lui
appartenete alla stirpe ariana, lei alla stirpe ebraica.
Tutte
e due immolati in Cristo per il trionfo del suo Regno.
Lei
uccisa nella camera a gas a Birkenau, lui decapitato a Berlino.
Lui
sepolto, lei cremata e poi dispersa.
Due
figli della Germania, due credenti con due percorsi diversi (perché Gesù ha
molta fantasia!), due credenti del XX secolo nell’orrore della II Guerra
Mondiale.
Due
figli della Chiesa, graditi a Dio, da
essere per noi stupore e meraviglia: ecco cosa vuol dire credere!
Santa Edith Stein (Teresa Benedetta della Croce) chiesa di Santa Caterina d'Alessandria, Padova (Opera Giustina Toni) |
Teresa
Benedetta nel suo percorso di ricerca, un giorno entro in una chiesa cattolica
esclamo: Qui c'è Qualcuno!.
La
presenza eucaristica di Gesù parlava a Edith, così come parlava a Franz.
Non invidiamo forse i tre magi, che
hanno potuto prendere nelle loro braccia Gesù bambino? … molti penseranno
certamente che se potessimo vedere Gesù nell’ostia consacrata come lo hanno
visto i magi a Betlemme sarebbe tutta un’altra cosa. Ma Cristo stesso ha detto:
Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno. Perciò riceviamo senza
dubbio una ben maggior grazia facendo la comunione, pur non vedendo Cristo
nella santa ostia, piuttosto che se lo potessimo vedere. … questo è davvero il
più grande e più bel lascito che ci ha fatto Gesù nell’ultima cena.
Possa
il Signore farci ascoltare il mistero della Sua presenza e darci una vita
obbediente alla sua volontà… per essere a Lui graditi.
Amen
domenica 7 agosto 2016
Io sono un peccatore!
Dalle "Lettere" di san Gaetano, sacerdote
Io sono un peccatore e di me faccio poco conto, ma ricorro ai santi servi del Signore, perché preghino per te Cristo benedetto e la sua Madre. Non dimenticare che tutti i santi non possono renderti cara a Cristo quanto lo puoi tu. E' impresa tua, e se vuoi che Cristo ti ami e ti aiuti, tu ama lui e volgi la tua volontà a piacergli sempre e non dubitare che, se anche ti abbandonassero tutti i santi e tutte le creature, egli ti aiuterà sempre nelle tue necessità. Sii certa che noi siamo sulla terra pellegrini e viaggiatori: la nostra patria è il cielo. Chi si insuperbisce, va fuori strada e corre alla morte. Mentre viviamo quaggiù, dobbiamo acquistarci la vita eterna, e tuttavia da soli non possiamo, perché l'abbiamo perduta per i nostri peccati, ma Gesù Cristo ce l'ha recuperata. Perciò bisogna che lo ringraziamo in ogni circostanza, lo amiamo, gli obbediamo e facciamo tutto quello che ci è possibile per rimanere con lui. Egli si è dato per noi come nostro cibo. Infelice chi ignora un dono così grande. Ci è dato di possedere Cristo, Figlio della Vergine Maria. Lo rifiuteremo? Guai a colui che non si cura di riceverlo.
Io sono un peccatore e di me faccio poco conto, ma ricorro ai santi servi del Signore, perché preghino per te Cristo benedetto e la sua Madre. Non dimenticare che tutti i santi non possono renderti cara a Cristo quanto lo puoi tu. E' impresa tua, e se vuoi che Cristo ti ami e ti aiuti, tu ama lui e volgi la tua volontà a piacergli sempre e non dubitare che, se anche ti abbandonassero tutti i santi e tutte le creature, egli ti aiuterà sempre nelle tue necessità. Sii certa che noi siamo sulla terra pellegrini e viaggiatori: la nostra patria è il cielo. Chi si insuperbisce, va fuori strada e corre alla morte. Mentre viviamo quaggiù, dobbiamo acquistarci la vita eterna, e tuttavia da soli non possiamo, perché l'abbiamo perduta per i nostri peccati, ma Gesù Cristo ce l'ha recuperata. Perciò bisogna che lo ringraziamo in ogni circostanza, lo amiamo, gli obbediamo e facciamo tutto quello che ci è possibile per rimanere con lui. Egli si è dato per noi come nostro cibo. Infelice chi ignora un dono così grande. Ci è dato di possedere Cristo, Figlio della Vergine Maria. Lo rifiuteremo? Guai a colui che non si cura di riceverlo.
San Gaetano nacque nel 1480 a Vicenza, da famiglia illustre e pia. Ad esempio di Gesù adolescente, Gaetano mentre cresceva nello spirito, faceva pure gran profitto nello studio. Studiò prima diritto a Padova, poi, da chierico, fu chiamato a Roma da Papa Giulio II che lo volle al suo servizio come segretario particolare prima e pronotario apostolico poi. A contatto con la Curia Romana concepì propositi di riforma del costume e, con Pietro Carafa (poi Papa Paolo IV), introdusse in Roma la Compagnia del Divino Amore.
Nel 1524, sempre con la collaborazione del Carafa, fondò una Congregazione di chierici regolari, la prima del genere, che si disse dei Teatini, dal nome latino di Chieti, Teate, di cui il Carafa era Vescovo: il suo Istituto tendeva alla carità spirituale e corporale e fu principio della grandiosa riforma cattolica del XVI secolo.
Nel 1524, sempre con la collaborazione del Carafa, fondò una Congregazione di chierici regolari, la prima del genere, che si disse dei Teatini, dal nome latino di Chieti, Teate, di cui il Carafa era Vescovo: il suo Istituto tendeva alla carità spirituale e corporale e fu principio della grandiosa riforma cattolica del XVI secolo.
San Gaetano creò numerose case a Napoli e Venezia, incrementando ogni possibile opera di beneficenza, avvicinandosi alle piaghe materiali e morali dei sofferenti, dedicandosi assiduamente all’apostolato tra i poveri e i diseredati; per sollevarne la miseria, istituì i Monti di pietà, aprì ospizi per i vecchi e fondò ospedali. San Gaetano morì a Napoli nel 1547 e fu canonizzato da Clemente X nel 1671.
Primo giorno della Novena a San Rocco, santo della Misericordia
O grande san Rocco, tu che partisti in cammino senza pensare al domani, insegnaci a donare tutto a Gesù, senza riserve, senza ripensamenti, con amore.
Gloria...
Gloria...
O grande san Rocco, medico dei poveri, degli esclusi, intercedi per noi in questi tempi segnati da un flagello tale e quale la peste che tu hai combattuto. Ispira i ricercatori, sostieni i malati, liberaci dal male.
Gloria...
Gloria...
O grande san Rocco, tu, andato in Cielo in solitudine, veglia sui nostri fratelli colpiti dal male che sono prossimi a morire, incita i cristiani ad accompagnarli, i santi ad amarli e ad aiutarli durante il passaggio.
Gloria...
Gloria...
PREGHIAMO
O Dio Santo, Padre, Figlio e Spirito Santo, per l’intercessione di Rocco, nostro amico, liberaci da tutte le malattie contagiose e da tutti i peccati.
O Dio Santo, Padre, Figlio e Spirito Santo, per l’intercessione di Rocco, nostro amico, liberaci da tutte le malattie contagiose e da tutti i peccati.
sabato 6 agosto 2016
Risen, Risorto!
In film interessante. Tra Vangelo e fantavangelo. Certo che: chi incontra Gesù non è più lo stesso!
Esce nelle sale il 17 marzo (2016) "Il risorto", l'epica storia della Resurrezione e delle settimane che la seguirono, attraverso gli occhi dell'incredulo Clavius (Fiennes), un tribuno militare di alto rango. Qui di seguito la recensione e il trailer in esclusiva per Avvenire.
Un uomo vaga stanco e assetato nel deserto della Galilea. Con sé non ha che mantello e bisaccia. Finalmente incontra una casa. Entra e trova da bere e da mangiare. Chi lo ospita fa presto a capire di non avere davanti un semplice viandante: ai piedi ha calzari da militare e al dito porta un anello che lo identifica come funzionario romano. Chi sei? da dove vieni? sono domande spontanee.
La risposta del viandante, in un flashback, proietta lo spettatore di Risorto ( Risen il titolo origina-le), nel mezzo di una battaglia fra una legione romana comandata da quello stesso viandante, il tribuno Clavio, e una roccaforte di zeloti che proteggono Barabba appena liberato in cambio di Gesù. Clavio manovra la sua macchina da guerra alla perfezione: conquista e uccide senza pietà.
Quando torna a Gerusalemme viene convocato da Pilato che ha ordinato la crocifissione di Gesù e ha tre problemi: placare la folla, che nei pressi delle tre croci subito fuori città comincia ad agitarsi per quell’agonia che ha del misterioso; placare il Sinedrio preoccupato che il corpo di Gesù venga fatto sparire dai seguaci per dire che è risorto; prevenire possibili rivolte contro Roma in nome di un fantomatico Re dei Giudei. Clavio irrompe sulla scena della crocifissione, resa con efficace realismo.
Per far tacere la folla e le donne in pianto in un clima che palesemente turba anche lui, decide di interrompere lo spettacolo. Fa spezzare le gambe ai due ladroni e sceglie, per rispetto, di far trafiggere Gesù. Poi affida il corpo a Giuseppe d’Arimatea presenziando alla sepoltura. Aiuta a rotolare la pietra. Fa mettere i sigilli e pone due soldati di guardia. La mattina del terzo giorno, però, il sepolcro viene trovato vuoto. Pilato è infuriato e ordina di ritrovare il corpo. Da qui parte l’inchiesta del tribuno Clavio, cuore del film, con perquisizioni, interrogatori, informatori prezzolati, retate, irruzioni nelle case, inseguimenti e persino refertazioni da polizia scientifica: il telo che ha avvolto Gesù, trovato nel sepolcro con la sua immagine impresa; le funi strappate che bloccavano la pietra; i sigilli fusi... Clavio è intelligente, ambizioso, esperto, usa con sapienza forza e psicologia. Tutti elementi che riportano alla più pura e incalzante fiction poliziesca di matrice americana.
Un uomo vaga stanco e assetato nel deserto della Galilea. Con sé non ha che mantello e bisaccia. Finalmente incontra una casa. Entra e trova da bere e da mangiare. Chi lo ospita fa presto a capire di non avere davanti un semplice viandante: ai piedi ha calzari da militare e al dito porta un anello che lo identifica come funzionario romano. Chi sei? da dove vieni? sono domande spontanee.
La risposta del viandante, in un flashback, proietta lo spettatore di Risorto ( Risen il titolo origina-le), nel mezzo di una battaglia fra una legione romana comandata da quello stesso viandante, il tribuno Clavio, e una roccaforte di zeloti che proteggono Barabba appena liberato in cambio di Gesù. Clavio manovra la sua macchina da guerra alla perfezione: conquista e uccide senza pietà.
Quando torna a Gerusalemme viene convocato da Pilato che ha ordinato la crocifissione di Gesù e ha tre problemi: placare la folla, che nei pressi delle tre croci subito fuori città comincia ad agitarsi per quell’agonia che ha del misterioso; placare il Sinedrio preoccupato che il corpo di Gesù venga fatto sparire dai seguaci per dire che è risorto; prevenire possibili rivolte contro Roma in nome di un fantomatico Re dei Giudei. Clavio irrompe sulla scena della crocifissione, resa con efficace realismo.
Per far tacere la folla e le donne in pianto in un clima che palesemente turba anche lui, decide di interrompere lo spettacolo. Fa spezzare le gambe ai due ladroni e sceglie, per rispetto, di far trafiggere Gesù. Poi affida il corpo a Giuseppe d’Arimatea presenziando alla sepoltura. Aiuta a rotolare la pietra. Fa mettere i sigilli e pone due soldati di guardia. La mattina del terzo giorno, però, il sepolcro viene trovato vuoto. Pilato è infuriato e ordina di ritrovare il corpo. Da qui parte l’inchiesta del tribuno Clavio, cuore del film, con perquisizioni, interrogatori, informatori prezzolati, retate, irruzioni nelle case, inseguimenti e persino refertazioni da polizia scientifica: il telo che ha avvolto Gesù, trovato nel sepolcro con la sua immagine impresa; le funi strappate che bloccavano la pietra; i sigilli fusi... Clavio è intelligente, ambizioso, esperto, usa con sapienza forza e psicologia. Tutti elementi che riportano alla più pura e incalzante fiction poliziesca di matrice americana.
Eppure risultano evidenti le tante, forse le troppe, citazioni dell’italianissimo film di Damiano Damiani L’inchiesta, in cui l’imperatore Tiberio manda a Gerusalemme un suo emissario per far luce sulla scomparsa del corpo di Gesù. Per certi aspetti Risorto ne è un vero e proprio remake, senza che però il regista Kevin Reynolds ( Robin Hood con Kevin Costner), il produttore Mickey Liddell e lo sceneggiatore Paul Aiello ritengano opportuno di ricordarlo. Presi, piuttosto, dalla necessità di sottolineare che si tratta di un film che ha lo scopo di raccontare l’impatto della resurrezione su uno scettico legionario, non per dire «in che cosa si deve credere», ma per fare in modo che «il pubblico torni indietro nel tempo e si chieda: 'Se fossi un ambizioso ufficiale romano potrei davvero ricredermi?'».
In ogni caso fin qui Joseph Fiennes ( Shakespeare in love) nel ruolo di Clavio è efficace, così come Peter Firth ( Caccia a Ottobre Rosso) nel suo Pilato totalmente accecato dal dovere di servizio a Cesare, e Tom Felton (Draco Malfoy in Harry Potter) che interpreta Lucio, aiutante di Clavio. Le ambientazioni sono state reperite fra Malta e Almeria, in Spagna, e spagnola è anche Maria Botto che, interrogata nei panni di Maria Maddalena, spalanca il cuore del Tribuno ai primi dubbi. Da questo momento in poi qualcosa cambia, nell’incedere del film. Con un colpo di scena, Clavio si trova davanti a quel Gesù che aveva visto morto sulla croce.
Ne è così sconvolto che l’indagine da ufficiale diventa personale e se nel noir dell’inchiesta il film si muoveva a suo agio, nella luminosità della Resurrezione sembra perdere qualche colpo, pur giungendo al cuore di tanto in tanto. Gesù ha i tratti di Cliff Curtis ( Rapa Nui), che non sempre calibra gesti ed espressioni, più simile (anche nei vestiti) all’icona di san Francesco giullare di Dio, che a quella del Risorto, così come il resto degli apostoli, che alla sua presenza sembrano rapiti da una troppo ingenua gioiosità in stile 'peace and love'. Deludono un poco anche i racconti di alcuni passaggi evangelici, come quello della pesca miracolosa con Gesù che attende sulla spiaggia, ai quali Reynolds non riesce a dare la necessaria impronta di misterico stupore.
Da qui in poi resta l’interpretazione di Fiennes e un paio di momenti in cui la fiction prende il sopravvento sul racconto evangelico, come nel dialogo fra Clavio e il Risorto nella notte stellata sulla scogliera: «Quando sei morto io c’ero. Ho partecipato». «Lo so... Di cosa hai paura, Clavio?». «Di scommettere la mia storia su tutto questo». E in effetti non si sa se Clavio ci scommetta fino in fondo. Ha lasciato tutto, ha seguito gli apostoli in Galilea, ma dopo l’Ascensione, nonostante l’invito di Pietro, non li segue a Gerusalemme, dove tornerebbe da disertore. Prosegue la sua strada nel deserto.
E alla fine del flashback, fine del film, all’uomo che ha ascoltato il suo racconto e che, stupito, gli chiede: «Tu credi davvero a tutto questo?», lui risponde pensoso, prima di riprendere il suo cammino fra cielo e sabbia: «Credo che non sono più lo stesso». Un finale aperto. Clavio non ha più la spada e con sé porta solo mantello e bisaccia, ha appena annunciato il kerigma, ma resta un investigatore in ricerca, prototipo di quella dubbiosa umanità contemporanea che il film mira a coinvolgere. (Roberto I. Zanini in Avvenire.it)
In ogni caso fin qui Joseph Fiennes ( Shakespeare in love) nel ruolo di Clavio è efficace, così come Peter Firth ( Caccia a Ottobre Rosso) nel suo Pilato totalmente accecato dal dovere di servizio a Cesare, e Tom Felton (Draco Malfoy in Harry Potter) che interpreta Lucio, aiutante di Clavio. Le ambientazioni sono state reperite fra Malta e Almeria, in Spagna, e spagnola è anche Maria Botto che, interrogata nei panni di Maria Maddalena, spalanca il cuore del Tribuno ai primi dubbi. Da questo momento in poi qualcosa cambia, nell’incedere del film. Con un colpo di scena, Clavio si trova davanti a quel Gesù che aveva visto morto sulla croce.
Ne è così sconvolto che l’indagine da ufficiale diventa personale e se nel noir dell’inchiesta il film si muoveva a suo agio, nella luminosità della Resurrezione sembra perdere qualche colpo, pur giungendo al cuore di tanto in tanto. Gesù ha i tratti di Cliff Curtis ( Rapa Nui), che non sempre calibra gesti ed espressioni, più simile (anche nei vestiti) all’icona di san Francesco giullare di Dio, che a quella del Risorto, così come il resto degli apostoli, che alla sua presenza sembrano rapiti da una troppo ingenua gioiosità in stile 'peace and love'. Deludono un poco anche i racconti di alcuni passaggi evangelici, come quello della pesca miracolosa con Gesù che attende sulla spiaggia, ai quali Reynolds non riesce a dare la necessaria impronta di misterico stupore.
Da qui in poi resta l’interpretazione di Fiennes e un paio di momenti in cui la fiction prende il sopravvento sul racconto evangelico, come nel dialogo fra Clavio e il Risorto nella notte stellata sulla scogliera: «Quando sei morto io c’ero. Ho partecipato». «Lo so... Di cosa hai paura, Clavio?». «Di scommettere la mia storia su tutto questo». E in effetti non si sa se Clavio ci scommetta fino in fondo. Ha lasciato tutto, ha seguito gli apostoli in Galilea, ma dopo l’Ascensione, nonostante l’invito di Pietro, non li segue a Gerusalemme, dove tornerebbe da disertore. Prosegue la sua strada nel deserto.
E alla fine del flashback, fine del film, all’uomo che ha ascoltato il suo racconto e che, stupito, gli chiede: «Tu credi davvero a tutto questo?», lui risponde pensoso, prima di riprendere il suo cammino fra cielo e sabbia: «Credo che non sono più lo stesso». Un finale aperto. Clavio non ha più la spada e con sé porta solo mantello e bisaccia, ha appena annunciato il kerigma, ma resta un investigatore in ricerca, prototipo di quella dubbiosa umanità contemporanea che il film mira a coinvolgere. (Roberto I. Zanini in Avvenire.it)
Il film Risen racconta l'epica storia della Resurrezione e delle settimane che la seguirono, attraverso gli occhi dell'incredulo Clavius (Fiennes), un tribuno militare di alto rango. Clavius e il suo aiutante Lucius (Felton) vengono istruiti da Ponzio Pilato per assicurarsi che i seguaci radicali di Gesù non rubino il suo corpo e in seguito dichiarino la sua risurrezione. Quando il corpo scompare nei giorni successivi, Clavius parte in missione alla ricerca del corpo perduto, per smentire le voci del Messia risorto ed evitare una rivolta a Gerusalemme. (Repubblica.it)
La visita dell'imperatore Tiberio a Gerusalemme è alle porte e Ponzio Pilato ordina al tribuno militare Clavio di accertarsi che quel tale Yeshua che fa proseliti, spacciandosi per un re, sia messo a morte e che il suo cadavere sia sorvegliato per mettere a tacere le assurde voci di una sua possibile resurrezione. Ma il cadavere sparisce e Clavio avvia un'indagine che mette progressivamente in dubbio le sue certezze di scettico e si fa ad un certo punto ricerca di altro genere, interrogativo che gli cambia la vita.
L'idea di approcciare il mistero della resurrezione di Cristo come un'indagine poliziesca non è nuova, a metà degli anni Ottanta Damiano Damiani ci aveva costruito L'inchiesta, da un'idea (geniale, al solito) di Ennio Flaiano, e la letteratura sull'argomento che coniuga saggismo e narrativa non ha mai smesso di esistere. Le cose non cominciano però nel migliore dei modi quando il film di Kevin Reynolds si apre su un Joseph Fiennes bruciato dal sole e scortato da una musica dalle sonorità western, perché è subito chiaro che gli strumenti del cinema potrebbe venire qui impiegati in una maniera che serve più lo spettacolo che altro. E così è, sempre più, man mano che assistiamo alle magiche apparizioni e alla sparizioni di Gesù, quasi fossimo in un film di Méliès: un espediente che nuoce al film anche sul piano tematico, sostituendo il salto nel buio di Clavio con il deus ex machina dell'artificio tecnico. Se, infatti, nel film di Damiani, l'immagine corporea di Cristo non appariva mai, ribadendo con la sua assenza la permanenza di un mistero che dura a tutt'oggi, e permettendo che i lebbrosi scambiassero l'inquirente per Cristo stesso, il film di Reynolds gioca con carte più scoperte e modi ben più banali, riducendo lo scettico Clavio ad un ultimo fra gli ultimi e dunque ad una figura a suo modo cristologica, ma anche al beneficiario finale del tocco di incoraggiamento sulla spalla che il maori Cliff Curtis elargisce ai suoi ilari discepoli e della sua capacità di leggere nella mente.
Fino a dove l'inquisizione è faccenda storica e garbuglio politico, il film riscuote un certo tipo di interesse e, nonostante qualche scenografia troppo fasulla e qualche inutile bozzetto (il governatore Pilato che si lava le mani), ci accodiamo al cavallo di Clavio/Fiennes e lo seguiamo fino a che l'equilibrio tra la presenza del tribuno romano, frutto d'invenzione, e il racconto delle Scritture regge. La seconda parte, però, inaugura l'uso più strumentale e inverosimile della narrazione evangelica per raccontare la scelta di Clavio, mescolando generi e toni e perdendo in qualità e serietà. (Marianna Cappi in MyMovies.it)
L'idea di approcciare il mistero della resurrezione di Cristo come un'indagine poliziesca non è nuova, a metà degli anni Ottanta Damiano Damiani ci aveva costruito L'inchiesta, da un'idea (geniale, al solito) di Ennio Flaiano, e la letteratura sull'argomento che coniuga saggismo e narrativa non ha mai smesso di esistere. Le cose non cominciano però nel migliore dei modi quando il film di Kevin Reynolds si apre su un Joseph Fiennes bruciato dal sole e scortato da una musica dalle sonorità western, perché è subito chiaro che gli strumenti del cinema potrebbe venire qui impiegati in una maniera che serve più lo spettacolo che altro. E così è, sempre più, man mano che assistiamo alle magiche apparizioni e alla sparizioni di Gesù, quasi fossimo in un film di Méliès: un espediente che nuoce al film anche sul piano tematico, sostituendo il salto nel buio di Clavio con il deus ex machina dell'artificio tecnico. Se, infatti, nel film di Damiani, l'immagine corporea di Cristo non appariva mai, ribadendo con la sua assenza la permanenza di un mistero che dura a tutt'oggi, e permettendo che i lebbrosi scambiassero l'inquirente per Cristo stesso, il film di Reynolds gioca con carte più scoperte e modi ben più banali, riducendo lo scettico Clavio ad un ultimo fra gli ultimi e dunque ad una figura a suo modo cristologica, ma anche al beneficiario finale del tocco di incoraggiamento sulla spalla che il maori Cliff Curtis elargisce ai suoi ilari discepoli e della sua capacità di leggere nella mente.
Fino a dove l'inquisizione è faccenda storica e garbuglio politico, il film riscuote un certo tipo di interesse e, nonostante qualche scenografia troppo fasulla e qualche inutile bozzetto (il governatore Pilato che si lava le mani), ci accodiamo al cavallo di Clavio/Fiennes e lo seguiamo fino a che l'equilibrio tra la presenza del tribuno romano, frutto d'invenzione, e il racconto delle Scritture regge. La seconda parte, però, inaugura l'uso più strumentale e inverosimile della narrazione evangelica per raccontare la scelta di Clavio, mescolando generi e toni e perdendo in qualità e serietà. (Marianna Cappi in MyMovies.it)
Giudizi in Cineblog.it
Bilge Ebiri - New York Magazine / Vulture: presenta un approccio intrigante per un film sulla Bibbia.
Kate Taylor - Globe and Mail: Il film presenta un rigoglioso contesto storico e alcune scene d'azione soddisfacenti, ma il dialogo è spesso ridicolo. Voto: 1/4
Kate Taylor - Globe and Mail: Il film presenta un rigoglioso contesto storico e alcune scene d'azione soddisfacenti, ma il dialogo è spesso ridicolo. Voto: 1/4
Christian Holub - Entertainment Weekly: il più divertente delle solite storie bibliche. Voto: B-
Kyle Smith - New York Post: Un affare a basso quoziente intellettivo. Voto: 1.5 / 4
Colin Covert - Minneapolis Star Tribune: che bella sorpresa è stata guardare una storia biblica meno predicatoria, meno formale e più divertente. Voto: 3/4
Soren Anderson - Seattle Times: Joseph Fiennes è superbo, ritrae un uomo lentamente trasformato da eventi che scuotono le sue credenze sul mondo. Voto: 3.5 / 4
Francesco Alò - Il Messaggero: Si può realizzare un film di propaganda religiosa senza l’insopportabile protervia di Mel Gibson? Sì se alla regia chiami Kevin Reynolds (Spielberg lo definì “il nuovo Kubrick” quando gli produsse l’esordio Fandango) e come protagonista Joseph Fiennes, abile dopo Martin Lutero e Shakespeare a vestire i sandali impolverati del tribuno romano Clavio.
Maurizio Acerbi - il Giornale: (…) Rispetto al più riuscito L’inchiesta di Damiano Damiani, qui siamo dalle parti del fumettone religioso, banale e poco coinvolgente.
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa: (…) Reynolds, che è l’autore di Robin Hood e Waterworld, è un cineasta ben poco credibile quando tenta affondi spiritualistici. Così finisce che il film resta insoddisfacente sia sul fronte spettacolare che su quello drammatico.
Paolo D’Agostini - la Repubblica: (...) La “storia”, come sappiamo, è più che appassionante. E il film sollecita nostalgie per i polpettoni biblici degli anni 50 e 60 puntualmente sugli schermi a Pasqua.
giovedì 4 agosto 2016
Per le mie "vecchie" .... Gabry Ponte!
Se ne consiglia la visualizzazione al pubblico maggiorenne, nuoce ai minori e alle "pie donne"!
Se ne consiglia la visualizzazione al pubblico maggiorenne, nuoce ai minori e alle "pie donne"!
Per capire le due versione del Capitano Uncino ....
Un augurio per le mie "vecchie" di essere umani e non "pie donne"!
mercoledì 3 agosto 2016
Forse è più vero che tu mi accogli in te, Gesù!
Nel tuo silenzio accolgo il mistero
venuto a vivere dentro di me.
Sei tu che vieni, o forse è più vero
che tu mi accogli in te, Gesù.
venuto a vivere dentro di me.
Sei tu che vieni, o forse è più vero
che tu mi accogli in te, Gesù.
Sorgente viva che nasce nel cuore
è questo dono che abita in me.
La tua presenza è un Fuoco d'amore
che avvolge l'anima mia, Gesù.
è questo dono che abita in me.
La tua presenza è un Fuoco d'amore
che avvolge l'anima mia, Gesù.
Ora il tuo Spirito in me dice: "Padre",
non sono io a parlare, sei tu.
Nell'infinito oceano di pace
tu vivi in me, io in te, Gesù.
non sono io a parlare, sei tu.
Nell'infinito oceano di pace
tu vivi in me, io in te, Gesù.
(Gen Verde)
Cari genitori, educate all’amore per Gesù Eucaristia!
Ricevere la comunione il più spesso possibile e pregare con l’adorazione eucaristica è la via per educare all’amore per Gesù Eucaristia.
di Giovanna Pauciulo
2 agosto 2016 Share
C’è un bellissimo canto eucaristico dei Gen Verde che dice: “Nel tuo silenzio accolgo il mistero venuto a vivere dentro di me. Sei tu che vieni, o forse è più vero che tu mi accogli in te, Gesù”.Cari genitori, educare i nostri figli all’amore per l’Eucaristia significa vivere la nostra fede con questo stupore. Quello della Vergine Maria che a Nazaret dopo aver chiesto all’angelo “come è possibile?” pronunciò il suo sì e il Verbo prese dimora in Lei. Lo stesso miracolo accade ogni volta che riceviamo l’Eucaristia, ogni volta che ci accostiamo all’altare con la certezza che siamo fatti da Dio, è in quel momento che riceviamo la vita, che siamo generati e salvati, è in quel momento che l’io scompare per ritrovarsi nell’io di Dio ed essere più simili a Lui.
La testimonianza del nostro amore per l’eucarestia e la fede con la quale ci accostiamo all’altare è la prima via educativa. È così che la nostra fede diventa testimonianza ed educazione. Accostiamoci di più all’Eucaristia sapendo che nulla è paragonabile al dono di ricevere il corpo di Cristo e unirci a Lui.
L’eucaristia partecipata e ricevuta più spesso permette ai genitori/sposi di essere nel loro amarsi presenza eucaristica. Perché l’Eucaristia insegna agli sposi come si fa a dare per amore il corpo che è unico. C’è un bellissimo libro di Don Renzo Bonetti “Il corpo dato per amore”, dice l’autore “l’Eucaristia educa alla qualità dell’amore, perché insegna cosa significa dare tutto”.
Perché la sfida non è andare d’accordo, non è sopravvivere al matrimonio. Non è ricevere la medaglia della resistenza dopo 50 anni di vita coniugale. La sfida è dare tutto.
Cari genitori, questo fa vivere quotidianamente ai figli l’esperienza dell’amore che si fa dono, quello che poi ascolteranno al catechismo sarà un linguaggio a loro non solo conosciuto ma sperimentato perché visto nei loro genitori e da loro ricevuto. Saranno allenati a comprendere il mistero del Dio che si fa carne per amore e che il modo più grande di amare è dare la propria carne.
Santa Teresa del Gesù Bambino parla del suo amore per Gesù Eucaristia ricordando questo particolare: “Tutti i pomeriggi, andavo a fare una passeggiatina con il papà; facevamo insieme la visita al Santissimo Sacramento, visitando ogni giorno una chiesa nuova, così entrai per la prima volta nella cappella del Carmelo: il papà mi mostrò la grata del coro, dicendomi che dietro ci stavano le religiose. Ero ben lontana dal sospettare che nove anni dopo sarei stata tra loro!…”
Intanto l’amore di Teresa verso Gesù presente nell’Eucaristia andava crescendo sempre più. Ogni giorno si intratteneva a lungo davanti al santo Tabernacolo e parlava con Gesù come se Lo vedesse. E dopo la morte della madre e la sua miracolosa guarigione tutti i pensieri di Teresa si rivolsero al giorno ormai vicino della sua prima Comunione con Gesù. Un giorno che Teresa ricorda così «E come fu soave il primo bacio di Gesù all’anima mia! Fu un bacio d’amore. Sì, mi sentivo amata e dicevo a mia volta: Gesù, Vi amo e mi dono a Voi per sempre! Non fu un semplice incontro, fu una fusione: Gesù e Teresa non erano più due, Teresa era sparita come una goccia d’acqua che si perde nell’oceano. Di noi due restava solo Gesù, il mio Maestro, il mio Re!».
Teresa ha vissuto così grazie all’educazione ricevuta in famiglia. I figli si nutrono della fede dei genitori, il quotidiano può diventare il luogo in cui far crescere i figli imparando a riconoscere il mistero di Dio presente nell’Eucaristia. È questa l’unica via per insegnare ai figli a cantare il loro personale canto di ringraziamento.
martedì 2 agosto 2016
Un martire delle catacombe, patrono di Cercemaggiore
Ho letto un bell'articolo, puntuale e serio su un corpo santo o martire delle catacombe, che vi voglio offrire come lettura, su come si affronta questo argomento delicato: i martiri catacombali.
L'articolo è di Stefano Vannozzi, a cui vanno i miei complimenti!
Il culto più sentito a Cercemaggiore, secondo soltanto alla grande devozione riservata alla Madonna della Libera, è certamente quello di San Vincenzo Martire, la cui festa patronale cade l’11 di settembre.
Comunemente identificato con quel Martire Vincenzo spirato a Roma il 25 di Agosto del 192, sotto l’imperatore Commodo, insieme ai compagni di fede Ponziano, Eusebio e Pellegrino, colpevoli di non aver voluto abiurare la propria fede in favore degli idoli pagani, egli è dal 1772 il patrono di Cercemaggiore.
Come ricorda il Pierro, difatti in tale anno il Marchese Giovanbattista Doria ottenne il sacro corpo per la chiesa maggiore di S. Maria della Croce e la concessione di poterne celebrare la festa nella prima domenica di settembre; festa poi spostata nel 1820, con sacro decreto, alla data odierna.
L’urna metallica posta sotto l’altare maggiore della chiesa parrocchiale è stata realizzata in occasione della nuova traslazione dei poveri resti nel1905, in rimpiazzo di una più antica in legno dorato (di cui si conserva ancora la base, in appoggio a quella ora in uso). Successive di alcuni decenni sono invece la statua e l’urna lignea, utilizzate in sostituzione dell’esposizione dei sacri resti nelle processioni che si snodano per le vie del paese.
A tal riguardo, negli ultimi due anni si è assistito ad un’inversione di tendenza con il trasporto all’esterno dell’urna originale!!!
L’ultimo santino raffigurante la vera immagine del Martire risale all’Anno Santo del 1950, mentre alla fine degli anni ’70 del secolo scorso venne stampata una nuova immaginetta che raffigura invece la statua lignea processionale.
Ancora oggi nella tradizione locale si parla dei miracoli avvenuti nel trasporto del corpo del Martire da Benevento a Cercemaggiore, che, in vista del paese, nella località oggi detta croce di S. Vincenzo, avrebbe acquisito una pesantezza tale da renderlo intrasportabile fin tanto che non sopraggiunsero tutte le autorità civili e religiose, alla qual vista sarebbe tornato prodigiosamente leggero, potendo così trionfalmente essere accolto in paese.
La storia, o meglio la leggenda, segue un cliché praticamente identico in molti racconti agiografici e non trae conferma da alcun tipo di seria documentazione.
Si pensi solo che, nel luogo deputato al prodigioso evento, all’epoca dei fatti non esisteva alcun tipo di viabilità; è pertanto praticamente impossibile che il fatto (se realmente avvenuto) sia accaduto in tal luogo!
Il Pierro, che ebbe accesso a molti documenti attualmente dispersi, accenna che il SACRO CORPO FU ESUMATO QUASI INTERO DAL SEPOLCRO, NEL 1730 DA D. FILIPPO SPADA, ARCIVESCOVO DI TEODOSIA E VICEGERENTE DI ROMA E CONCESSO A D. NICOLA ABATE DE BONIS, DI NAPOLI e dopo vari passaggi al Marchese Doria.
Dopo diverse ricerche intraprese, ci è stato possibile rintracciare una minima parte delle fonti documentarie citate dallo studioso domenicano, dacché dopo la sua scomparsa molti documenti, nonché l’intero archivio storico del convento, sono scomparsi, trasportati chissà dove.
Anche gli archivi diocesani di Trivento, gli Archivi Vaticani e il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, dove abbiamo indirizzato diversi anni fa parte delle nostre ricerche, almeno allo stato attuale delle indagini non hanno restituito alcun documento che possa fornire nuovi dati sulla traslazione ed i passaggi delle reliquie di nostro interesse.
Diversamente fra alcuni documenti parrocchiali, catalogati e non (sic!), è stato possibile rintracciare alcuni testi consultati dal Pierro ed altri nuovi che hanno fornito ulteriori sorprese.
A tal proposito ci sovviene in primo l’Arciprete D. Nicola Vitone, parroco di Cercemaggiore dal 1829 al 1862, il quale, nel minuzioso inventario parrocchiale del 1839, scrive che “SOTTOLA MENSA DIDETTO ALTARE È IL CORPO QUASI INTIERO DI S. VINCENZO MARTIRE DI NOME PROPRIO”, fornendo per primo una serie di dati storici poi ripresi dal Pierro (il quale invece non ne fornisce referenza alcuna).
In realtà, il corpo in questione non è integro come asserisce il Vitone, ma consta dei soli arti superiori ed inferiori. Nella composizione e vestizione che se ne fece, il santo venne appunto completato nel capo (mancante) con un volto di cartapesta.
Alle brevi note dell’arciprete Vitone si aggiunse poi il sacerdote D. Giovanni Testa (+ 1933), il quale, di propria mano, in aggiunta delle ultime pagine del medesimo inventario, appuntò una più corposa ricerca di ben cinque pagine e completa di un inno musicato al Santo patrono, dal titolo “CENNI STORICI SU S. VINCENZO MARTIRE PATRONO DI CERCEMAGGIORE, ESTRATTI DAGLI ANNALI DEL CARD. BARONIO, DAL SURIO, DALLE BOLLE, E DAL MARTIROLOGIO DI ADONE, PER CIÒ CHE PIÙ DA VICINO A LUI SI RIFERISCE”.
Il Testa pubblicò tali sue ricerche ed asserzioni anche in un breve folio a stampa nel 1919 (di cui conserviamo copia nella nostra collezione privata), dal quale pochi anni dopo il Pierro trasse e fece sue, senza alcun spirito d’indagine e confronto, le brevi notizie a tutti ormai note sulla vita di S. Vincenzo, pubblicandole nella propria Storia di Cercemaggiore!
Della nostra scoperta nel 2006 dell’Inno musicato demmo, invece, pronta notizia e copia al Parroco P. Carducci, il quale lo fece immediatamente intonare dal coro parrocchiale per la festività del Santo protettore (1).
Il medesimo padre Testa accenna infine che “DELLO STESSO S. VINCENZO MARTIRE SI VENERA QUI ANCHE UNA RELIQUIA, CONSISTENTE IN UN OSSO DEL GINOCCHIO, RACCHIUSA IN UNA TECA D’ARGENTO AUTENTICATA DA MONS. NICOLA MOSSETTI (Rossetti, ndr), VESCOVO DI BOIANO IN DATA 30 LUGLIO 1779”.
Di quest’ultima abbiamo di fatti ritrovato a suo tempo l’autentica originale del Rossetti ed anche una successiva del Vescovo di Larino, Monsignor Vincenzo Rocca (già Arciprete di Cercemaggiore), in cui si fa dono della reliquia alla Cattedrale di S. Pardo, ove dovrebbe essere ancora conservata.
Questo materiale fu da noi fortunosamente visto e fotografato con regolari autorizzazioni quando l’Archivio Storico parrocchiale era ancora integro, poiché, a seguito dei diversi accadimenti ed avvicendamenti di clero e secolari avvenuti negli ultimi anni nella casa parrocchiale, molta documentazione non è più attualmente reperibile!
Interessante e sorprendente è invece il rinvenimento di notizie riguardanti il nostro Martire, o meglio forse quello di altri Santi omonimi. In alcune lapidi medioevali murate sotto il portico di S. Lorenzo in Lucina a Roma si parla espressamente del rinvenimento nell’ottobre del 1112 dei corpi di S. Vincenzo, Eusebio, Ponziano e Pellegrino sotto l’altare della chiesa rurale di S. Stefano ad opera del presbitero Benedetto, che li fece traslare nella chiesa di S. Lorenzo, ove furono nuovamente riscoperti nel 1605.
Queste lapidi tolsero ogni dubbio allo scrivente circa l’errata associazione e identificazione del Nostro con l’omonimo Martire attestato dalla Passio del Martyrologium Romanum. Tale testo fu ripreso acriticamente dal Pierro, che gli diede purtroppo il suggello di “ufficialità”, trasformandolo in una tradizione ormai difficile da estirpare sebbene contraddetta dall’evidenza della Ragione e dei Documenti concreti.
Anche di queste lapidi effettuammo un rilievo fotografico diretto, interessandone prima il Parroco D. Antonio Testa e in seguito P. Carducci; della situazione demmo infine un resoconto generico all’odierno Parroco, che, come gli altri Arcipreti suoi predecessori, mi interpellò per avere delucidazioni circa l’attendibilità presunta o meno della documentazione inerente al nostro Santo (2).
Un altro SANCTI VINCENTII MARTYRIS era ad esempio oggetto di culto in una chiesa posta al XVIII miglio della via Tiburtina, ma questo accade per il fatto che spesso anche a corpi anonimi ritrovati in catacombe si desse il nome di santi o l’appellativo di Vincentius, ovvero vittorioso nella fede.
Della stessa convinzione era anche il Parroco di Cercemaggiore, don Antonio Testa, che più volte ci diede conferma di questa asserzione.
Dalle sole catacombe romane sono stati ufficialmente estratti ben 22 “Corpi Santi”, o parti di essi, attribuiti ad un Martire di nome Vincenzo ed attualmente esposti in diverse chiese parrocchiali della penisola!
Pertanto, oggi sono molti i paesi che hanno per patrono un S. Vincenzo Martire (con il corpo integro o parziale), senza che ciò possa offendere la pietà popolare dei fedeli; anzi semmai la conoscenza ne dovrebbe rafforzare le basi.
Giustamente lo storico Francescano, Padre Plensio di Morcone, afferma infatti che LA VERA FEDE NON PUÒ CONTRASTARE CON LA RAGIONE E DEVE PORTARE I CREDENTI ALLA TRASPARENZA, CHE SPESSO NEL PASSATO È MANCATA PRODUCENDO ANACRONISMI ED AMBIGUITÀ; SICCOME RESTA OSCURO IL FATTO SE I VERI RESTI MORTALI DI S. BARTOLOMEO APOSTOLO SIANO A BENEVENTO O A ROMA, SE QUELLI DI SANTA REPARATA SIANO A TEANO (CE) O A PESCOSANNITA (BN), SE L’AUTENTICO CRANIO DI S. TOMMASO D’AQUINO SIA A FOSSANOVA DI PRIVERNO (LT) O A TOLOSA IN FRANCIA […], terminando poi con l’efficace esempio dei CIRCA 200 DENTI DI S. APOLLONIA, VERGINE E MARTIRE.
Nel dedicare un così breve cenno a “…COLUI CHE MOLTO PREGA PER IL POPOLO” (così come recita una moderna iscrizione alla base dell’urna cercese), auspichiamo che in un futuro non troppo lontano si possa arrivare alla pubblicazione di una seria raccolta di notizie su S. Vincenzo Martire, Patrono di Cercemaggiore, con il concorso del Comune, delle Pubbliche amministrazioni o di quegli uomini di buona volontà che, senza fanatismi e faziosità di parte, abbiano veramente a cuore il paese ed il ricordo delle sue tradizioni più vere (3).
(1) In un’intervista all’Autore (“Cercemaggiore – L’inno “rinnovato” di San Vincenzo sarà intonato dal coro parrocchiale. Paese in festa per il patrono”, a firma di Maria Antonietta Finella, edita in «Nuovo oggi Molise», Domenica 10 settembre 2006, p. 23), si dà ampia notizia al riguardo: “[…] Ulteriore novità è riservata alla riscoperta sia del testo che della musica dell’INNO A S. VINCENZO MARTIRE (che opportunamente adattati) saranno nuovamente cantati dal Coro Parrocchiale, diretto dalla signora Maria Maselli, dopo diversi anni di oblio”.
(2) Si legga quanto già apertamente reso noto e pubblicato dall’autore nei due articoli a firma di Mina Capussi, dal titolo “Contributo dello studioso alla conoscenza del culto – Le origini di una tradizione tra bolle e decreti scomparsi – A colloquio con Stefano Vannozzi” e “Vittorioso nella fede – In diversi paesi si onora un Vincentius”, in «Nuovo oggi Molise», rubrica Riccia-Fortore, Mercoledì 11 settembre 2002, p.19.
Altri interventi personali sono stati riproposti per personale iniziativa sul quotidiano «Nuovo Oggi Molise», nell’articolo “I miracoli di San Vincenzo”, pubblicato nell’edizione di Giovedì 8 settembre 2005, e sul giornale telematico «Altromolise.it» nel medesimo anno - si veda (Altromolise.it).
(3) Dediti alla riscoperta, alla ricerca e alla valorizzazione del culto cercese sono molti degli articoli scritti dall’Autore (editi ed inediti), pubblicati e consultabili su questo medesimo blog inaugurato nell’aprile del 2009. Il sito è sempre in continuo aggiornamento con nuovi articoli, dedicati in buon numero proprio a Cercemaggiore.
FONTE: Stefano Vannozzi
Altro articolo, sullo stesso argomento e della stesso autore:
S. Vincenzo martire
di Stefano
Vannozzi
Le sacre spoglie di San Vincenzo martire, protettore di Cercemaggiore, sono conservate in un’urna metallica nella chiesa parrocchiale di S. Maria della Croce. I suoi mutili resti giunsero in paese nel 1772, su richiesta del marchese Giovanbattista Doria, che ottenne di celebrarne la festività nella prima domenica di settembre, data che nel 1820 fu fissata a quella odierna (11 settembre).
Riesumato dal proprio sepolcro nel 1730, il corpo non è integro, ma si costituisce dei soli arti superiori e inferiori. Nella composizione e vestizione settecentesca, il martire venne dunque completato, nel capo mancante, con un volto di cartapesta.
Comunemente identificato con quel Vincenzo spirato a Roma il 25 Agosto del 192 d.C., sotto l’imperatore Commodo, assieme ai compagni Ponziano, Eusebio e Pellegrino, “colpevoli” della mancata abiura della propria fede in favore degli idoli pagani, tale diffusa identificazione è tuttavia smentita da alcune lapidi medioevali murate sotto il portico della chiesa di San Lorenzo in Lucina a Roma, dove si parla espressamente del rinvenimento nell’ottobre del 1112 dei corpi dei Santi Vincenzo, Eusebio, Ponziano e Pellegrino sotto l’altare della chiesa rurale di Santo Stefano per merito del presbitero Benedetto, che li fece traslare nella chiesa di San Lorenzo, ove furono nuovamente riscoperti nel 1605. Se ne deduce, dunque, l’impossibilità che il nostro Vincenzo sia quello appartenente a questo gruppo di protocristiani, riposando egli ancora in suolo romano.
Numerose cittadine hanno per patrono un S. Vincenzo Martire (con corpi integri o parziali). Una reliquia di un omonimo martire Vincenzo, consistente in un osso del ginocchio racchiuso in una teca d’argento, venne ad esempio donata alla Cattedrale di San Pardo in Larino nella prima metà del secolo XIX per interessamento del vescovo di Larino Vincenzo Rocca, già arciprete di Cercemaggiore. Dalle sole catacombe di Roma sono stati ufficialmente estratti ben 22 “Corpi Santi” (o parti di essi) attribuiti ad un martire di nome Vincenzo ed esposti in varie chiese della penisola. Era difatti pratica abbastanza comune che s’imponesse il nome di Santi o l’appellativo di Vincentius (quest’ultimo con il significato di “vittorioso nella fede”) a corpi anonimi ritrovati nelle catacombe, generalmente o perché estratti nei pressi delle sepolture venerate o perché corredati da iscrizioni che facessero anche solo generico riferimento al “sacrificio nella fede”.
Le sacre spoglie di San Vincenzo martire, protettore di Cercemaggiore, sono conservate in un’urna metallica nella chiesa parrocchiale di S. Maria della Croce. I suoi mutili resti giunsero in paese nel 1772, su richiesta del marchese Giovanbattista Doria, che ottenne di celebrarne la festività nella prima domenica di settembre, data che nel 1820 fu fissata a quella odierna (11 settembre).
Riesumato dal proprio sepolcro nel 1730, il corpo non è integro, ma si costituisce dei soli arti superiori e inferiori. Nella composizione e vestizione settecentesca, il martire venne dunque completato, nel capo mancante, con un volto di cartapesta.
Comunemente identificato con quel Vincenzo spirato a Roma il 25 Agosto del 192 d.C., sotto l’imperatore Commodo, assieme ai compagni Ponziano, Eusebio e Pellegrino, “colpevoli” della mancata abiura della propria fede in favore degli idoli pagani, tale diffusa identificazione è tuttavia smentita da alcune lapidi medioevali murate sotto il portico della chiesa di San Lorenzo in Lucina a Roma, dove si parla espressamente del rinvenimento nell’ottobre del 1112 dei corpi dei Santi Vincenzo, Eusebio, Ponziano e Pellegrino sotto l’altare della chiesa rurale di Santo Stefano per merito del presbitero Benedetto, che li fece traslare nella chiesa di San Lorenzo, ove furono nuovamente riscoperti nel 1605. Se ne deduce, dunque, l’impossibilità che il nostro Vincenzo sia quello appartenente a questo gruppo di protocristiani, riposando egli ancora in suolo romano.
Numerose cittadine hanno per patrono un S. Vincenzo Martire (con corpi integri o parziali). Una reliquia di un omonimo martire Vincenzo, consistente in un osso del ginocchio racchiuso in una teca d’argento, venne ad esempio donata alla Cattedrale di San Pardo in Larino nella prima metà del secolo XIX per interessamento del vescovo di Larino Vincenzo Rocca, già arciprete di Cercemaggiore. Dalle sole catacombe di Roma sono stati ufficialmente estratti ben 22 “Corpi Santi” (o parti di essi) attribuiti ad un martire di nome Vincenzo ed esposti in varie chiese della penisola. Era difatti pratica abbastanza comune che s’imponesse il nome di Santi o l’appellativo di Vincentius (quest’ultimo con il significato di “vittorioso nella fede”) a corpi anonimi ritrovati nelle catacombe, generalmente o perché estratti nei pressi delle sepolture venerate o perché corredati da iscrizioni che facessero anche solo generico riferimento al “sacrificio nella fede”.
FONTE: Comune di Cercemaggiore (CB)
Il Sangue di San Gervasio Martire... da Napoli
Milano e Città della Pieve hanno in comune il culto dei Santi Martiri Gervasio e Protasio.
Città della Pieve dal "1739, inoltre, il Canonico
Vistremondo Padroni ottenne da Napoli la reliquia del sangue fluido di S.
Gervasio….” (Dal libro Nella Patria
del Perugino di Mons. F. Canuti, 1926).
Così il sito del Duomo riporta in riferimento al culto dei SS. Martiri.
Mi fa sorridere questa notizia.
Ma chissà chi è questo San Gervasio!
Dubito sull'autenticità di questa reliquia.