SECONDO giorno.
Il seme buono: Santa Marina o Marino vergine
Il campo è il mondo: la sessualità e la corporeità
“Ascoltate, figli, come disciplinare la bocca,
chi ne tiene conto non sarà colto in flagrante.
Il peccatore è vittima delle proprie labbra,
il maldicente e il superbo vi trovano inciampo.
Non abituare la bocca al giuramento,
non abituarti a proferire il nome del Santo.
Infatti, come un servo interrogato accuratamente
non mancherà di prendere lividure,
così chi giura e pronuncia il Nome di continuo
di certo non sarà esente da peccato.
Un uomo dai molti giuramenti accumula iniquità;
il flagello non si allontana dalla sua casa.
Se sbaglia, il suo peccato è su di lui;
se non ne tiene conto, pecca due volte.
Se giura il falso, non sarà giustificato,
e la sua casa si riempirà di sventure.
C'è un modo di parlare paragonabile alla morte:
che non si trovi nella discendenza di Giacobbe!
Da tutto questo infatti staranno lontano i pii,
così non si rotoleranno nei peccati.
Non abituare la tua bocca a grossolane volgarità,
in esse infatti c'è motivo di peccato.
Ricorda tuo padre e tua madre
quando siedi tra i grandi,
perché non lo dimentichi davanti a loro
e per abitudine non dica sciocchezze,
e non giunga a desiderare di non essere nato
e maledica il giorno della tua nascita.
Un uomo abituato a discorsi ingiuriosi
non si correggerà in tutta la sua vita.
Due tipi di persone moltiplicano i peccati,
e un terzo provoca l'ira:
una passione ardente come fuoco acceso
non si spegnerà finché non sia consumata;
un uomo impudico nel suo corpo
non desisterà finché il fuoco non lo divori;
per l'uomo impudico ogni pane è appetitoso,
non si stancherà finché non muoia.
L'uomo infedele al proprio letto
dice fra sé: «Chi mi vede?
C'è buio intorno a me e le mura mi nascondono;
nessuno mi vede, perché temere?
Dei miei peccati non si ricorderà l'Altissimo»” (Sir 23, 7 – 18)
Maldicenza e sessualità sono all’origine del dramma e della santità di Santa Marina, o Marino vergine.
Marina nacque in Bitinia, antica regione dell'Asia Minore, da genitori cristiani nel 725 circa. Dopo la morte della madre, il padre, di nome Eugenio, ancora addolorato per la perdita dell'amata moglie, decise di ritirarsi a vita monastica in Siria. Marina in cuor suo era molto triste per la lontananza dell'amato padre. Anche Eugenio soffriva molto. Allora un giorno, recatosi dall'abate, mediante un innocuo stratagemma, disse che a casa aveva un figlio, il quale aveva espresso ripetutamente il desiderio di poter entrare nel convento. L'abate, commosso, consentì ad Eugenio di poter portare il figlio. Eugenio allora partì e prese con sé la figlia. Marina entrò in convento con il nome di fra Marino, vestendosi da uomo, in quanto non era ammesso alle donne entrarvi. Non era difficile per Marina dissimulare il proprio sesso, il padre gli aveva tagliato i lunghi capelli, inoltre i frati vivevano in celle molto buie indossando un grande cappuccio che copriva il loro volto. Restò in monastero anche dopo la morte del padre, conducendo vita monastica e seguendo gli insegnamenti dell'amato padre.
Durante un lungo viaggio, per raccogliere provviste per il monastero – la questua - con alcuni confratelli passò la notte in una locanda. La figlia del locandiere, rimasta incinta di un soldato la notte stessa, accusò successivamente il "monaco Marino" del misfatto. I genitori della ragazza, infuriati, corsero al monastero e raccontarono tutto all'abate, che rimase allibito, non credendo per nulla alle accuse che venivano rivolte verso uno dei suoi frati. Marina - fra Marino - accusata ingiustamente, andò col pensiero a Dio e, invece di discolparsi, si autoaccusò di una colpa non sua. L'abate, addolorato, la cacciò immediatamente dal monastero e le fu affidato, subito dopo lo svezzamento, il bambino, che secondo la tradizione si chiamava Fortunato, e che allevò con mezzi di fortuna. Restò sempre nei dintorni del monastero facendo penitenza per una colpa che non aveva mai commesso ed elemosinando il poco cibo che serviva per il piccolo Fortunato.
Finalmente, dopo tre lunghi anni, dietro intercessione dei monaci, che mai avevano creduto all'accusa verso il confratello, l'abate riammise in monastero fra Marino, a condizione che si mettesse al completo servizio della comunità monastica. Ma troppo duri erano stati i sacrifici, tanto che avevano colpito il fisico di Marina. Poco tempo dopo, nel 740 circa, infatti morì. I monaci, mentre lo lavavano e vestivano, prima della sepoltura, fecero la sorprendente scoperta e capirono allora di quale grossa diffamazione fosse stata vittima e l'ammirarono per la sua grande rassegnazione. Grande fu la commozione dell'abate e dei confratelli davanti al corpo di Marina. La stessa figlia del locandiere, rimasta posseduta dal demonio dopo l'accaduto, corse al convento e santa Marina compì il suo primo grande miracolo, liberandola dal male.
Fu sepolta nel monastero, da dove il sacro corpo incorrotto fu trasferito dopo qualche tempo in Romania ed infine a Venezia, dove ancora oggi si venera nella Chiesa di Santa Maria Formosa.
Questa vicenda, molto curiosa, ci può portare a fare alcune riflessioni sul campo del mondo che è la sessualità e la corporeità. Un vasto campo. Ci soffermiamo su due tematiche molto gettonate sotto il pontificato di Papa Francesco: uso delle parole (maldicenza) e l’omosessualità.
Spesso il Santo Padre Francesco ha affrontato il tema della maldicenza nella Chiesa.
In quasi un anno di pontificato nei suoi discorsi “ufficiali” papa Francesco ha pronunciato molte parole. Parole che stanno cambiando e vogliono cambiare l’alfabeto della Chiesa.
Ad esempio: il nome “Gesù”, nome proprio e familiare, è molto più usato del più teologico “Cristo”.
Quel che nettamente Francesco non vuole nella “sua” Chiesa sono le “chiacchiere”, parola che ritorna spesso e sempre con connotazione fortemente negativa. «Su “chiacchiere” e “lamentela” invece il Papa ritorna molto spesso, nella sua offensiva contro il “cattivo parlare”. Un’offensiva senza sconti, tra le più emblematiche del suo parlare, che tocca tutti i campi del vivere, dai vertici della Chiesa all’ambito domestico.
Sintomo di cattiveria: «La chiacchiera è uno “spellare” l’altro»; addirittura di sadismo: «non so perché c’è una gioia oscura nella chiacchiera»; sintomo anche di tradimento: «facendo di una persona un oggetto di chiacchiericcio, la si tratta come una mercanzia, viene venduto al mercato del pettegolezzo. Era accaduto anche a Gesù» (Santa Marta, 3 aprile).
La “chiacchiera” è nemica della virtù più bella della comunità la “mitezza” (altra preziosa notazione linguistica di Francesco), perché agisce sottobanco. Mina le relazioni, parlando non al diretto interessato, ma «a tutto il quartiere». È il vizio di immischiarsi nelle vite degli altri».
Ecco alcuni discorsi del Papa, su questo tema:
"Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell'altro, bastonare un po' l'altro, sono cose quotidiane, che capitano a tutti, anche a me, sono tentazioni del maligno"… "Sempre ci sono queste lotte". "E questa non è la vita nuova”… "che ci fa nascere in una vita nuova, ci fa miti, caritatevoli"… "la vita nuova che noi abbiamo ricevuto nel Battesimo".
"Se, con la grazia dello Spirito, riusciamo a non chiacchierare mai, sarà un gran bel passo avanti" e "ci farà bene a tutti". "Lo Spirito porti la pace nelle comunità cristiane e insegni ai suoi membri ad essere miti, rinunciando a sparlare degli altri". (7 aprile 2013)
"Quanto si chiacchiera nella Chiesa. Quanto chiacchieriamo noi cristiano. La chiacchiera è proprio spellarsi? Farsi male l'uno all'altro. È come se volesse diminuire l'altro: invece di crescere io, faccio che l'altro sia più basso e mi sento grande. Quello non va. Sembra bello chiacchierare... non so perché, ma sembra bello. Come le caramelle di miele, no? Tu ne prendi una e poi un'altra, e alla fine ti viene il mal di pancia. E perché? La chiacchiera è così. È dolce all'inizio e poi ti rovina, ti rovina l'anima"… "Le chiacchiere sono distruttive nella Chiesa. È un po’ lo spirito di Caino: ammazzare il fratello, con la lingua; ammazzare il fratello"… "Su questa strada diventiamo cristiani di buone maniere e cattive abitudini". (19 maggio 2013)
«Noi siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi. Ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di uccidere il fratello e la sorella con la lingua!». «In questi giorni stiamo parlando tanto della pace, vediamo le vittime delle armi, ma bisogna pensare anche alle nostre armi quotidiane: la lingua, le chiacchiere, lo spettegolare». (2 settembre 2013).
Essere “buon seme”, vuol dire anche bandire dal mio quotidiano la chiacchiera che viene dal maligno, perché semina guerra nella Chiesa, nella famiglia e negli amici, corrode le vere relazioni, causando sospetto e distruzione. Ripensate alla drammatica vicenda di S. Marina!.
Una parentesi. “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”.
Dire il falso vuol dire costruire un mondo falso!
Quando eravamo piccoli ci insegnavano che non bisognava giurare! Perché?
Anzitutto il giuramento evidenzia una certa sfiducia tra le persone; si dubita dell’onestà e della sincerità altrui.
Per Gesù bisogna essere fraterni anche in questo e soprattutto essere sinceri nella carità.
Attenti! La menzogna si costruisce con molte parole, invece la sincerità chiede poche parole: “il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno”.
Altra tematica è l’omosessualità. Famosa è frase attribuita a Papa Francesco: “chi sono io per giudicare”
Ma in realtà il discorso del Santo Papa era molto più profondo; ascoltiamolo.
"Si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato nessuno che mi dia la carta d’identità, in Vaticano. Dicono che ce ne sono. Ma si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Le lobby, tutte, non sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore è una buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte". (Papa Francesco, 29 luglio 2013)
Cosa afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, citato dal Papa?
2357 - L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni (Cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10), la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». (Persona humana, 8). Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358 - Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 - Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
Interessante questa conclusione! “avvicinarsi alla perfezione cristiana”: è cos’è? Il Concilio Vaticano II chiama perfezione cristiana la santità. Ricordo una bella affermazione di Papa Benedetto XVI: “La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua”. (Udienza generale, 13 aprile 2011). Anche un omosessuale è chiamato alla santità. Ci pensate!!
DOMANDE PER RIFLETTERE
* Maldicenza, lingua, chiacchiere, spettegolare: in che stato di perfezione cristiana sono?
* Mi sento parte di quelle persone che provano “una gioia oscura” nel fare maldicenza? Perché?
* Ho un senso di rispetto del mio prossimo, senza sospetti, fraterno e sincero nella carità?
* Omosessualità. Appartengo a quelli che su questo argomento sono ignoranti o “bevono” ciò che dice il pensiero forte comune della Tv o del sentito dire? Come mi comporterei se avessi un mio congiunto omosessuale? Il Catechismo dice: devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. Ricordiamocelo sempre!
* Mi informo per affrontare con intelligenza, carità e sapienza cristiana le sfide di questo mondo, non tanto per lottare contro il mondo ma per cambiarlo come un seme buono?
* * *
APPRONDIMENTO
A volte si sente dire: “La Chiesa accetta l’omosessualità come naturale e normale”, o “La Chiesa condanna gli omosessuali.” Per chiarire questa confusione e bene citare e commentare gli undici affermazioni di una lettera del 1986 intitolata “Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” (CDF).
1. L’unione amorosa e donatrice di vita
“La Chiesa … celebra nel sacramento del matrimonio il disegno divino dell’unione amorosa e donatrice di vita dell’uomo e della donna.” CDF Lettera, n. 7
Dio ha creato il sesso per due scopi congiunti: la felicità di un uomo e una donna uniti nell’amore coniugale e la felicità di una nuova vita che nasce da questa unione. Togliete uno dei due – ad esempio con l’adulterio, la prostituzione, masturbazione, sesso prematrimoniale o attività omosessuale – e l’attività sessuale diventa negativa e limitante, perché questi due obiettivi sono iscritti in noi. Siamo fatti fisicamente per amare e per generare nuova vita. Atti sessuali non conformi a questo disegno ci separano da una parte di noi stessi e da ciò che Dio vuole per noi; escludono e sopprimono una parte di ciò che il sesso è e parte di ciò che noi siamo.
2. Un disegno sessuale complementare
“Scegliere un’attività sessuale con una persona dello stesso sesso equivale ad annullare il ricco simbolismo e il significato, per non parlare dei fini, del disegno del Creatore a riguardo della realtà sessuale. L’attività omosessuale non esprime un’unione complementare, capace di trasmettere la vita…” CDF Lettera, n. 7
Il piano di Dio per noi è quello di partecipare al mistero del maschile e del femminile, percorrere la distanza tra i sessi e unirsi. L’omosessualità usa il sesso per qualcosa di diverso da ciò che il Creatore ha inteso. La natura dei nostri corpi non richiede complicati dati scientifici per dimostrare l’ovvio fatto che i nostri corpi non sono fatti per l’unione di persone dello stesso sesso. La Chiesa sta dicendo che neanche i nostri cuori lo sono e quindi non è buono per noi o per la nostra felicità e crescita a lungo termine. Dio ci ha creati fisicamente ed emotivamente per “l’unione complementare” e la procreazione.
3. L’inclinazione omosessuale è oggettivamente disordinata
“… la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata.” CDF Lettera, n. 3
Le attrazioni erotiche per persone dello stesso sesso possono sorgere per una serie di motivi che possono essere compresi, sia psicologicamente che emotivamente. A volte sono temporanee – soprattutto per gli adolescenti – ma per alcune persone, i sentimenti omosessuali sono profondamente radicati e difficili da superare. La Chiesa dice che non è un peccato avere tali attrazioni (soprattutto se l’elemento erotico non è alimentato volutamente), ma è un disordine oggettivo, un problema.
Può essere difficile capire che cosa sia un “disordine oggettivo”. Ciò significa che l’inclinazione verso un atto omosessuale indica che il desiderio stesso si sta muovendo nella direzione sbagliata, normalmente la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne ha un’attrazione naturale, data da Dio, verso l’unione fisica con una persona del sesso opposto. Questo è naturale e buono perché conduce la maggior parte delle persone al matrimonio, mentre l’attrazione per lo stesso sesso, sebbene non peccaminosa in se, finisce in un atto disordinato, se vi si acconsente.
Si potrebbe obiettare che un uomo che compie adulterio con una donna incorra in un atto disordinato, ma l’inclinazione a tale atto è considerata naturale sebbene mal indirizzata in circostanze ordinarie. Sotto la circostanza del matrimonio però questa inclinazione è buona perché porta ad un rafforzamento dell’unione tra uomo e donna ed alla procreazione di un figlio.
Le attrazioni erotiche per persone dello stesso sesso non portano ad un rafforzamento dell’unione tra uomo e donna, né alla procreazione di un figlio, perciò sono considerate oggettivamente disordinate, ma non peccato in sé e per sé.
4. Non è moralmente accettabile
“Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile. […] È solo nella relazione coniugale che l’uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto.” CDF Lettera, nn. 3 e 7
5. La Chiesa non chiama nessuno “omosessuale”
“La Chiesa … rifiuta di considerare la persona puramente come un «eterosessuale» o un «omosessuale» e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna.” CDF Lettera, n. 16
La Chiesa non mette un’etichetta su nessuno. Dire che qualcuno è “gay” o “lesbica” o un “omosessuale” è definire una persona nella sua interezza mediante un solo aspetto. Questo può paralizzare l’identità di una persona e bloccarne l’ulteriore crescita emotiva. Questo è proprio il tipo di etichettatura che genera il pregiudizio e la discriminazione. La Chiesa si oppone a ogni comportamento che definisce immorale, ma insegna sempre il sostegno ed il rispetto per la persona. Etichettare qualcuno significa limitarlo e mancargli di rispetto.
6. La Chiesa condanna la malizia violenta
“Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino.” CDF Lettera, n. 10
Alcune persone disprezzano coloro che lottano contro le attrazioni omosessuali. La Chiesa condanna ogni espressione di questo atteggiamento, per esempio: barzellette contro gay o lesbiche, attacco verbale e fisico, l’esclusione sociale, il rifiuto di amici o familiari, l’evitare il tema dell’omosessualità e così via. Questo comportamento è decisamente sbagliato. E’ ciò che la Chiesa chiama “peccato contro la carità.” Le persone che lottano con pulsioni omosessuali devono affrontare numerose sfide. Hanno bisogno di amore e d’incoraggiamento, non maltrattamenti.
7. Rispetto per ogni persona
“La dignità propria di ogni persona deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.” CDF Lettera, n. 10
Quando senti commenti offensivi su persone che lottano con l’omosessualità, la Chiesa dice: non tollerarlo. Prendi posizione. Quando un amico o un familiare ti confida che sperimenta attrazioni omosessuali, questo è il momento in cui la tua amicizia e risposta cristiana contano davvero. I buoni amici si correggono vicendevolmente, quindi puoi e devi dire quello che credi. Puoi continuare a mostrare sia l’amore cristiano che la fedeltà alla Verità, non importa quale decisione prendano.
8. Pressioni sulla Chiesa
“… oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all’interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali.” CDF Lettera, n. 8
Uno dei più difficili compiti della Chiesa è quello di dire la verità con amore e fronteggiare le idee ed i comportamenti auto-distruttivi di ogni società e spesso quelle società fanno opposizione. Il nostro “vero amore” cristiano insiste sul fatto che Dio ha in mente per noi più di quanto l’attività omosessuale potrà mai offrire. La nostra antica tradizione giudaico-cristiana sta subendo un forte attacco soprattutto in America. Ogni giovane cattolico si può aspettare di sentire queste pressioni -alcune anche da dissidenti all’interno della Chiesa, alcune da parte di insegnanti o consulenti, altrimenti rispettati. Se affermi apertamente la dottrina della Chiesa e chiedi ad un tuo amico di mettere in discussione il percorso “gay-positivo”, è molto probabile che tu venga etichettato come “omofobo”. Ci vuole coraggio per dire una verità impopolare, ma è un atto di vero amore. Riafferma il tuo amore al tuo amico e non cedere.
9. Persone generose e che fanno dono di se stesse
“L’attività omosessuale … contraddice la vocazione a un’esistenza vissuta in quella forma di auto-donazione che, secondo il Vangelo, è l’essenza stessa della vita cristiana. Ciò non significa che le persone omosessuali non siano spesso generose e non facciano dono di se stesse, ma quando si impegnano in un’attività omosessuale esse rafforzano al loro interno una inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall’autocompiacimento.” CDF Lettera, n. 7
Che cosa succede se i tuoi amici attivamente omosessuali sono comunque brave persone? La loro attività sessuale tuttavia contraddice la bontà e, per amicizia e amore di onestà, devi dire loro con chiarezza, almeno una volta, ciò in cui credi e perché. Detto questo puoi ancora riconoscere le altre buone qualità che vedi nei tuoi amici, come fa la Chiesa. Puoi tranquillamente essere presente per il tuo amico e dire come stanno le cose. Questa lealtà a volte è stata l’ancora di salvezza per persone che in fondo non volevano la vita e l’identità omosessuale, ma erano state convinte di non avere scelta in materia, perché non avevo mai sentito nessuno dire qualcosa di diverso.
10. Sempre e totalmente soggetto a coazione?
“Deve essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa.” CDF Lettera, n. 11
“Non riesco a smettere” è il grido del dipendente e significa che una persona sente che qualcosa d’estraneo ha preso possesso della sua libertà. Ma non tutte le forme di omosessualità sono compulsive, soprattutto all’inizio. Alcuni sperimentano il sesso omosessuale solo per vedere se gli piace. Tuttavia il sesso per puro piacere, spesso, porta alla dipendenza sessuale: tanto quello eterosessuale che omosessuale. La dottrina cattolica ci ricorda che il nostro libero arbitrio è un dono di Dio e tutto ciò che ci controlla è contrario agli scopi di Dio. Alcune persone che una volta erano attivamente omosessuali testimoniano che non gli ci volle poi molto per diventare profondamente dipendenti dal sesso gay o lesbico. Superare la dipendenza è stata una lotta molto difficile ma non impossibile.
11. Evitare l’attività omosessuale
“… lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l’attività omosessuale.” CDF Lettera, n. 11
Molte persone incontrano difficoltà nel tentativo di abbandonare una vita omosessuale terribilmente rischiosa. Quattro fattori sono necessari per il successo: la profonda convinzione che solo una vita casta è bene, un forte supporto da parte di altri, impegno personale totale e la fiducia in Dio. Molte persone riescono a ristabilire l’autocontrollo sessuale, ma sono felici? L’opinione popolare dice: “No!” immaginando un tormento senza fine per la repressione del desiderio. Chi ha superato il problema dice che non è così. Riferisce invece di una grande felicità e gratitudine verso Dio per essere stato finalmente liberato dal potere umiliante della lussuria. Il risultato è una maggiore fiducia in se stessi e la pace interiore.
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