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domenica 25 agosto 2013
San Costanzo, prega per noi!
PS. il santino di San Costanzo M. non è in parrocchia, ma è stampato dall'autore del BLOG. Chiedibile via mail, mandando indirizzo postale.
DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE (ANNO C)
Il Battista è certamente il testimone più eloquente del Signore: nella nascita, nella vita e nella morte.
Nella I lettura ci viene delineato il volto del testimone con un esempio dell’A.T.: lo scriba Eleàzaro.
"Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell’aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e a ingoiare carne suina. Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s’incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per attaccamento alla vita".
Egli scopre che la vita non basta viverla – aveva già novant’anni – ma doveva viverla bene e con dignità e fedeltà fino alla fine dei suoi giorni.
È "conveniente" morire per un attaccamento ai valori che danno dignità al vivere.
Però la testimonianza non è solo fedeltà ai valori che danno dignità al vivere, ma anche per essere segno di vita per le nuove generazioni:
«Poiché – egli diceva – non è affatto degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant’anni Eleàzaro sia passato alle usanze straniere, a loro volta, per colpa della mia finzione, per appena un po’ più di vita si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia. Infatti, anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire, né da vivo né da morto, alle mani dell’Onnipotente. Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani un nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e nobilmente per le sante e venerande leggi».
Questi due passaggi ci strattonano, non poco!
La mia vita cristiana è così irreprensibile? È vera testimonianza per le giovani generazioni?
Credo che questa domenica dobbiamo farci un profondo esame di coscienza.
Non diciamo solo che i giovani, o i ragazzi, non frequentano più la comunità cristiana, quasi fosse solo una loro colpa, di certo anche noi adulti abbiamo una colpa a riguardo: quale?
Forse che non testimoniamo più una vita cristiana come necessaria, essenziale, esistenziale: come abbiamo pregato con il Salmo, Nella tua legge, Signore, è tutta la mia gioia.
La legge di Dio è la misura della mia vita al punto che osservandola nutro la mia gioia di vivere e di morire per restargli fedele?
La II lettura poi ci dà una nuova sferzata. Come già abbiamo compreso dalla testimonianza dello scriba Eleàzaro, la vita è finisce con la conta dei nostri compleanni ma "Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli".
Avevamo già scoperto questa dimensione dell’oltre … nella solennità dell’Assunta.
Dice l’Apostolo Paolo: "Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi".
Il testimone è colui che vive una vita gradita a Dio, una vita che ha il profumo di Cristo. Se crediamo in questo, costruiamo un quotidiano che è riflesso di questa nostra fede. Non abbassato tutto sul materiale, ma innalzato, proteso verso "cieli".
Infine.
"Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli".
XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
"In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?»". (Cfr Lc 13,22-30).
Gesù si rifiuta di rispondere alla domanda riguardo al numero di coloro che si salveranno: la questione della salvezza non si pone infatti in termini generali, non si pone innanzitutto per gli altri, ma si pone "per me".
Infatti la Chiesa quando pone i processi canonizzazione, osserva se quel singolo discepolo di Gesù ha fatto sua la salvezza annunciata dal Vangelo.
Quindi.
Dipende dalla mia accettazione o dal mio rifiuto della salvezza che Gesù mi offre.
Il Signore sa aspettare. Afferma il Beato Giuseppe Puglisi sacerdote e martire:
«Nessun uomo è lontano dal Signore. Il Signore ama la libertà, non impone il suo amore. Non forza il cuore di nessuno di noi. Ogni cuore ha i suoi tempi, che neppure noi riusciamo a comprendere. Lui bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto si aprirà».
Questo però ci può far pensare di vivere accomodanti.
Vivere la fede come una decorazione – diceva Papa Francesco – come la panna sopra una torta.
La fede pretende una determinazione. Pretende delle scelte chiare; la fede non ci vuole accodanti o conservanti … e visto che questo è il periodo, come la salsa di pomodoro nei barattoli sotto vuoto - dopo la bollitura - da aprire in inverno per mangiare la pasta al sugo, tanto per non mangiarla sempre al burro!
La fede ci vuole inquieti! Che non vuol dire affannati.
Inquieti fino a che l’amore, la giustizia e la pace di Cristo sia per tutti!
Non è quindi sufficiente aver mangiato alla Mensa del Signore; aver bevuto al suo "bicchiere"; aver ascoltato la sua parola nelle piazze, sulla radio, dal pulpito, sul giornale … perché Egli vuole che trasformiamo questa vicinanza, questa pratica, in giustizia!
La giustizia? Cos’è?
Da qui iniziò il Regno di Dio: nella giustizia divina si riconosce e si opera il bene.
Ecco che bisogna essere cristiani inquieti finché ciò non si sia realizzato!
"I cristiani quieti – afferma Papa Francesco – sono come l’acqua stagna", ed essa è imbevibile, perché non dona vita!
Pensate ai tanti africani che vivono il dramma dell’acqua ogni giorno!
"Sforzatevi di entrare per al porta stretta … ".
Stretta, non perché la salvezza è per pochi, ma perché chiede un piccolo sforzo: dicevamo prima citando il Beato Puglisi, Quando il cuore è pronto si aprirà.
La fede ci chiede di vivere con gioia la sequela.
Seguire un capo fila in un sentiero richiede degli sforzi: stare al suo passo, guardare dove pone i piedi … tutti gesti che comportano una certa relativa fatica, ma alla fine c’è la gioia della meta.
La fede chiede questa gioiosa fatica.
Per cui come ci ha ricordato al II lettura:
"camminate diritti con i vostri piedi"
La nostra fatica è tener il passo, perché se ancora siamo zoppicanti, non abbiamo paura, perché su questa strada – seguendo il Buon Pastore – guariremo, e con noi – lo vorrà - il mondo intero.
"Verranno da oriente e da occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio". Amen.