La figura di Carlo Borromeo, subito all’indomani della sua morte, venne in qualche modo idealizzata: per l’opera che aveva fatto e per la vita che aveva condotto egli divenne il vescovo ideale, il modello, il paradigma di pastore in cura d’anime. Per il popolo di Milano egli era già considerato santo, tanto è vero che il suo sepolcro in Duomo divenne subito meta di pellegrinaggi e molti erano i fedeli che dicevano di aver ricevuto grazie e miracoli per sua intercessione. Inoltre cominciarono subito a circolare anche le prime biografie su di lui, con lo scopo di divulgare la sua opera di pastore e le sue virtù di cristiano esemplare. Il 26 febbraio 1601 iniziò formalmente il processo di canonizzazione, voluto e promosso dagli oblati, la congregazione di preti voluta dal Borromeo come efficace strumento per la sua opera di riforma della Chiesa milanese. Processo che si concluse in tempi relativamente brevi, il 1° novembre 1610, quando a Roma papa Paolo V proclamò ufficialmente santo il vescovo Carlo Borromeo. Nella bolla di canonizzazione il papa lo definì sinteticamente «forma gregis, forma cleri», cioè modello e norma vivente per il popolo cristiano e per il clero.