lunedì 29 ottobre 2012

Rito "rombrosiano"





Esiste?
Diciamo che sono gli assurdi dell'essere di rito romano nella Diocesi Ambrosiana.

Domenica prossima le parrocchie di rito romano nella Diocesi di Milano celebrano la solennità di San Carlo Borromeo, compatrono dell'Arcidiocesi, mentre le altre comunità di rito romano in Italia (nel mondo, tranne Vigevano, che celebra San Carlo) celebrano la XXXI domenica del T.O. e la Chiesa Ambrosiana la  II domenica dopo la Dedicazione.

La Diocesi di Milano di rito ambrosiano ha spostato la solennità di San Carlo al 5 novembre ... invece per i romani-ambrosiani vista la norma che la solennità baipassa la domenica la celebrano il 4 novembre.

Conclusione: togliamo il rito romano nel pochissime parrocchie della Diocesi di Milano e uniformiamo la Diocesi al rito ambrosiano.



BEATA CANDIDA DA MILAZZO (LA FINE)





In sintesi. Dopo che il Rettore fu interpellato nel 2005, e successivamente ancora sia il Rettore che l’Arcivescovo di Messina Lipari S. Lucia del Mela- Archimandrita del SS. Salvatore, sono stati avvisati e documentati dei fatti il 1 agosto 2011 – data di pubblicazione di su cartantica.it della verità sulle reliquie di Santa Candida…

Tra il 2005 e l’agosto 2011 vengo contatto - per caso in alcune circostanze, in altre a causa della lettera che avevano letto - da alcuni milazzesi (in alcuni casi anche con degli insulti su FB quando raccontavo a loro la mia scoperta circa le s. reliquie!): recupero alcuni documenti, tra cui l’autentica e il santino “in blu” che dava sicurezza alla mia certezza.

Nell’agosto 2011 esce l’articolo su cartantica.it poi ripreso da oggimilazzo.it. in data il 15 Maggio 2012: ci fu un lungo scambio di post in cui si cercò di chiarire la verità dei fatti, ma invano. Però … in data 26 ottobre 2012 ho ottenuto il cento per cento di ragione: la mia certezza è la verità che va accolta!

Avevo così scritto all’Arcivescovo e al Rettore:
“È evidente un grossolano errore che non giova alla fede dei semplici, non giova all’intelligenza della fede, non giova al vero culto dei santi e non giova all’intelligenza della Chiesa. … Se è vero che la verità ci fa liberi, ho posto a lei questo problema, perché solo lei può trovare una soluzione”.

Beh, la soluzione è arrivata, anche se è stato un parto cesareo: ora si devo rimarginare le ferite, per una Verità che non è stata partorita in modo naturale, perché è difficile ricomprendere ciò che si aveva imparato in altro modo!

FINE!

domenica 28 ottobre 2012

BEATA CANDIDA DA MILAZZO ... (VIII)





Santa Candida martire romana,
venerata a Milazzo,
prega per noi!


sabato 27 ottobre 2012

Beato Damiano, domenicano






Martirologio Romano, 26 ottobre: “A Reggio Emilia, beato Damiano Furcheri, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, insigne araldo del Vangelo”.

Un pensiero ...






“Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo”. (Lc 12)


«Tuo avversario è la parola di Dio, finché tu vivi in contrasto con essa. Quando invece comincerai a provare gusto nell’eseguire ciò che Essa ti ordina, allora sei d’accordo con essa e da avversaria, ti diventa amica, per cui al termine del viaggio non ci sarà alcuno che ti consegni in mano al giudice»

(Sant’Agostino d'Ippona)

venerdì 26 ottobre 2012

BEATA CANDIDA DA MILAZZO ... (VII)





Beh... dopo tutti i giudizi negativi sulla mia tesi, dopo tutte le mie spiegazioni non accolte e il resto .. oggi alla conferenza hanno detto quello che diceva l'articolo e i miei post a commento!

Hanno lucidato anche la targhetta con il nome della Santa Martire e hanno rifatto i santini... a pensare che dal 2005 che avevo scritto a Minimi a riguardo!

Viva la verità... ed abbasso gli ignoranti e i presuntuosi!

Quindi ora Milazzo ha ufficialmente:

BEATA CANDIDA VERGINE

“Il Merlo vola alto!”

Il Venerabile Giovanni Merlini sacerdote




Giovanni Merlini nacque a Spoleto il 28 agosto 1795 da un pasticciere di lontane origini messinesi e da una casalinga umbra piissima, che in ossequio ai desideri del marito conduceva una vita ritirata, tutta casa e chiesa. Il piccolo Giovanni è un bambino “puro di cuore”, dedito all’apostolato fin da fanciullo. Per questo stimato dai genitori dei suoi coetanei e dagli insegnanti.

Il ragazzo si trovò a scontrarsi con le fasi del passaggio epocale tra due secoli “l’un contro l’altro armato” per dirla con Alessandro Manzoni nell’ode a Napoleone. A differenza dell’autocrate francese, non si assise arbitro tra quei due secoli, perché nessuno può arrogarsi un tale presuntuoso diritto, ricercò piuttosto la volontà di Dio. Era solito dire: “La volontà di Dio mi basta”. Dio fa conoscere la propria volontà a chi la cerca.

Capì che doveva essere sacerdote e lo divenne, anche superando alcune resistenze del padre, che vedeva in lui l’uomo ideale per continuare il casato, l’azienda familiare e non solo. I sogni dei genitori sono sempre grandiosi sul futuro dei loro figli.

Non c’è un punto d’arrivo nella ricerca della volontà di Dio: è una continua esplorazione e un infinito lavorio per attuarla. Aderito a una scelta, ecco un’altra proposta, coerente con quella di prima, perché Dio cesella l’argilla docile. Divenuto sacerdote comprese che era l’inizio di un cammino nuovo per diventare sempre più sacerdote, sempre più immagine di Cristo. Nei propri discernimenti, doveva essere una guida sicura per i giovani del ginnasio, perché il vescovo glieli aveva affidati. Era quella la vigna che intendeva coltivare con cura meticolosa e il suo pensiero non andava molto oltre il recinto di quell’appezzamento del Regno di Dio.




Divenuto sacerdote nel 1818, sentì parlare del grande missionario S. Gaspare Del Bufalo e volle incontrarlo a S. Felice di Giano Umbro, dove aveva saputo che il celebre missionario romano avrebbe dato un corso di esercizi al clero della diocesi. Il colloquio con il santo romano fu decisivo per don Giovanni. Si unì alla sua Congregazione e ne divenne la fiaccola più ardente.
Giano, e precisamente l’abbazia di San Felice, era il luogo dove da cinque anni funzionava una Casa di Missione, la cui apertura aveva segnato l’inizio della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Ci andò con un compagno sacerdote. Fu per tutti e due l’incontro della vita.

Don Gaspare, da quando era stato reso Missionario del Preziosissimo Sangue dal defunto Mons. Francesco Albertini, sentiva che la redenzione doveva essere portata a tutti e aveva formulato un principo: “Il bene generale della Chiesa deve avere la precedenza su quello particolare”. Assistere gli studenti del ginnasio era importante, ma a Spoleto vi erano molti sacerdoti, anche buoni, in ozio. Bisognava risvegliare il clero, ma non solo a Spoleto, ovunque. Occorrevano missionari che spaziassero con la loro azione e in un certo senso rifacessero piovere sul popolo l’aspersione di quel Sangue. Non a caso i seguaci di Gaspare Del Bufalo erano detti dal popolo “Missionari del Sangue Sparso”.

Durante il corso di esercizi a San Felice i progetti dei due sacerdoti di Spoleto subirono il terremoto spirituale. In tempi diversi si resero entrambi Missionari. Don Giovanni Merlini, in particolare, ebbe un ruolo fondamentale nell’assetto della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, giacché don Gaspare, in continua peregrinazione, gli passava le questioni più spinose.




Contattato da Maria De Mattias a Vallecorsa nella quaresima del 1824, due anni dopo la missione predicata da Gaspare Del Bufalo, prese a dirigerla con amorevole meticolosità, così come si calò in tutte le problematiche del neonato istituto delle Adoratrici del Sangue di Cristo fino alla morte di lei.

Don Gaspare additava don Giovanni come un modello di santità e diceva: “Il Merlo vola alto!”. Un ornitologo non sarebbe stato d’accordo. Il merlo vola basso. Ma nel campo della santità, più si vola basso (nel senso del servizio) più si sale in alto nell’amore verso Dio e il prossimo. Quando morì, a Roma, il 1 (o 12) gennaio 1873, Pio IX disse in concistoro: “Avranno saputo della morte di don Giovanni Merlini. Era un gran santo e per noi una grande perdita”.

Il suo sacro corpo riposa nella Chiesa di Santa Maria in Trivio a Roma.

È stato dichiarato Venerabile il 10 maggio 1973 (la causa era stato introdotta nel 1927).

Nel 2013 ricorre il quarantesimo del decreto di venerabilità e il 140 anniversario della pia morte.

giovedì 25 ottobre 2012

Santuario e Museo per Don Gnocchi





Santuario del Beato Carlo Gnocchi
(via Capecelatro 66, Milano)


Sabato 27 ottobre, è in programma l’inaugurazione del Museo dedicato alla memoria del Beato: alle 10.30 ritrovo in Santuario. Dalla settimana seguente saranno possibili visite guidate a piccoli gruppi.


25 ottobre
BEATO CARLO GNOCCHI, sacerdote

Nacque a S. Colombano al Lambro (MI) il 25 ottobre 1902 dal padre Enrico marmista e da Clementina Pasta sarta. A 2 anni divenne orfano di padre e la famiglia si trasferì prima a Milano e poi a Besana di Brianza; studiò nel seminario milanese e venne ordinato sacerdote il 6 giugno 1925; le sue prime esperienze d’apostolato le fece nelle parrocchie di Cernusco sul Naviglio e in quella di S. Pietro in Sala a Milano. Il 22 settembre 1936, fu nominato direttore spirituale dell’Istituto Gonzaga di cui era stato cappellano, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane e inoltre insegnante di religione all’Istituto Commerciale Schiapparelli di Milano. Il 10 giugno 1940, l’Italia entrò in guerra e don Carlo Gnocchi si arruolò volontariamente come cappellano militare del Battaglione degli Alpini ‘Val Tagliamento’, che partecipò alla campagna di Grecia. Di ritorno dalla Grecia, volle pure partecipare da ‘sacerdote’ alla campagna di Russia, come cappellano degli Alpini della Divisione Tridentina; la disastrosa ritirata del gennaio 1943, che vide la morte di numerosi soldati, lo colpì profondamente, provocandogli una forte crisi spirituale sulla bontà di Dio, crisi che superò con la sua immensa fede e facendogli intuire il significato e il valore della sofferenza degli innocenti. Maturò il lui il desiderio di provvedere all’assistenza degli orfani dei suoi alpini, dei mutilatini di guerra, vittime dei bombardamenti e degli ordigni bellici scoppiati fra le loro mani e dei disabili di ogni genere. Decorato con medaglia d’argento al valor militare, negli anni 1944-45 partecipò alla Resistenza subendo anche il carcere per alcuni giorni e liberato per l’intervento del cardinale Schuster. Nel 1945 lasciò l’incarico di direttore spirituale all’Istituto Gonzaga, prendendo quello di assistente ecclesiastico degli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, restandoci tre anni, intanto nel 1947 aveva fondato l’Istituzione Pro infantia mutilata riconosciuta con D.P.R. del 26 marzo 1949. Nel 1953 l’istituzione cambiò denominazione in Fondazione Pro Juventute.
Fu scrittore fecondo di spiritualità, educazione, pedagogia. Muore santamente a Milano il 28 febbraio 1956. Il 25 ottobre 2009 è stato beatificato in piazza Duomo a Milano.

Martirologio Romano, 28 febbraio: (non c’è il testo)

SAN GAUDENZIO di BRESCIA, vescovo




San Gaudenzio visse tra i secoli IV-V, e ottavo vescovo di Brescia, la città in cui era nato. Il Martirologio Romano lo ricorda il 25 ottobre e dice di lui: “ordinato da sant’Ambrogio, rifulse tra i presuli del suo tempo per dottrina e virtù, istruì il suo popolo con la parola e con gli scritti e fondò una basilica che chiamò Concilio dei Santi”. Si sa qualcosa sulla sua vita dai suoi dieci Sermoni, inviati ad un meritevole concittadino che perché malato, non poteva recarsi ad ascoltarlo. Gaudenzio, per la suo umiltà, pensava di svolgere il suo ministero unicamente attraverso la predicazione. I suoi discorsi vennero copiati e diffusi perché richiesti dai fedeli. Quando fu eletto vescovo, a furor di popolo e con l'approvazione di Sant'Ambrogio, era in pellegrinaggio in Terra Santa. Fece parte anche della missione di vescovi (obbligati poi a tornare indietro) che il Papa ha inviò in aiuto di Giovanni Crisostomo. Gaudenzio, molto colto ma insicuro, godeva fama di grande santità e per questo ebbe la stima di grandi personalità religiose e civili del suo tempo.

Martirologio Romano, 25 ottobre: A Brescia, san Gaudenzio, vescovo, che, ordinato da sant’Ambrogio, rifulse tra i presuli del suo tempo per dottrina e virtù, istruì il suo popolo con la parola e con gli scritti e fondò una basilica che chiamò Concilio dei Santi.

Appunti ... la Parola di Dio e il Beato Carlo Gnocchi






Giovedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)


“Io piego le ginocchia davanti al Padre”

Questo versetto dell’Apostolo Paolo, mi riporta alla mente il dramma interiore del beato Carlo Gnocchi dal suo ritorno dal fronte russo.

Un dramma che prostro il sacerdote milanese di fronte alla miseria del mondo e della guerra: un miseria che era fonte di infelici e di infelicità! Un dramma che gridava: perché tanto dolore? Qual’è il senso del dolore e del male e della sofferenza innocente?
Come Cristo nel vangelo: “come sono angosciato finché non sia compiuto!”

Il santo sacerdote superò questo dramma nel fondarsi e nel radicarsi nella Carità di Cristo, che tutto spiega e tutto copre.

Fu la carità, come un fuoco, che spinse il santo sacerdote a superare il dramma esistenziale, il dramma del male e del dolore, per costruire un nuovo mondo, una nuova società dove l’amore di Cristo fosse il fuoco ardente che rigenera tutto.

Partecipò alla storia italiana di quel periodo, a tal punto da ricevere la medaglia d’argento al valor militare, e negli anni 1944-45 partecipò alla Resistenza subendo anche il carcere per alcuni giorni e liberato per l’intervento del Beato Cardinale Schuster.

Educatore esemplare, “Buon Samaritano”, il beato Carlo Gnocchi è un altro esempio di santità della nostra gloriosa diocesi.

Si donò come Cristo fino all’ultimo vivendo la perfezione della carità, che è vivo segno di santità.

A lui dobbiamo la profonda riflessione sul senso del dolore e della sofferenza innocente.

“Nelle parole di don Gnocchi si percepisce l’eco di certe sue letture legate al personalismo francese, in modo particolare al filosofo francese Emmanuel Mounier (1905-1950) la cui figlia Francesca era stata colpita da un’encefalite acuta che l’aveva gettata in una notte tenebrosa dalla quale non era più emersa. Scriveva, allora, il filosofo: «Che senso avrebbe tutto questo se la nostra bambina fosse soltanto una carne malata, un po’ di vita dolorante, e non invece una bianca piccola ostia che ci supera tutti, un’immensità di mistero e d’amore che ci abbaglierebbe se lo vedessimo a faccia a faccia? Non dobbiamo pensare al dolore come a qualcosa che ci viene strappato, ma come a qualcosa che noi doniamo, per non demeritare del piccolo Cristo che si trova in mezzo a noi».
E continuava: «Ho avuto la sensazione, avvicinandomi al suo piccolo letto senza voce, di avvicinarmi a un altare, a qualche luogo sacro dove Dio parlava attraverso un segno. Avevamo augurato a Francesca di morire. Non è sentimentalismo borghese? Che significa per lei essere disgraziata? Chi sa se non ci è domandato di custodire e adorare un’ostia in mezzo a noi. Mia piccola Francesca, tu sei per me l’immagine della fede»”. (G. Ravasi)

Il dono di don Carlo arriva fino al famoso episodio del trapianto delle cornee: volle che alla sua morte, avvenuta il 28 febbraio 1956, le sue cornee venissero espiantate per donarle a due ragazzi ciechi.

Il suo corpo ora riposa nel Santuario a Lui dedicato a Milano, dove il 27 ottobre p.v. sarà anche inaugurato un museo.

Concludo con un pensiero del Beato Gnocchi:
“Nella misteriosa economia del Cristianesimo, il dolore degli innocenti è permesso perché siano manifeste le opere di Dio e quelle degli uomini: l’amoroso e inesausto travaglio della scienza; le opere multiformi dell’umana solidarietà; i prodigi della carità soprannaturale”.

Costantino 313 d. C.





Dal 25 ottobre 2012 al 17 marzo 2013, Palazzo Reale di Milano ospita la mostra Costantino 313 d.C., progettata e ideata dal Museo Diocesano di Milano e curata da Gemma Sena Chiesa e Paolo Biscottini.


Orario
lunedì: 14.30 – 19.30,
martedì, mercoledì, venerdì, domenica: 9.30 – 19.30; giovedì, sabato: 9.30 – 22.30.

INGRESSO
intero euro 9,00
ridotto euro 7,50
ridotto speciale euro 4,50

INFOLINE E PRENOTAZIONI
tel. 02 54917 / www.ticket.it/costantino

mercoledì 24 ottobre 2012

Oh, quanto sono ingrato!





“La Divina Provvidenza vegliava su di me in modo particolare, come si vede dal fatto che sto per narrare. Mia Madre allattò sempre da sé i suoi figlioli; solo nel caso mio non le fu possibile, per mancanza di salute. Mi affidò ad una balia del paese, dove io rimanevo giorno e notte.
Il padrone della casa fece uno scavo troppo profondo, per ricavare una cantina più spaziosa. Una notte, che io ero assente, la casa sprofondò, seppellendo sotto le rovine la balia e i suoi quattro figli. Se quella notte io mi fossi trovato in quella casa, sarei morto insieme agli altri. Sia benedetta la Provvidenza di Dio!
E quante grazie non debbo a Maria Santissima, che mi preservò dalla morte quando ero bambino, e, in seguito, da tanti altri pericoli! Oh, quanto sono ingrato!”
(Autobiografia, 7)

Martirologio Romano, 24 ottobre: Sant’Antonio Maria Claret, vescovo: ordinato sacerdote, per molti anni percorse la regione della Catalogna in Spagna predicando al popolo; istituì la Società dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Maria Vergine e, divenuto vescovo di Santiago nell’isola di Cuba, si adoperò con grande merito per la salvezza delle anime. Tornato in Spagna, sostenne ancora molte fatiche per la Chiesa, morendo infine esule tra i monaci cistercensi di Fontfroide vicino a Narbonne nella Francia meridionale.

BEATA CANDIDA DA MILAZZO ... (VI)





Si terrà venerdì 26 ottobre, alle ore 18.30, presso il Santuario di San Francesco di Paola di Milazzo, una conferenza di studio sulla tradizione agiografica inerente le reliquie del simulacro di Santa Candida, custodito presso l’omonimo Santuario.
Organizzato dalla Comunità dei Frati Minimi di Milazzo, l’incontro tratterà il tema “Beata o Santa Candida? Due figure, un’unica immagine”.

FONTE: www.24live.it

Ok la domanda, ma la risposta che è nel titolo mi lascia perplesso. Due in una? Ma.... sentiremo!

martedì 23 ottobre 2012

San Giovanni da Capestrano, sacerdote





Giovanni, nato a Capestrano, L’Aquila, nel 1386, convertito all’ideale francescano dopo travagliate vicende nell’ambito forense e politico, iniziò quell’incessante ministero della predicazione che lo portò dalla Terra Santa, ai Paesi Bassi, alle regioni germaniche e slave, così da essere chiamato l’apostolo dell’Europa. Spirito intransigente, organizzò i Minori Osservanti, fu consigliere di papi e svolse la sua opera per la diffusione della fede e per il rinnovamento dei costumi anche in Italia. Animò la resistenza della città di Belgrado assediata dai Turchi. Concluse la sua testimonianza di missionario itinerante a Tarvisio, Villach, Austria, il 23 ottobre 1456.

Martirologio Romano, 23 ottobre: San Giovanni da Capestrano, sacerdote dell’Ordine dei Minori, che difese l’osservanza della regola e svolse il suo ministero per quasi tutta l’Europa a sostegno della fede e della morale cattolica. Con il fervore delle sue esortazioni e delle sue preghiere incoraggiò il popolo dei fedeli e si impegnò nella difesa della libertà dei cristiani. Morì presso Ujlak sulla riva del Danubio nel regno di Ungheria.




Oggi è un anno dalla canonizzazione di Luigi Guanella, 23 ottobre 2011, al cui memoria liturgica ricorre il 24 ottobre.

lunedì 22 ottobre 2012

Beato Giovanni Paolo II, papa




Memoria liturgica facoltativa per la Diocesi di Milano: unica in tutta la regione ecclesiale lombarda.


Carlo Giuseppe Wojtyła nacque nel 1920 a Wadowice in Polonia. Ordinato sacerdote e compiuti gli studi di teologia a Roma, al ritorno in patria ricoprì vari incarichi pastorali e universitari. Nominato Vescovo ausiliare di Cracovia, di cui nel 1964 divenne Arcivescovo, prese parte al Concilio Ecumenico Vaticano II. Divenuto papa il 16 ottobre 1978 con il nome di Giovanni Paolo II, si contraddistinse per la straordinaria sollecitudine apostolica, in particolare per le famiglie, i giovani e i malati, che lo spinse a compiere innumerevoli visite pastorali in tutto il mondo; i frutti più significativi lasciati in eredità alla Chiesa, tra molti altri, sono il suo ricchissimo Magistero e la promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica e dei Codici di Diritto Canonico per la Chiesa latina e le Chiese Orientali. Morì piamente a Roma il 2 aprile 2005, alla vigilia della II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia.

È stato beatificato da papa Benedetto XVI il 1° Maggio 2011.

Forse nel 2013 sarà canonizzato.

domenica 21 ottobre 2012

Dedicazione della Chiesa Cattedrale (anno B)




Santa Caterina Tekakwitha
vergine pellerossa


Scrive il servo di Dio Paolo VI, papa:
«La cattedrale della Diocesi si distingue specialmente per la sua dignità di contenere la cattedra del Vescovo, che è fulcro di unità, di ordine, di potestà e di autentico magistero in unione con Pietro. La cattedrale poi è anche possente simbolo della Chiesa visibile di Cristo, che in questa terra prega, canta e adora; di quel corpo mistico, in cui le membra diventano compagine di carità, alimentata dalla linfa della grazia»

Nella terza domenica di ottobre si celebra tradizionalmente la festa della Dedicazione della Chiesa Cattedrale, il Duomo di Milano, Chiesa Madre di tutti i fedeli della diocesi milanese. In questa ricorrenza ritroviamo l'invito a meditare il mistero della Chiesa stessa e dei suoi Pastori. La Cattedrale, infatti, è la sede del Vescovo.
Fu San Carlo Borromeo a fissarne la festa; egli, infatti, lo volle consacrare di nuovo il 20 ottobre 1577, III domenica del mese, perché in quella data ricorreva l'anniversario della consacrazione dell'antica cattedrale milanese.

Domanda: Qual è la differenza tra la chiesa universale e la chiesa locale?

Per comprendere la differenza tra la chiesa locale ed universale, bisogna prima definire che cosa intendiamo. La chiesa locale è un gruppo di credenti in Gesù Cristo che si incontra regolarmente in una località geografica. Abbiamo sopra affermato usando le parole di Paolo VI:
“Chiesa visibile di Cristo, che in questa terra prega, canta e adora; di quel corpo mistico, in cui le membra diventano compagine di carità, alimentata dalla linfa della grazia”.

La chiesa universale è fatta da tutti i credenti in Gesù Cristo in tutto il mondo.

La parola chiesa deriva da due termini. Il primo indica “l’assemblea” salvata e santificata per opera stessa di Dio. Essa è quindi la “città forte, la nazione giusta, fondata sulla giustizia”, come abbiamo letto nella I lettura.

La seconda parola significa letteralmente “appartenenti al Signore”. Questo seconda definizione ci fa ritornare alle parole di Gesù nel Vangelo: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola”.

Una chiesa locale – o Diocesi di cui la Cattedrale è la Chiesa Madre – è l’assemblea locale di tutti coloro che professano la fede in Cristo e la fedeltà a Lui.

Afferma il Decreto sulla pastorale dei vescovi, del 28 ottobre 1965, Christus Dominus:
"La diocesi è una porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali del vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore, e da questi radunata nello Spirito Santo per mezzo del Vangelo e della eucaristia, costituisca una Chiesa particolare nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica".

Oggi celebriamo la storia di un popolo, di un territorio che ha accolto l’annuncio cristiano, scegliendo di avere - afferma al II lettura - come “fondamento .. Gesù Cristo”. Per essere “collaboratori di Dio, campo di Dio, edificio di Dio”.

Quindi non celebriamo l’anniversario di edificazione di un edificio, ma sua consacrazione a Dio che è data un popolo di collaboratori, un campo fecondo e un edificio santo che ha testimoniato in questa porzione del mondo la presenza di Cristo guidata dal successore degli Apostoli nella persona del Vescovo.

Di questo popolo, la Chiesa, siamo parte: godiamo della sua-nostra gloria, patiamo per i suoi-nostri peccati. Noi siamo la Chiesa, non c’è una Chiesa e poi ci siamo noi i credenti. Ecco perché la concretezza della festa odierna: la Cattedrale.

Siamo così richiamati a far memoria di questo dono, di questa storia, ma siamo anche esortati ad essere noi il tempio di Dio, in cui lo Spirito abita – dice San Paolo nella II lettura.

“Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi”.
Un popolo, un tempio chiamato a rivelare il Volto di Colui che è il suo fondamento: Gesù Cristo.
Questa è la missione della Chiesa, del popolo di Dio: annunciare a tutti gli uomini la salvezza in Cristo.

È in quest’ottica che oggi si celebra anche la Giornata Missionaria Mondiale; ma anche la santità universale del popolo di Dio testimoniata delle sette canonizzazioni che il Santo Padre compie in piazza San Pietro. Tra costoro un sacerdote italiano, Giovanni Battista Piamarta; una grandiosa missionaria tra i lebbrosi, Marianna Cope da Molokai; e la prima santa pellerossa: Caterina Tekakwitha.

Infine: In Atti 8, 3, leggiamo: “Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere”.
Siamo nel contesto delle persecuzioni della prima comunità cristiana. Saulo è l’artefice di quest’opera. In questo versetto però di capisce che la Chiesa è tale anche nelle case.

Celebrare la Dedicazione del Chiesa Cattedrale significa, non solo celebrare la storia di un popolo in un territorio, non solo celebrare la missione del popolo di Dio, annunciare la salvezza di Cristo fino agli estremi confini della terra, ma anche che nel matrimonio, Dio, ha costituito l’uomo e la donna “chiesa domestica”.
Difatti afferma la Lumen Gentium:
“i coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cfr. Ef 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale; accettando ed educando la prole essi hanno così, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio (cfr. 1 Cor 7,7). Da questa missione, infatti, procede la famiglia, nella quale nascono i nuovi cittadini della società umana, i quali per la grazia dello Spirito Santo diventano col battesimo figli di Dio e perpetuano attraverso i secoli il suo popolo. In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede e secondare la vocazione propria di ognuno, quella sacra in modo speciale.
Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e d'una tale grandezza, tutti i fedeli d'ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità, la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste”.

“Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi”.

sabato 20 ottobre 2012

Il santo missionario dei briganti

di Giulio Andreotti




(... ) Il santo nasce nel 1786 in Roma (e senza fare del campanilismo non dispiace il sottolinearlo) in un momento storico particolarmente movimentato, con la Santa Sede alle prese con le conseguenze tumultuose della sanguinosa Rivoluzione francese. Giovanetto, frequenta la Chiesa del Gesù attigua alla sua abitazione di Palazzo Altieri. Lo attrae in modo particolare il santo missionario Francesco Saverio e si sente per un momento portato verso la Compagnia. Ma non era questo il disegno della Provvidenza. La sua vocazione era per il sacerdozio secolare, ma non davvero in una visione statica.
Nel vocabolario dialettale romano – ormai in disuso – vi era un’espressione per indicare una persona dalla vita calma e privilegiata: “Sta come un canonico (alcune volte si diceva anche: “Sta come un papa”).

Nel primo decennio dell’Ottocento correvano tempi di certo non agevoli né per il Papa né per i canonici. Così il novello canonico di San Marco, don Gaspare, si trova dinanzi al bivio drammatico della imposizione al clero del giuramento di fedeltà all’imperatore contro le direttive papali. Alcuni si piegavano ma il canonico del Bufalo no. È lapidaria la sua risposta, pur sapendo che questo voleva dire l’esilio: «Non debbo, non posso, non voglio». Di qui il suo allontanamento coatto da Roma con una prima destinazione a Imola, poi a Bologna, indi per sette mesi nel carcere di San Giovanni a Monte e più tardi a Lugo. Lo raggiunge, nel primo anno di allontanamento, la notizia della morte della madre. Soffre ma non deflette e afferma una sua superiorità. In una sua lettera dice: «Scrivo queste poche righe per non incomodare chi presiede alla revisione». Il cerchio si stringe ulteriormente. Chi non giura non può restare nello Stato del papa. Così don Gaspare, via Firenze, raggiunge altri esiliati in Corsica.
Ha modo in questi lunghi anni di conoscere meglio i confratelli nel sacerdozio e di impostare un modello di aggiornamento del clero che si concretizzerà, al ritorno a Roma, nella creazione della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Rinuncia al canonicato e si dedica con profondità a quest’opera di rinnovamento sacerdotale e di apostolato popolare. I nuclei di sacerdoti e di collaboratori si irradieranno prodigiosamente. Il primo verrà collocato nel piccolo comune umbro di Giano nel 1815.
Crocefisso in mano, i missionari del Preziosissimo Sangue faranno nei singoli centri giornate di meditazione, di dialoghi, di confessioni. Segue, quattro anni più tardi, la casa di Pieve Torina, presso Camerino. Nel 1821 è la volta di Albano, che sarà un punto cardine per la Congregazione. Di qui si irradiano in Romagna, ma specialmente nella difficile area ciociara allora denominata di Marittima e Campagna, infestata dai briganti.

Più di un secolo dopo, lavorando in modo capillare per il mio compito politico in tutti i comuni del basso Lazio, ho trovato in molte tradizioni locali tracce di questi risvegli organizzati di vita religiosa: da Terracina a Sonnino, da Sermoneta a quella Vallecorsa legata alla santa De Mattias. Anche nella cittadina dei miei genitori, Segni, mi mostrarono documenti di archivio con proteste perché i gonfalonieri avevano tagliato il piccolo tributo necessario per organizzare una nuova missione. Qui il discorso dovrebbe andare al disagio della coesistenza tra poteri religiosi e poteri di rappresentanti per così dire terreni dei papi. Ci sarebbe voluto molto tempo e molta acqua doveva scorrere sotto i ponti del Tevere prima di poter sentire (come sentimmo dal cardinale Montini) che il potere temporale era un peso da cui finalmente la Chiesa venne liberata.Per il momento la diarchia dei vescovi e dei legati pontifici continuava non senza incomprensioni e disagi.
Non mancarono critiche e anche calunnie (ma quale fondatore non ha avuto questo tipo di sofferenze?).

I maldicenti trovano purtroppo credito anche là dove non dovrebbero. Così in uno scambio di lettere tra personaggi di Curia si registra l’accusa ai sacerdoti della Congregazione di non osservare l’astinenza del venerdì, peggio, di aver contatto con i briganti. Fu facile a don Gaspare smentire il primo addebito e spiegare che senza contattarli sarebbe stato difficile adempiere al mandato di far tornare questi malfattori sulla strada giusta.
Circa i briganti stessi, in una lettera del novembre 1823 il santo scrive: «Tre grazie poi io le richiedo con la presente. La prima d’interporre i suoi buoni offici presso Nostro Signore per la remissione dei pochi briganti rimasti, mentre si accerti, e ne sia lode a Dio, che dallo stabilimento delle case di missione la Provincia presenta una notabile mutazione». In un foglio del 1824, dice: «Sul brigantaggio, posto che non si è creduto dare un qualche benigno ordine nel principio del pontificato presente: 1. Si riassuma il sistema del ricovero nelle chiese ed asilo ecclesiastico, dicendo, per esempio: questo giova anche per chi ramingo si trovasse, e così per indirectum s’influirebbe a minorare o togliere gli stessi briganti; 2. Si mettano le selve, dette sacre, parimenti di asilo. L’ottimo altrimenti è contrario al bene; 3. Non si dia per massima ascolto ai memoriali ciechi. Taccio altre cose, perché a me basta predicare e confessare».
D’altra parte forse proprio il rigore di vita delle case della Congregazione creava comparazione disagevole per un certo modo comodo che dominava in giro.
Ma proprio a Frosinone si svolse un difficile e lungo episodio di incomprensione, con intreccio d’interessi di proprietari immobiliari e l’esclusivismo di una comunità claustrale.
Il richiamo al rigore che i missionari facevano e il successo nell’indurre a bruciare libri cattivi, a consegnare armi proibite, a far pubbliche penitenze disturbava le abitudini di ordinaria amministrazione di certo clero che in alcuni centri era molto più numeroso del necessario e talvolta pigro e senza iniziative.

La Regina del Preziosissimo Sangue, l’immagine che san Gaspare portava nelle missioni
La Regina del Preziosissimo Sangue, l’immagine che san Gaspare portava nelle missioni
Leggo alcuni passi negli atti del processo canonico: «Fu per il Servo di Dio cosa sempre dolorosa il vilipendio del clero, però non poteva dissimulare i bisogni grandi della Chiesa. Più volte deplorava lo stato misero in cui ci troviamo e parlava della necessità di una riforma, che doveva avere principio dal sacro. “Preghiamo” diceva, “e preghiamo assai per la riforma dei tempi”».
Con grande umiltà, ma con non minore fermezza scriveva: «Sarebbe un atto assai pio fare conoscere a Sua Santità che tolga ogni idea di commissione speciale... né ciò lede la stima di chi che sia... Così anche far rilevare che non è giusto che gli ecclesiastici siano sindacati dai ministri di polizia... Tali ingerenze toccano ai vescovi». Il 20 di giugno 1825 scrive così: «Un’anima grande... mi fa dire dal suo direttore che dicasi al Santo Padre che se non si principia la riforma e principiando dal sacro, noi siam vicini a nuovi flagelli. Io ho in pronto alcuni fogli intitolati: Claustrali, Clero, Nobili... Oltre le altre memorie rimesse in altre occasioni».
E più avanti: «Il Romano Pontefice dirami un’enciclica ai vescovi acciò riassumano il nervo dell’ecclesiastica disciplina ed insistano sulle leggi sinodali da modificarsi se occorra. In questa enciclica si parli del rimedio necessario alle oscenità di pittura, rami ed altro di simile oggetto. Inoltre, si raccomandi loro la vigilanza sul vestiario delle donne e sui punti insomma i più interessanti della riforma».
«Altra enciclica rendesi necessaria a tutti i principi facendo ad essi amorosamente conoscere come, decaduta la pietà, l’educazione, la dipendenza dalla Chiesa, a repentaglio sono stati i loro troni».
«In punto prelati, oimè! che vedesi oggidì, parlando in genere. Accomunarsi a conversazioni di brio, a danze, a veglie... e come ciò? E come conciliabile con la riserva ecclesiastica e con l’adempimento dei sacri canoni? E con che cuore potransi ritogliere nei secolari tante cose, causa di effeminatezza e cose simili, se portano ad esempio il prelato, il costituito in dignità, e talvolta finanche si è stampato nei fogli pubblici il dettaglio di certi divertimenti e nominati in essi i soggetti intervenuti con vilipendio vero della dignità a cui non sono proporzionati? Le Delegazioni, in specie, sono queste da affidarsi alle persone le più mature».
«Il clero, oimè! qual bisogno è in esso e di scienza e di santità! E quanto interessa reggere le nostre Case di Missioni e Spirituali Esercizi a scuotere dall’inerzia, ad accreditare gli ecclesiastici presso i popoli, a distaccarli dall’amore dei parenti, dalla roba e dalla oziosità. Tolti i parroci ed i canonici, gli altri del clero nei convitti, tanto celebri nei primi tempi della Chiesa, e dai quali ogni bene si dirama alle rispettive diocesi; ed oh quanti operai si invierebbero anche alle missioni estere di Propaganda! Ma a questo gran bene, che è la pupilla degli occhi di Dio, conviene unire il convitto dei giovani che, sortiti dai seminari, han bisogno formarsi alle parrocchie, ai ministeri, alla coltura della vigna di Gesù Cristo».

La scuola di economia domestica presso la missione di Manyoni in Tanzania
La scuola di economia domestica presso la missione di Manyoni in Tanzania
«La riforma non presenta tuttora i suoi veri principi. Orabimus igitur coram Domino, a quo omne bonum... Tutte le carte che io scrissi in varie epoche, le avrà sicuramente date al Santo Padre. Io temo di qualche gran castigo, perché fin qui le basi della riforma non si vedono. Oremus ergo provoluti coram Domino... Sa perché ho detto che la riforma non è principiata? Perché questa deve principiare dal sacro... Si fa, ma non con quella imponenza di principi, di encicliche... Diciamo il di più nelle Piaghe del Signore. I nostri peccati ritardano le grazie, i lumi, le misericordie».


Leggo un altro passo sempre negli atti del processo canonico: «Dico che tutto il quadro delle cose, mentre a tanti sembra in regola, in punto sacro non può essere più lacrimevole. A me non compete fare altro che pregare, tacere e patire. Per esempio, l’episcopio di Pontecorvo è a uso di affari politici ed il Vescovo non ha ove andare. E si sta nello Stato Pontificio. Quanti altri luoghi pii ridotti a tale metodo di unire e regolari e militari. Si è dato mai un assesto a punti di tale relazione, tacendo di altri? E Dio non è pago di noi».
Certamente è impossibile interpretare con fedeltà questi richiami e questi commenti accorati se non li si inquadra nelle tormentate vicende del papato in quegli anni, fatte di prevaricazioni civili, di umiliazioni, di tentativi di conciliazione spesso disattesi, di impossibilità perfino di una ordinaria amministrazione della Chiesa e dello Stato.
Lungo la relativamente breve vita di san Gaspare (1786-1837) si susseguirono ben cinque papi: Pio VI, Pio VII, Leone XII, Pio VIII e Gregorio XVI; la storia di tutti e cinque fu quasi sempre drammatica e spesso avvilente.

Santa messa presso la parrocchia di Chibumagwa in Tanzania
Santa messa presso la parrocchia di Chibumagwa in Tanzania
Le lamentele perché con le loro missioni don Gaspare e i suoi sacerdoti disturbavano i superiori arrecavano al santo amarezza, ma non lo distoglievano da una precisa vocazione riformatrice. Del resto l’arcivescovo di Camerino, che era andato a visitare il papa Leone XII infermo, alla presenza anche di altri vescovi raccolse questo suo giudizio: «Il canonico del Bufalo è un angelo, un santo e un dotto». (...)


FONTE: 30Giorni
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La memoria liturgica è il 21 ottobre.

Vedi anche pagina in spagnolo


venerdì 19 ottobre 2012

I fratelli Danei





Venerabile Giovanni Battista di San Michele Arcangelo, al secolo Giovanni Battista Danei (Ovada, 4 aprile 1695; † Ritiro di Sant'Angelo in Vetralla (VT), 30 agosto 1765), sacerdote, fratello di San Paolo della Croce.




Martirologio Romano, 19 ottobre: San Paolo della Croce, sacerdote, che fin dalla giovinezza rifulse per spirito di penitenza e zelo e, mosso da singolare carità verso Cristo crocifisso contemplato nel volto dei poveri e dei malati, istituì la Congregazione dei Chierici regolari della Croce e della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Il suo anniversario di morte, avvenuta a Roma, ricorre il giorno precedente a questo.

giovedì 18 ottobre 2012

Giovanni Paolo I, beato nel 2013?




Ieri, 17 ottobre, il cardinale Angelo Amato ha ricevuto il primo dei quattro documenti che contribuiranno a preparare la Positio sulle virtù eroiche del Servo di Dio Giovanni Paolo I

È stato consegnato ieri, 17 ottobre, alla Congregazione delle Cause dei Santi, nelle mani del suo Prefetto, il Cardinale Angelo Amato, il Summarium testium, ossia il primo dei quattro documenti che contribuiranno a preparare la Positio sulle virtù eroiche del Servo di Dio Giovanni Paolo I.

Il Cardinale Amato ha spiegato che la documentazione consegnata oggi dovrà essere «accompagnata e completata da altri dossier che ancora mancano. Tra questi la Informatio super virtutibus, che – ha spiegato – è la parte più significativa della documentazione, perché riguarda la prova dell’eroicità delle virtù teologali (fede, speranza e carità) e delle virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) con le altre virtù annesse, come umiltà, povertà, obbedienza, castità… Questa parte – ha ribadito il porporato – è la parte più rilevante, perché offre la chiave di lettura dell’intero dossier: è la disquisitio sulla santità del Servo di Dio».

Sui tempi della conclusione del processo, il Cardinale Amato ha specificato che si tratta di un processo lungo e complesso. «È vero – ha chiarito –, si tratta di una procedura canonica raffinata, perché la beatificazione e la canonizzazione di una persona richiedono un accertamento serio delle virtù cristiane. Non si va per sentito dire, ma per oggettiva documentazione».
Su quando avverrà la beatificazione, Amato ha risposto: «Il tempo che va fino alla beatificazione, è un tempo benedetto. Non è un tempo vuoto, ma pieno: deve essere riempito dalla conoscenza del Servo di Dio, dall’ammirazione delle sue virtù, dalla contemplazione della vita e soprattutto dall’imitazione della sua santità. Inoltre – ha aggiunto – è un tempo di supplica e di preghiera al Servo di Dio, per ottenere l’intercessione con grazie e con miracoli. Si tratta – ha concluso – di un tempo benedetto, che aiuterà tutti noi a pensare alla nostra personale santificazione».

Amato ha infine ringraziato il postulatore della causa, il vescovo Enrico dal Covolo per il suo «contagioso entusiasmo», che – ha auspicato – «porterà a buon termine e al più presto possibile» quella che ha definito una vera e propria «impresa gigantesca». Anche dal Covolo ha ringraziato Amato e la Congregazione da lui presieduta per la sollecitudine con cui egli guarda alla causa e per lo slancio pastorale profuso.

«Le cause – ha sottolineato il Rettore della Pontificia Università Lateranense – non sono momenti burocratici, ma occasioni vive di promozione della santità». È ha ricordato la concomitanza provvidenziale di questo giorno di consegna (il 17 ottobre ricorre anche il centenario della nascita di Albino Luciani) con il Sinodo dei vescovi in corso di svolgimento.

«Sono convinto – ha detto il presule – che Giovanni Paolo I possa essere un modello di Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede, proprio per la sua straordinaria capacità di comunicazione con i fedeli. Per questo sono contento che la sua figura sia stata presentata oggi all’assemblea sinodale». Infine il vescovo ha condiviso il perché della beatitudine o santificazione di Giovanni Paolo I: «Perché – ha spiegato – egli è un modello di buon pastore che dà la vita per il suo gregge».

FONTE: ZENIT.org

«Solo Luca è con me»





Luca viene onorato da Paolo come «collaboratore» (Fm 24) e «caro medico» (Col 4,14). Siro di origine, secondo Eusebio e Girolamo, di origine pagana, accompagna l'Apostolo nei suoi viaggi missionari e soprattutto durante l'arresto e la prima prigionia romana. Da Origene in poi, gli scrittori ecclesiastici — fra i quali san Girolamo — e gli studiosi di epoca più recente pensano che sia da identificare con il «fratello» di cui parla Paolo in 2 Cor 8,18, il quale «ha lode in tutte le Chiese a motivo del vangelo» e che è stato «designato dalle Chiese come nostro compagno». In qualsiasi caso questo ruolo fu da lui svolto perseverando nella travagliata vita apostolica di Paolo. In 2 Tm 4,11 si legge quella viva esclamazione dell'Apostolo, che si sente abbandonato da tutti: «solo Luca è con me».

testo: FONTE 
Immagine da Chiesa Cattolica